Nel giorno in cui fra i Grandi del Mondo, riuniti in Giappone, serpeggia l’inquietudine al pensiero che lui possa diventare presidente degli Stati Uniti, Donald Trump annuncia di avere la certezza della nomination repubblicana, avendo toccato la soglia dei 1.237 delegati, la maggioranza assoluta di quelli disponibili.
In meno di 12 mesi – è sceso in campo a giugno del 2015 – e senza esperienza politica, il magnate dell’immobiliare ha spazzato via 16 rivali e s’è assicurato, nonostante resistenze e opposizioni, l’investitura del partito per la corsa alla Casa Bianca: fra due mesi, la convention di Cleveland non potrà che formalizzarne la designazione.
La showman s’è fatto beffa dell’establishment repubblicano, che ha cercato di ostacolarne la scalata, senza però trovargli un valido antagonista: mai nessun aspirante repubblicano aveva avuto tanti voti nelle primarie: “Sono davvero onorato: dovevamo arrivare a luglio […] ed eccoci qua a guardare Hillary, che non riesce a chiudere una partita che doveva essere facile”, ha detto Trump dichiarando vittoria durante un comizio a Bismarck, in North Dakota.
Hillary Clinton, battistrada per la nomination democratica, non riesce, infatti, a scrollarsi di dosso Bernie Sanders, il suo rivale, e deve battersi per evitare una sconfitta in California il 7 giugno, che sarebbe pesante soprattutto come impatto simbolico.
Trump ha raggiunto e superato la quota dei 1.237 con l’appoggio di decine di delegati “unpledged” – cioè svincolati rispetto ai risultati delle primarie – e ha così scongiurato definitivamente il fantasma d’una convention aperta a Cleveland a fine luglio. Restano 303 delegati repubblicani da assegnare nelle primarie del 7 giugno in 5 Stati.
Sempre da Bismarck, Trump ha risposto al presidente Barack Obama che dal G7 aveva sottolineato la preoccupazione dei Grandi del Mondo per l’eventualità di ritrovarselo alla Casa Bianca. “E’ un bene che i leader del mondo siano preoccupati”, ha detto, osservando: “E’ inusuale che Obama parli di me durante una conferenza stampa. Ma va bene così”. Lo showman giudica “orribile” l’operato dell’attuale inquilino della Casa Bianca che avrebbe consentito a molti Paesi di profittare degli Usa.
Il presidente ha indicato che i “colleghi” del G7 sono “irritati” da alcune scelte annunciate da Trump e dalla sua “ignoranza” su come il mondo funzioni: “Non sanno se prendere sul serio alcune sue dichiarazioni”; e sono “irritati per una buona ragione, perché molte delle sue proposte dimostrano ignoranza delle cose del mondo e un atteggiamento sprezzante, oltre al suo interesse a fare notizia e a finire su twitter”.
Il magante ha poi rivelato che il suo vice presidente “sarà probabilmente” una donna o un esponente delle minoranze – “guarderemo alla competenza” e di essere pronto a dibattere “con Bernie”, se gli danno 10 o 15 milioni di dollari da destinare alla beneficenza. Ma è con Hillary che “voglio correre”, ha affermato, aggiungendo che l’emailgate metterà in evidenza un comportamento “probabilmente illegale” dell’ex segretario di Stato.
Alla gente del North Dakota ha poi promesso di costruire l’oleodotto Keystone XL se sarà eletto – Obama è invece contrario – : “Decisamente lo farei […] riservando una parte dei profitti agli Usa. E’ così che renderemo il nostro Paese di nuovo ricco”.
In precedenza, Trump aveva avuto una conversazione telefonica “molto produttiva” con lo speaker della Camera Paul Ryan, che ha però smentito di nuovo di essere pronto a sostenerlo formalmente con un endorsement per la corsa alla Casa Bianca. Ryan insiste sulla necessità di “una reale unità” del partito: “Voglio un’unificazione reale, questa è la mia principale preoccupazione”.
Lo showman ha intanto incassato l’appoggio di un ex candidato alla nomination repubblicana, l’ex senatore Rick Santorum, convinto dalla lista da lui pubblicata dei possibili sostituti di Antonin Scalia alla Corte Suprema. Dopo aver abbandonato la corsa a febbraio, e aver appoggiato Marco Rubio, Santorum ha ora detto alla Fox che ”la cosa più importante è preservare la Costituzione”, ammonendo che una Corte suprema liberal “la distruggerà”.