Pubblichiamo una parte delle conclusioni dello studio scritto dagli economisti Giovanni Ferri e Zeno Rotondi, intitolato “Misure del rischio di credito nel finanziamento delle imprese e incidenza dei prestiti in default: un’analisi comparata per le banche europee”
Nel lavoro si è cercato riscontro all’ipotesi che le banche italiane soffrano uno svantaggio competitivo di sistema nel concedere credito alle imprese. Assemblando i dati resi disponibili da Bce ed Eba e integrandoli con informazioni reperite su Bankscope e altre fonti si sono effettuate due stime cross section su circa 100 banche europee per il 2013. In particolare, la prima stima ha analizzato le determinanti dell’esposizione al rischio di credito sui prestiti vivi alle imprese, mentre la seconda ha investigato le determinanti dell’incidenza dei prestiti in default sul totale dei prestiti alle imprese.
LO SVANTAGGIO DELLE BANCHE ITALIANE
I risultati danno chiara conferma all’ipotesi. Nello specifico, lo svantaggio delle banche italiane sul rischio di credito alle imprese dipende dal combinato disposto di quattro fattori principali. Primo, le banche dei Paesi core dell’Eurozona godono di uno sconto sistematico nel capitale richiesto a fronte di prestiti alle imprese, che per converso costituisce uno svantaggio per le banche degli altri Paesi. Secondo, si registra uno sconto sistematico per le banche che usano intensamente modelli Irb, modelli relativamente poco usati dalle banche italiane. Terzo, si evidenzia uno sconto per le banche dei Paesi che adottano un modello di supervisione “settoriale”, mentre nei Paesi che, come l’Italia, ne adottano uno “ibrido” è notevole l’aggravio sull’esposizione al rischio di credito nei confronti di Pmi corporate e large corporate. Quarto, l’ammontare di capitale richiesto a fronte di un euro prestato a 20 un’impresa aumenta nei Paesi che, come l’Italia, hanno minore efficienza nelle procedure di insolvenza.
I TRE FATTORI
Sulle determinanti dell’incidenza dei prestiti in default sul totale dei prestiti alle imprese emergono tre fattori principali. L’incidenza dei default è sistematicamente minore per le banche dei Paesi: i) core dell’Eurozona; ii) con una più alta dinamica cumulata del Pil 2007- 2013; iii) con maggiore efficienza delle procedure di insolvenza. I tre fattori contribuiscono a spiegare la peggiore posizione relativa delle banche italiane in termini di sofferenze.
LE AUSPICABILI SOLUZIONI DI SISTEMA
Qui e oggi per l’Italia questi risultati impongono di considerare soluzioni di sistema che rimuovano lo svantaggio competitivo delle banche italiane, al fine di sventare il rischio che la ripresa del ciclo degli investimenti sia soffocata da uno strisciante credit crunch strutturale. Aiuterebbero, naturalmente, anche miglioramenti nell’efficienza delle procedure di insolvenza, che dipendono primariamente dai recuperi nell’efficienza della giustizia. Tuttavia, ci sentiamo di proporre che la via maestra è il varo di un piano su ampia scala di garanzie pubbliche a supporto del credito alle imprese.
IL CASO TEDESCO
Abbiamo argomentato che questo intervento pubblico non genererebbe verosimilmente costi per l’erario e sarebbe compatibile con gli equilibri di finanza pubblica. Come realizzarlo tecnicamente va lasciato al Governo e al Parlamento. Ma un ultimo suggerimento è necessario. Come si è visto, lo svantaggio competitivo nei prestiti alle imprese per le banche italiane non è solo nel segmento delle Pmi retail ma c’è anche in quello delle Pmi corporate ed è massimo nei confronti delle large corporate. È oggi necessario consentire anche alle imprese medie di accedere alle garanzie pubbliche. Ispirandosi alla soluzione che vale in Germania, le soglie di accesso alla garanzia pubblica vanno elevate da 50 a 500 milioni di euro e va rimosso il vincolo che la garanzia è riservata a imprese con meno di 250 addetti.