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L’Italia, l’Eni e l’Africa. Parla Claudio Descalzi

Di Claudio Descalzi

L’Africa riveste un ruolo centrale nella storia e nelle strategie dell’Eni: metà della produzione di idrocarburi proviene dal continente africano ed è lì che sarà destinata la metà del programma di investimento nei prossimi quattro anni, oltre 20 miliardi di euro.

Il continente africano è in rapida crescita e trasformazione ma ha grandi sfide ancora da affrontare: un potenziale di sviluppo enorme che fa fatica a tradursi in creazione di posti di lavoro – a fronte di una popolazione giovane in rapida espansione – e in un miglioramento diffuso della qualità della vita.

Dal 1960 sono stati trasferiti ai paesi africani sotto forma di “Fondi di sviluppo e aiuto” da parte del resto del mondo circa 934 miliardi di dollari (dati World Bank), di cui 433 negli ultimi 10 anni (2005-2014), cui dobbiamo aggiungere gli investimenti del settore privato e no-profit.

Nonostante questi sforzi l’Africa è tutt’oggi un continente che deve completare il suo sviluppo, senza accesso all’energia, fortemente dipendente dall’esportazione di materie prime e con aree di grande instabilità sociale.

Infatti, le economie dei Paesi africani sono ancora troppo basate sulle esportazioni di materie prime e semilavorati che contano per circa l’80 per cento, rispetto al 60 per cento in Brasile, il 40 per cento in India e il 14 per cento in Cina (Fonte OECD).

Il consumo energetico pro-capite in Africa è tra i più bassi al mondo, un terzo di quello cinese e un quinto di quello europeo e nell’Africa Subsahariana circa 600 milioni di persone vivono senza accesso all’energia elettrica.

E’ stato creato un grande paradosso.

L’energia è il presupposto indispensabile per consentire questo sviluppo, eppure nonostante la notevole dotazione di risorse, in Africa il consumo di energia pro-capite è tra i più bassi al mondo e qui si concentrata la metà delle persone a livello globale senza accesso all’energia elettrica. Ma ancor più critico per molti paesi è anche un energy mix ancora fortemente sbilanciato sulle biomasse tradizionali (circa il 50 per cento dei fabbisogni), non sostenibile in termini di impatto ambientale e soprattutto di conseguenze sulla salute.

In questo quadro, il settore privato ha un ruolo cruciale come motore di sviluppo del continente, bilanciando obiettivi di business e crescita socio economica locale, in ottica di lungo termine. E questa è proprio l’essenza del modello Eni, che ci porta a lavorare in Africa per l’Africa. Questo per Eni si traduce in investimenti importanti nel settore oil&gas – ma sempre di più anche nelle energie rinnovabili – affiancati da ampio portafoglio di iniziative a supporto delle esigenze specifiche delle popolazioni. Formazione, infrastrutture, accesso all’energia e all’acqua, agricoltura, sanità – tutti programmi concordati con le istituzioni locali che hanno come obiettivo la promozione di percorsi di sviluppo autonomo e sostenibile.

Non a caso, Eni è stata la prima compagnia internazionale a mettere in sviluppo gas non solo per l’esportazione, ma anche per produrre energia elettrica per il mercato locale dei paesi nei quali opera, come in Nigeria e Congo. In futuro Eni ha in programma di espandere queste esperienze anche in altri paesi, proponendo alle istituzioni e alle comunità locali sistemi energetici affidabili e sostenibili basati sul binomio tra gas e rinnovabili: un mix energetico in grado di rispondere all’incremento dei consumi e all’esigenza oramai ineludibile di riduzione delle emissioni. Come Eni svilupperemo progetti di generazione di energia da fonti rinnovabili in affiancamento alle nostra attività tradizionali sfruttando le nostre competenze e le sinergie in termini di terreni e infrastrutture esistenti.

Naturalmente il settore privato da solo non può risolvere queste sfide. Le istituzioni africane sono chiamate a mettere in atto policy che rendano possibile lo sviluppo delle grandi risorse energetiche africane a vantaggio dei paesi africani stessi.

Lo sviluppo di fonti energetiche pulite in Africa è una grande opportunità di partnership tra istituzioni e imprese europee e africane, mettendo a fattor comune risorse, competenze, idee, passione.

Bisogna creare un corridoio bidirezionale Sud- Nord e Nord-Sud, che crei una connessione fisica, energetica e di sviluppo tra l’Europa e l’Africa, in grado di portare benefici reciproci. Un corridoio che porti investimenti e sviluppo all’Africa, ed in questo l’Europa deve giocare un ruolo primario.

L’Africa e l’Europa sono complementari in termini energetici. L’Africa per circa il 16 per cento della popolazione mondiale, ma consuma solo il 5 per cento dell’energia globale. Dall’altra parte del Mediterraneo, l’Europa rappresenta circa il 7 per cento della popolazione mondiale, ma consuma circa il 12 per cento dell’energia globale ed è un importatore netto di risorse energetiche.

Una più stretta cooperazione contribuirebbe a garantire un futuro energetico più stabile sia per l’Europa che per l’Africa, permettendo di rispettare anche i limiti sulle emissioni ed aumenterebbe anche l’occupazione, migliorando le condizioni di vita e creando maggiore stabilità sociale con impatti positivi anche sui flussi migratori.

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