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Brexit? Una sconfitta per le Chiese inglesi

Erano arrivati anche a pregare il Signore perché la Brexit non avvenisse: ma forse l’Altissimo non si occupa di trattati internazionali. La Chiesa anglicana è stata battuta nelle urne dal voto per il Leave, malgrado questo testo:

Dio della verità, dacci la grazia di dibattere le questioni in questo referendum con onestà ed apertura. Dona la generosità a quelli che cercano di formare l’opinione e il discernimento per gli elettori; possa la nostra nazione prosperare e che con tutti i popoli d’Europa noi si possa lavorare per la pace e il bene comune; lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.

Le cose non sono andate così, come dicevamo. E male è andata anche alla Chiesa cattolica inglese, costretta a vivere in un Paese nel quale solo l’1,5% dei fedeli dichiara di andare la domenica alla Santa Messa: 764.700 inglesi ogni domenica frequentano le chiese, e sono – secondo uno studio anglicano del 2014 – pari ad 1/3 rispetto a quanti erano nei ruggenti anni ’60, -12% rispetto a dieci anni fa. E meno del 20% delle unioni celebrate in Inghilterra sono matrimoni religiosi, ossia meno di 20.000 l’anno.

I vescovi cattolici si sono tenuti sul prudente e sul neutrale davanti al referendum, pubblicando un comunicato stampa nel quale hanno indicato che:

Dal nostro punto di vista, tre cose sono essenziali: a) che preghiamo perché lo Spirito Santo ci assista; b) che tutti c’informiamo delle tesi di ambo le parti in causa; c) ce ognuno di noi utilizzi il proprio voto nell’ambito del bene comune di tutti.

Anche se dal linguaggio molto cauto, il comunicato ricorda: “Papa Francesco ci ha ricordato, nel suo discorso all’Europarlamento di Strasburgo il 25 novembre 2014, che gli ideali che hanno formato il progetto europeo sin dall’inizio sono stati pace, sussidiarietà e solidarietà”. E ricordano: “Il referendum è molto più che una decisione sull’economia, non dovendo dimenticare le radici profondamente religiose delle nazioni europee”. Ed al momento di votare, ecco la preghiera cattolica:

Signore, dacci la saggezza di camminare con integrità, salvaguardando la strada della giustizia, e conoscendo la protezione della tua cura amorosa per tutti.

Ma neanche in questo caso sembra che l’appello alla solidarietà (e dunque all’accoglienza dei migranti, tema sensibile anche Oltremanica di questi tempi), non abbia fatto breccia. Va anche detto che, malgrado la neutralità di facciata, il cardinale Vincent Nichols, arcivescovo cattolico di Westminster, insieme col suo predecessore Cormac Murphy O’Connor, erano a favore del Remain. Nell’aprile di quest’anno Nichols ha anche detto che l’uscita della Gran Bretagna avrebbe portato a “farci fronteggiare problemi più complessi ed una maggiore difficoltà nel trovare il nostro ruolo in risposta a queste sfide, rispetto a tenere un ruolo attivo e vigoroso con i nostri partners, con l’Unione Europea”

Ma l’arcivescovo di Southwark Peter Smith, invece, è apparso scettico sulla campagna elettorale per il Remain o forse del tutto vicino al Leave. Inutile anche la dichiarazione di un gruppo interreligioso, tra i quali anche l’ex arcivescovo anglicano di Canterbury Rowan Williams, che si è schierata per il Remain citando ragioni quali pace, stabilità, cambiamenti climatici: temi che chiedono secondo loro di essere gestiti in: “Un contesto europeo e, certamente, globale”. Inascoltati anche loro.

E il Vaticano? Nel gennaio di quest’anno, in un’intervista andata in onda sulla rete britannica ITV, l’arcivescovo Paul Gallagher, Segretario per le Relazioni con gli Stati della Santa Sede, ha detto: “La Santa Sede rispetta la decisione definitiva del popolo britannico, che dovrà decidere”. Ma aveva ammesso che per la Chiesa cattolica sarebbe stato meglio “stare dentro l’Europa che fuori”. Polemiche a non finire per una dichiarazione vista da alcuni come troppo di parte.

Il problema è anche quello dei soldi. Il 3 giugno scorso il Catholic Herald, una sorta di Famiglia Cristiana britannica, ha riferito le parole del vescovo ausiliare di Birmingham, William Kenney. Monsignor Kenney ha annunciato che la Cafod, una sorta di Caritas internazionale cattolica britannica, e la Sciaf, l’equivalente in salsa scozzese, potrebbero perdere i fondi europei per la beneficenza. Perché è Caritas Europa a negoziare i finanziamenti con l’Ue e quindi anche per la Gran Bretagna. Ma dopo la Brexit i fondi europei per la cattobeneficenza inglese finirebbero. Anche se “non c’è dubbio che questo colpirebbe la Cafod e gli altri, ma fino a che livello non lo so”, ha detto monsignor Kenney, che peraltro è portavoce degli affari europei della Conferenza episcopale cattolica d’Inghilterra e Irlanda, nonché ex presidente di Caritas Europa, parlando al telefono col Catholic News Service. Cafod e Sciaf si sono tenute neutrali e non hanno voluto esprimere la loro posizione sul referendum.

E il Papa che cosa ne pensa? Poche parole: il Brexit: «È la volontà espressa dal popolo che ci richiede una grande responsabilità per garantire il bene del popolo del Regno Unito e anche il bene e la convivenza di tutto il popolo europeo», ha detto ai giornalisti sul volo Alitalia che lo ha portato in Armenia. Nel frattempo i leader religiosi, in ordine sparso, Oltremanica provano a parlare di “unità” e “riconciliazione”. Chissà se li ascolteranno. Che pasticcio, fratelli.

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