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Perché senza adeguate infrastrutture l’e-commerce italiano non è competitivo

Da un recente studio di Netcomm (consorzio di oltre 200 imprese dell’e-commerce italiano) è emersa una significativa crescita delle vendite online in Italia. Dal 2011 l’e-commerce delle PMI italiane ha raddoppiato il suo fatturato e si prevede che nel 2016 raggiunga oltre 19 miliardi di euro. Inoltre, i consumatori online attivi sono raddoppiati in cinque anni e nel 55% delle famiglie italiane vi è almeno un acquirente online. Alle buone notizie si aggiunge anche una diffusione degli acquisti online non solo nelle aree metropolitane ma un po’ ovunque nel Paese, e non solo tra i giovani ma anche tra gli over 50.

Un bel quadro se non lo si confronta con i risultati internazionali. Ed è qui che sorgono le prime preoccupazioni che devono far riflettere. Nell’e-commerce europeo, che con i suoi 510 miliardi rappresenta l’8% delle vendite totali, quello italiano è sottorappresentato. Le vendite online sono il 5% del totale retail, ma rappresentano solo il 3% delle vendite di prodotti. Secondo il Digital economy and society index (Desi) della Commissione Europea, l’Italia, risulta essere al 25esimo posto nella classifica dei 28 Stati membri dell’Ue.

Il gap da colmare è dovuto in parte ad una mancanza di infrastrutture che caratterizza le PMI italiane. Il ritardo della banda larga in Italia ha reso i dispositivi mobili strumenti centrali nell’acquisto online e nella ricerca di informazioni. Dei 19 milioni di utilizzatori di smartphone connessi in rete, il 72% ha cercato in negozio un prodotto già visto online, e il 45% ha cercato informazioni online mentre erano in un punto vendita.

Questa maturità nell’utilizzo dei dispositivi mobili contrasta con la lenta digitalizzazione delle imprese. In Italia sono state censite appena 40mila imprese che vendono online, contro le 800mila a livello europeo di cui 200mila solo in Francia. Gli effetti di questo ritardo si ripercuotono sulle aziende italiane non solo facendogli perdere quote di mercato sugli acquirenti italiani, ma anche fatturati da clienti esteri.

Ci si chiede allora in che modo si può colmare il gap nella trasformazione digitale con il resto d’Europa.

Sicuramente investimenti nelle infrastrutture, in primis della banda larga e ultra larga, accompagnati da uno sviluppo della cultura digitale presso le aziende e un’armonizzazione della regolamentazione in materia di e-commerce rispetto agli altri paesi europei, potrebbero rappresentare passi importanti per recuperare il ritardo.


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