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Unioni same-sex, la chiesa italiana torni a dire qualcosa di cattolico

Bella prova di democrazia, chapeau. Una legge approvata manu militari ricorrendo non una ma due volte al voto di fiducia (menzione particolare alla quasi totalità dei parlamentari cattolici di governo, il cui attaccamento alla poltrona si è rivelato per l’ennesima volta assai più tenace di quello al magistero della chiesa) senza neanche essere stata discussa in commissione. E, cosa ancor più urticante, in spregio alla sempre evocata società civile. Di cui tutti si riempiono la bocca salvo poi, al dunque, fottersene alla grande se è vero, come è vero, che sul tema delle unioni civili il paese è spaccato in due (un sondaggio sul Corsera del 13 febbraio dava il 52% a favore e il 44% contro, non esattamente una maggioranza bulgara). Poi c’è la chiesa italiana, o meglio una parte di essa (di sicuro non il popolo del Family Day), che – spiace dirlo – non ha certo giganteggiato in tutta questa vicenda. Perchè al di là delle recenti, flebilissime e inutili lamentazioni, arrivate per altro fuori tempo massimo (è al Senato che si giocava la partita vera), è stato chiaro fin da subito che per la chiesa italiana il testo approvato in Senato, epurato della stepchild adoption, era da considerarsi un punto d’arrivo tutto sommato accettabile. E questo – bisogna ripeterlo a conferma della scarsa lungimiranza di certi settori ecclesiali – nonostante una fetta importante del laicato cattolico (e non) presente al Circo Massimo il ddl Cirinnà l’abbia bocciato in toto, senza se e senza ma. Una scelta, quella della chiesa italiana, non solo discutibilissima in sè ma – quel che è peggio – con implicazioni dottrinali potenzialmente gravi. Perchè se tanto mi dà tanto, premesso che 1) due omosessuali che decidono di contrarre una unione civile lo fanno con l’assai probabile intenzione di consumare anche fisicamente la loro relazione, e 2) il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati” e “in nessun caso possono essere approvati”, è azzardato dire che il sostanziale via libera alle unioni same-sex implica che gli atti omosessuali per la chiesa italiana non sono più ritenuti peccato (sempre che si possa ancora usare questo termine)? Forse no. In caso contrario, ben lieti di ascoltare di nuovo qualcosa di cattolico.

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