I risultati sono quasi definitivi. La Gran Bretagna lascia l’Unione Europea. Con il 512% circa dei voti la scelta è stata “to leave”, è Brexit. E questo dato cambia la storia dell’Unione Europea, ma anche della Gran Bretagna stessa, in modo radicale.
Lo scenario che si è appena aperto è del tutto inedito. Non esistono, infatti, in questi ormai settant’anni di storia dell’Unione Europea, casi analoghi. Gli stessi trattati prevedono un ingresso, ma non una procedura di uscita. La logica era che un percorso di questo tipo fosse senza possibilità di fare passi indietro. Lo scopo, dopotutto, è un qualche cosa di mai realizzato: un’Unione Europea non solo economica, ma anche e soprattutto politica. Riprendo le parole di Romano Prodi: siamo una confederazione di egoismi e non una federazione di Stati. Già, manca il passaggio cruciale, quello in cui l’Unione Europea si dice pronta a diventare Stati Uniti d’Europea.
La Gran Bretagna si trova ora su un crinale difficile. Diciamolo chiaramente: gli effetti negativi saranno per lo più a suo carico. L’economia UE non avrà grandi contraccolpi. Mentre in Gran Bretagna si percepiscono già i primi malumori interni: la Scozia e l’Irlanda del Nord intendono restare europee e non vogliono seguire il percorso tracciato dagli inglesi. Ipotizzano nuovi Referendum. Si tratta di un percorso, in caso venga attivato, di disgregazione del Regno Unito. Che avrebbe ancora un “regno” ma non l’unità.
L’Unione Europea, dal canto suo, adesso deve seguire un percorso che preveda l’esclusione della Gran Bretagna dal corpo unitario europeo. Qualche cosa di mostruosamente complesso. Ma, come ha già affermato Juncker, una volta che si è fuori si è fuori. Ossia: nessun tira e molla. Nessun ripensamento. David Cameron, il premier inglese, dovrà ora assumersi tutta la responsabilità di una scelta assurda.
Nelle difficoltà c’è sempre un’opportunità si dice e questa va colta il prima possibile. Con l’uscita della Gran Bretagna si aprono percorsi incerti: i movimenti anti-europa nei vari Paesi si stanno già mobilitando. In Francia, Olanda e Italia. Vorrebbero un Referendum anche loro. Vorrebbero traghettare questi Paesi fuori dall’UE e dunque distruggere l’UE stessa. Qua c’è in gioco molto di più dell’interesse di un partito o di un Paese. C’è l’interesse, la sicurezza e il benessere di un intero continente e delle sue generazioni future. Abbiamo vissuto un periodo straordinario di pace e sviluppo. Questo progetto va rafforzato e non distrutto. Il M5S in Italia, sembra aver preso le distanze da Farange. La Lega resterebbe sola in questa richiesta. C’è da sperare che sia così.
Quello che adesso si potrebbe fare è un percorso accelerato di integrazione forte interna. Serve un passo in avanti nel solco del federalismo europeo: andiamo insieme verso gli Stati Uniti d’Europa. Creiamo quell’unione politica che potrà rafforzarci anziché dividerci. L’Unione Europea, infatti, diciamo forte, non finisce con l’uscita della Gran Bretagna. Continua ad esistere, in una forma diversa da quella pensata fino ad oggi. E teniamo a mente il bellissimo motto dell’EU: uniti nella diversità.