Skip to main content

Brexit, tutti gli scenari nei report degli analisti

“Questo è l’inizio di un disastroso divorzio – afferma Regina Borromeo, portfolio manager di Brandywine Global (Gruppo Legg Mason) – La Brexit è una scossa all’integrità strutturale della UE e una carica energizzante per i movimenti populisti. L’uscita della Gran Bretagna creerà ostacoli alle prospettive economiche dell’Eurozona e potremmo correre il rischio concreto di assistere a nuove richieste di uscita dalla UE da parte di altre nazioni”.
Se nel breve termine i mercati sono andati in tilt, con Ftse, Dax, ma anche listini esotici come quello giapponese in perdita netta e la sterlina a picco su euro e dollaro, nel lungo termine gli effetti di quello che anche il Financial Times ha definito “il divorzio più difficile della storia”, potrebbero essere anche peggiori.

NON TUTTO IL MALE VIEN PER NUOCERE

Ma se il potenziale disastro è alle porte, questo voto può indicare all’Europa la via maestra da seguire per non disgregarsi. “Il voto inglese apre una linfa lista di ripercussioni negative – scrive Stefan Kreuzkamp, Chief Investment Officer di Deutsche Asset Management – È quindi tanto più importante precisare anche i fattori positivi, o almeno di stabilizzazione. Per ora è fondamentale che le banche centrali e i governi facciano tutto il possibile per mitigare gli shock diretti, dimostrando che si sono preparati intensamente questo risultato. A lungo termine, dal punto di vista europeo c’è almeno una speranza che alcune decisioni possano essere prese più rapidamente, senza la necessità di considerare particolari richieste dalla Gran Bretagna. Dal punto di vista britannico, le aziende con elevate esportazioni dovrebbero al contrario accogliere con favore una Sterlina più debole”.

LE TRATTATIVE

Dopo le dimissioni di David Cameron, che avranno effetto dal primo ottobre, si aprirà la lunga stagione delle trattative per l’uscita, che potrebbe durare fino a due anni. Per prevedere scenari futuri sarà fondamentale capire come la Brexit si concretizzerà. Probabilmente il prossimo leader sarà euroscettico e nell’interesse soprattutto della Gran Bretagna, l’attivazione dell’articolo 50 del Trattato europeo – quello che prevede l’uscita e le conseguenti decisioni dovranno essere prese abbastanza velocemente. Così la pensano gli analisti.

“Il nostro nuovo scenario – commenta Jan Straatman, Global Chief Investment Officer e Salman Ahmed, Chief Investment Strategist di Lombard Odier Investment Managers – è un accordo in stile Norvegia per la Gran Bretagna. Restano ancora molti ostacoli importanti e incerti prima che un tale esito possa realizzarsi. Innanzitutto, con la Scozia che ha votato fortemente per restare nell’UE, ci saranno pressioni per indire un nuovo referendum sulla sua posizione all’interno della Gran Bretagna. Questo aggiunge un ulteriore livello di incertezza, sia per l’Europa che per la Gran Bretagna, nello specifico. L’incertezza sulla forma futura che assumerà qualsiasi accordo avrà probabilmente di pari passo con la forte possibilità di disintegrazione dell’UE e della Gran Bretagna”.

Stefan Kreuzkamp, Chief Investment Officer di Deutsche AMLa politica: ai sensi dell’articolo 50, il Paese che lascia “non deve partecipare alle discussioni del Consiglio europeo […] o alle decisioni che lo riguardano.” Questo significa che il primo ministro del Regno Unito dovrà fare affidamento su un ciclo di negoziati bilaterali con altri leader europei. Persisterà una notevole incertezza sul possibile accordo di uscita: un accordo del tipo European Economic Area (EEA) (simile a quello oggi esistente con la Norvegia) potrebbe essere escluso dalla necessità politica del governo britannico di ridurre l’immigrazione. Rinegoziare oltre 120 accordi commerciali richiederà tempo e creerà un sovraccarico burocratico. E’ probabile che la BoE mantenga una politica monetaria allentata; la BCE potrebbe mantenere una politica monetaria “looser for longer”, quindi espansiva per un lungo periodo, se la Brexit produrrà un impatto sull’economia tedesca. Crediamo ci sia un rischio che un aumento dell’inflazione a causa di una sterlina debole possa aggiungere pressione per un aumento dei tassi UK. Ci aspettiamo che altri Paesi europei possano avviare valutazioni su un’uscita dall’Europa. Idealmente, i leader europei potrebbero anche vedere il referendum come un campanello d’allarme per intensificare gli sforzi di riforma.

PAROLA D’ORDINE: INCERTEZZA

L’incertezza la farà da padrone e sono in molti, tra gli esperti di investimenti e mercati, a ritenere possibile un possibile effetto domino, mentre i mercati si chiedono quali altri paesi potrebbero decidere di abbandonare l’Unione. “Con le imminenti elezioni spagnole – continua Straatman – dobbiamo chiederci se la Brexit darà ulteriore impeto all’estrema destra in Europa”. Di certo, secondo il gestore di Lombard Odier Im – Il voto per uscire dall’UE consolida ulteriormente le fondamenta della nostra ipotesi di nipponizzazione dell’Europa: continuiamo infatti a prevedere una debole crescita globale, diffusa inflazione e tassi d’interesse più bassi”.

Gli effetti di lungo termine potrebbero essere positivi per gli emergenti che hanno sensibilità al voto britannico pari quasi a zero e beneficeranno delle misure di liquidità aggiuntive da parte delle principali banche centrali. “L’Europa – conclude Straatman – sarà probabilmente riconfigurata, ora che l’elettorato di un importante paese ha rifiutato lo status quo. Cosa ancora più importante, c’è un forte e palpabile risentimento contro le strutture istituzionali e i modelli di pensiero dell’establishment. Questo sentimento ribolle già dalla crisi finanziaria del 2008-2009 e sta dando forma ai risultati politici a lungo termine. Crediamo che questo generi un’incertezza indefinita in ambito sociale, economico e finanziario e i prossimi mesi saranno cruciali per valutare la direzione di questo “nuovo mondo”.

LA NUOVA EUROPA

Le regole cambieranno drasticamente, anche secondo Philippe Waechter, Capo Economista di Natixis AM: “La relazione tra UK e resto del mondo cambierà profondamente. Le regole non saranno uguali per la quinta maggiore economia al mondo. Il peso del Regno Unito è di per sé una fonte di preoccupazione per il resto del mondo. Tutto ciò accadrà in un contesto di bassa crescita e dove le banche centrali hanno già adottato, e per un periodo prolungato, politiche monetarie molto accomodanti. In altre parole, uno shock negativo e persistente con poca capacità di aggiustamenti a causa della politica dei bassi tassi potrà avere un effetto duraturo sul Regno Unito e sul resto del mondo”.

La principale fonte di shock è che il Regno Unito non avrà più accesso al mercato unico alle stesse condizioni di oggi. Un nuovo paradigma dovrà essere definito. “Questo richiederà – continua Waechter – tempo e creerà incertezza. Nel breve termine non sappiamo il tipo di misure conservative che verranno adottate durante le negoziazioni. Ma immagino che i negoziatori britannici vorranno troncare le relazioni rapidamente perché questa è la decisione emersa dal referendum. Con il resto del mondo, le condizioni di scambio per i britannici sono condizionate dagli accordi commerciali siglati dall’Unione Europea. Ora, con la Brexit, il Regno Unito sarà escluso da tali accordi”.

ECONOMIA UK, NUOVO CORSO

Per la Gran Bretagna “una recessione non può essere scartata a priori – secondo Jim Leaviss, Head of Retail Fixed Interest at M&G – L’inflazione nel Regno Unito è una questione diversa: una caduta importante della sterlina porterà a prezzi di importazione più alti. Dopo anni di inflazione al di sotto del target, dovrebbe muoversi oltre il 2%. Tuttavia, nell’interesse di crescita e stabilità finanziaria è improbabile che questo provochi una risposta della Bank of England: un taglio dei tassi è più probabile in prima istanza”.

“La Bank of England sembra ben preparata per gestire le reazioni estreme di mercato – dice Stefan Kreuzkamp, Chief Investment Officer di Deutsche AM – non da ultimo in quanto potrebbe accedere a valuta estera attivando linee di swap con la Banca centrale europea (BCE) e la Federal Reserve. Sul più lungo termine, la BoE potrebbe tagliare i tassi per sostenere l’economia inglese; un quantitative easing potrebbe essere di fatto necessario. Tuttavia, potrebbe affrontare un dilemma se un calo del GBP provoca un rialzo dell’inflazione. Il nuovo Cancelliere (chiunque sia) si troverà ad affrontare decisioni difficili sull’austerità e sulla necessità di uno stimolo fiscale”.

Il Brexit era comunque stato associato a scenari nefasti per l’Uk. “L’IMF vede effetti negativi sul GDP (-1,5% a quasi -6% in 2-3 anni, il Tesoro inglese anche peggio) sull’inflazione e sulla disoccupazione- scrivono Andrea Delitala, Head of Investment Advisory di Pictet Asset Management e Marco Piersimoni, Senior Portfolio Manager di Pictet Asset – inoltre, il probabile calo del commercio internazionale avrà conseguenze asimmetriche e potrebbe resuscitare lo spettro della ‘guerra valutaria’. Per l’Europa, tuttavia, il danno economico sarà ben più contenuto, e per l’Italia particolarmente basso secondo alcune analisi (secondo il Brexit Sensitivity Index di S&P) ma è sul fronte politico e finanziario che le ferite potrebbero bruciare”.

GLI EFFETTI SULLE ASSET CLASS

Nel prossimi 12-18 mesi “la sterlina continuerà a calare – dice Mark Phelps, CIO Concentrated Global Growth AB-AllianceBernstein – moderatamente, con una traiettoria di crescita inferiore andando avanti. Una volta che polvere si sarà posata, crediamo che la reazione iniziale dei mercati e che prospettive di una crescita inferiore, data l’incertezza dopo il voto a favore della Brexit, potrebbero venire ben compensate da una mossa concordata di promuovere la crescita nella regione. Gli investitori dovrebbero concentrarsi su titoli growth di alta qualità. Non crediamo che le prospettive di crescita siano state irreparabilmente danneggiate dalla Brexit”.
“Nel lungo termine l’impatto economico è più incerto – secondo Gero Jung, Chief Economist di Mirabaud AM, che si dice ottimista sull’outlook di medio termine per l’Unione Europea – e potenzialmente potrebbe essere positivo, data la libertà che il Paese avrà di negoziare accordi di libero scambio in modo proattivo”.

A meno di un effetto domino. “I movimenti separatisti in Paesi come la Scozia e la Spagna potrebbero uscire rafforzati – afferma Mark Bogar, gestore azionario europeo small cap, The Boston Company Asset Management (BNY Mellon) – e dobbiamo pensare a un potenziale effetto domino di altri referendum sull’appartenenza all’UE. Se ciò dovesse condurre a un disfacimento dell’UE, il colpo per l’attività economica nell’immediato sarebbe significativo. Penso che nel più lungo periodo i Paesi troverebbero un nuovo ordine e continuerebbero a commerciare l’uno con l’altro, ma ci vorrebbero sino a tre anni per rodare il “nuovo ordine” e nel frattempo la crescita del PIL e dell’attività economica nell’Eurozona ne risentirebbero sicuramente.”


×

Iscriviti alla newsletter