Senza avversari, Donald Trump ne vince altri due, West Virginia e Nebraska. Invece, Hillary Clinton ne perde ancora uno, la West Virginia, mentre in Nebraska ottiene una vittoria solo simbolica, perché i delegati dello Stato sono già stati assegnati con le assemblee di marzo.
Contando i delegati, Trump fa il pieno e compie un buon passo verso la maggioranza assoluta necessaria a garantirgli la nomination, mentre il senatore del Vermont Bernie Sanders ne ottiene una manciata più della Clinton: 16 a 11, lui scalfisce solo il vantaggio dell’ex first lady, lei resta quasi lontana com’era dalla meta.
Per Trump, più dei successi elettorali – ormai scontati –, valgono forse le dichiarazioni del capo della maggioranza repubblicana al Senato Mitch McConnell, un senatore del Kentucky: “Abbiamo un vincitore della nomination, che può essere molto competitivo, e vogliamo vincere la Casa Bianca […] Sappiamo che una presidenza Hillary Clinton significherebbe altri quattro anni di Barack Obama e credo che questo basti a unire i repubblicani di tutto il Paese”.
Le parole di McConnell sembrerebbero tacitare le riserve repubblicane sulla nomination di Trump. Secondo l’Ap, però, dubbi e ansie restano “palpabili” fra i legislatori repubblicani, che ieri sono tornati al lavoro a Capitol Hill dopo una settimana di pausa: molti non rispondevano alla domanda se avrebbero sostenuto il candidato del loro partito, di solito una questione ovvia.
La vittoria di Sanders in West Virginia – un terreno a lui favorevole, uno degli Stati più poveri dell’Unione – non incide sui pronostici democratici: la Clinton resta nettamente avanti e il senatore del Vermont non si fa illusioni di conquistare nomination, ma ribadisce: “Mi batterò fino alla fine per ogni voto”, per incidere alla convention sulla piattaforma del partito. Così, l’ex first lady deve continuare a impegnarsi nelle primarie e non può concentrarsi sulla sfida con il magnate dell’immobiliare dell’8 novembre, l’Election Day.
Però, il messaggio di Sanders, in questo senso, è unitario: “Con Hillary, abbiamo molte differenze. Ma su una cosa siamo d’accordo: dobbiamo battere Trump […] Trump non diventerà presidente, perché gli americani sanno che la diversità è la nostra forza”, quella diversità che è anche stata finora la maggiore risorsa elettorale dell’ex first lady.