Alla fine, anche alle Acli, tra i due litiganti il terzo gode. Roberto Rossini è il nuovo presidente delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani. Un’elezione a dir poco a sorpresa, visto che alla vigilia del congresso che si è svolto nel fine settimana vicino a Livorno non risultava nemmeno tra i candidati alla presidenza. La situazione è andata in stallo quando i due contendenti, il presidente uscente Gianni Bottalico e il responsabile dello sviluppo associativo Emiliano Manfredonia, non sono riusciti a raggiungere il quorum per l’elezione. I riconteggi delle votazioni sabato notte non hanno portato a nulla, e così domenica all’alba è stata trovata la soluzione di compromesso: Rossini. C’è chi dice che i consigli dell’aclista e sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba abbiano avuto il loro peso.
CHI È ROSSINI
Roberto Rossini è nato nel 1964, è sposato e ha due figlie. Vive a Brescia. Laureato in scienze politiche, è docente di diritto e metodologia della ricerca sociale presso l’istituto bresciano Maddalena di Canossa. Dal 1994 è socio Acli. Dal 2000 al 2016 è stato membro della Presidenza Provinciale delle Acli di Brescia, con delega alla Formazione e in seguito alla Comunicazione, ricoprendo il ruolo di Presidente dal 2008 al 2016. Dall’estate 2010 il Consiglio Nazionale Acli gli ha conferito la delega per la Comunicazione e successivamente è stato dal 2013 responsabile dell’Ufficio studi nazionale. Ora la sfida sarà varare un comitato di presidenza che garantisca tutte le anime dell’organizzazione.
ACLI COSTRETTE A RINNOVARSI
Il principale obiettivo di Rossini dovrà essere il rilancio delle Acli. Oltre 800 mila iscritti, attivi soprattutto al Nord, circa 8 mila sedi territoriali. Le linee guida sono dettate dalla Dottrina Sociale della Chiesa. Il “core business” delle Associazioni si è andato a mano a mano erodendo. Nel corso degli anni, e l’ultima staffilata è arrivata col governo Renzi, sono stati tagliati i finanziamenti per i patronati. E le Acli sono sempre state tra le organizzazioni che hanno puntato di più sulle mediazioni pensionistica o fiscale. Il disavanzo, secondo fonti ben informate, non sarebbe trascurabile. Per non parlare poi della formazione, altro settore colpito dalle spending review che le regioni hanno dovuto fare. Tiene ancora invece l’Unione Sportiva, con l’obiettivo di garantire un’attività motoria a prezzi accessibili soprattutto nelle province. Situazione non facile, quindi, considerato che Renzi i corpi sociali tende a saltarli.