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Fiere, tutte le tensioni tra l’asse lombardo-veneto e l’Emilia-Romagna

Sul fronte fieristico si va profilando un braccio di ferro sempre più intenso tra il nuovo asse spuntato a Nord-Est e il sistema regionale emiliano-romagnolo. Da una parte c’è Milano che, ancora col vento in poppa del successo di Expo, vuole accentrare sempre di più le grandi manifestazioni internazionali nei suoi padiglioni di Rho per diventare l’unico vero punto di riferimento fieristico del Paese, capace di competere con i colossi europei. E’ questa infatti la strategia portata avanti dall’ad di Fiera Milano, Corrado Peraboni, e qualche risultato positivo già si vede, se è vero che – notizia di pochi giorni fa – è stato stretto un accordo sull’ortofrutta con l’altro grande player italiano delle fiere, quel Veronafiere a cui i milanesi da tempo immemore sognano di soffiare il Vinitaly. Dall’altra parte c’è invece l’Emilia-Romagna, che con le sue fiere disseminate lungo la via Emilia, da Parma a Rimini passando per Bologna, è alle prese col tanto ambizioso quanto complesso progetto di unificazione regionale delle società fieristiche, il tutto con la regia del governatore renziano Stefano Bonaccini. E che si vuole tenere ben stretta le sue rassegne, a costo di correre il rischio di venire tagliata fuori dal nuovo asse Milano-Verona.

IL CASO ORTOFRUTTA

Il pomo della discordia che ha portato alle novità di questi giorni ha riguardato l’ortofrutta, un settore nel quale fino a pochi giorni fa l’Italia poteva contare su ben tre fiere: Macfrut a Rimini organizzato da CesenaFiera, Fruit Innovation a Milano e il debuttante Fruit&Veg System a Verona. Troppe manifestazioni troppo simili tra loro: anche il maggior difensore dei campanili italici sarebbe disposto ad ammetterlo. Così Fiera Milano ha dapprima gettato l’amo in Romagna, ne è nata l’ipotesi di collaborazione tra Tuttofood e Macfrut per portare la rassegna riminese una volta ogni due anni sotto la Madonnina. Ma non si è andati oltre perché s’è messa di mezzo la politica, con il sindaco pd di Cesena Paolo Lucchi (il Comune controlla la società organizzatrice di Macfrut) che, come riportato nei giorni scorsi da ItaliaOggi, ha legato la permanenza della manifestazione in Romagna fino alla scadenza del suo mandato, nel 2019. A quel punto Milano e Verona, entrambe con in mano due start-up fieristiche sull’ortofrutta ancora alle prime armi e con poco appeal, hanno deciso di fare massa critica. E’ nato così l’accordo, annunciato ieri, che prevede una nuova e unica fiera (Fruit&Veg Innovation, fusione di Fruit&Veg System e di Fruit Innovation) che si terrà negli anni dispari a Milano in concomitanza con Tuttofood e negli anni pari a Verona (si comincia nel maggio 2017). Una mossa studiata a tavolino per mettere in difficoltà Macfrut, un colpo inferto dall’asse del Nord-Est al sistema emiliano-romagnolo.

LA POSIZIONE DEL GOVERNO

Di questa accelerazione verso un’aggregazione del sistema fieristico nell’agroalimentare (e non solo) ne sarà ben contento il governo. Il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina (un milanese doc, è bene ricordarlo) non ha mai fatto mistero della sua preferenza verso una razionalizzazione delle fiere, progetto questo sostenuto anche dall’ex viceministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda, presto nuovo titolare del dicastero che era retto da Federica Guidi che nel novembre scorso in occasione dell’assemblea dell’Alleanza delle cooperative nel settore agroalimentare aveva addirittura minacciato di tagliare i fondi governativi se rassegne di eccellenza com Vinitaly, Cibus e Tuttofood non avessero iniziato a lavorare insieme.

LE TENSIONI POLITICHE

Se il governo a guida renziana spinge in questa direzione, i primi player a seguire la linea dell’esecutivo targato pd sono però quelli del Nord-Est dove notoriamente chi tira le fila del potere politico e amministrativo non è certo la sinistra. L’accentramento su Milano non può che essere ben visto dal governatore leghista lombardo Roberto Maroni, e – per quanto riguarda l’agroalimentare – dal suo assessore regionale Gianni Fava, un maroniano doc che ha mandato su tutte le furie i colleghi veneti quando ha dato ragione al fotografo Oliviero Toscani sulla necessità di spostare Vinitaly a Milano per questioni logistiche e infrastrutturali. Il collega leghista veneto Luca Zaia non può certo accondiscendere a un passo indietro di Veronafiere, stesso dicasi per l’ex leghista e sindaco di Verona Flavio Tosi; però qualcosa nella direzione di una maggiore sinergia si doveva fare, così si è scelta la strada di sacrificare una start-up fieristica sull’ortofrutta e di acconsentire a portare un po’ di Vinitaly al Tuttofood del 2017, quando lo staff di Veronafiere e di Vinitaly Academy International curerà uno spazio denominato Wine Discovery. In un modo o nell’altro, quindi, l’ad di Milano Fiera Peraboni è riuscito a portare nei suoi padiglioni qualcosa del Vinitaly, pur riconoscendo che la centralità della manifestazione rimane a Verona.

Chi invece ancora non ne vuole sapere di partecipare a queste collaborazioni è il sistema fieristico emiliano-romagnolo, perlopiù appannaggio del Pd regionale. Il governatore Bonaccini ha le sue grane nel dover convincere i territori a creare la società unica delle fiere, in più ha il problema di un quartiere fieristico come quello di Bologna dove le fibrillazioni non mancano (se n’è appena andato il presidente ed ex assessore regionale erraniano Duccio Campagnoli) e dove si rischiano di perdere manifestazioni di livello internazionale come Eima sulle macchine agricole, a causa dei mancati investimenti. Non bastasse, c’è il Pd romagnolo all’interno del quale nessuno si vuole prendere la responsabilità di perdere Macfrut cedendolo (anche se in forme calmierate) a Milano. Ecco quindi che il risiko delle fieresi è in qualche modo trasformato anche in una partita politica. Se non altro lungo la via Emilia.

IL DIBATTITO SU CIBUS PARMA

Chiude il cerchio il dibattito scaturito su Cibus di Parma, il salone internazionale del food che si inaugura la prossima settimana, organizzato da Fiere di Parma insieme a Federalimentare. E’ stato il Corriere della Sera, con un articolo di Dario Di Vico, ad aprire le danze della discussione ponendo il tema della necessità di fare una fiera unica con Milano dove c’è Tuttofood. Peraboni ha colto la palla al balzo sposando questa tesi e scrivendo sul quotidiano di via Solferino della necessità di una grande fiera milanese in grado di competere con le rassegne europee; il presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia, ha invece risposto picche, prima difendendo sempre sul Corriere lanciando dalle pagine di ItaliaOggi l’idea di un oordinamento unico delle fiere del settore e la possibilità di collaborazioni ad anni alterni. Senza però dimenticare di difendere la qualità e l’opportunità delle manifestazioni di identità del Made in Italy che non possono scimmiottare le grandi rassegne europee.



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