Un nonno (ha un nipote) rigorosamente coniugato e, a quanto pare fedele, con una donna (a sua volta nonna) di religione cattolica, padre di due figli. Si chiama Philippe Zeller, ha 63 anni ed è la capitolazione di François Hollande innanzi a Papa Francesco: perché è lui il nuovo ambasciatore francese in Vaticano, nominato dal capo dell’Eliseo nei giorni scorsi.
Termina così lo scontro silente tra Roma e Parigi sul diplomatico che avrebbe dovuto rappresentare la Francia Oltretevere. In origine si era scelto Laurent Stefanini, peraltro già noto alla diplomazia vaticana, ma omosessuale. La regola non scritta della diplomazia del Papa richiede la nomina di candidati moralmente irreprensibili e, per mesi, Stefanini non ha ricevuto l’accredito in Vaticano. Mentre Hollande teneva duro, convinto del fatto che la laicité francese non sarebbe stata umiliata sulla base dei precedenti storici (Charles De Gaulle impose a Pio XII la nomina a Parigi di un allora sconosciutissimo Nunzio in Turchia, tale Angelo Giuseppe Roncalli, che poi divenne Giovanni XXIII), il Papa argentino teneva più duro di lui. Al punto di convocare, nell’aprile 2015, il povero Stefanini per un colloquio a quattrocchi nel quale ci sarebbe stato un chiarimento. Fino alla decisione dell’Eliseo: Stefanini promosso e rimosso all’Unesco, Zeller in arrivo dopo aver prestato fino al 2015 servizio in Canada.
Zeller è il classico diplomatico transalpino con un curriculum prestigioso ed incarichi assolti con discrezione in Marocco, Ungheria, Indonesia, Timor Est. Ha ricevuto la Legion d’Onore nel 2010. Chi lo conosce dice che sia un uomo rigoroso, scrupoloso, concentrato su quello che fa e soprattutto capace di discrezione ed efficienza. Ha insomma il passo sufficientemente felpato per muoversi nei Sacri palazzi e dovrebbe piacere ai monsignori, ma è anche indicato come molto tenace (fonte: La Croix) nel condurre le trattative. Tifa Olympique Lione ed è stato un discreto giocatore di calcio, fatto che lo avvicina a Francesco, noto tifoso del San Lorenzo di Buenos Aires (la sua squadra del cuore). È così meticoloso da curare con altrettanta puntualità il suo aspetto e i suoi vestiti. Sua moglie Odile è una professoressa di tedesco delle scuole superiori. Il nuovo ambasciatore francese in Vaticano è altresì vicino alla Chiesa, che ha frequentato – ama dire – «sul campo».
Stavolta non ci saranno problemi per l’accredito del nuovo diplomatico bleu. E Roma ci tiene a precisare, dietro le quinte, che i veti posti sui candidati non rappresentano giudizi morali sui singoli, ma soltanto un modo per impedire che si faccia pressione sulla Chiesa perché modifichi i suoi insegnamenti o per altri fini politici. Com’era quel: “Chi sono io per giudicare”?
(Articolo pubblicato sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi)