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I candidati sfaticati

Fassino è come al personaggio de i “Sette Piani” di Buzzati. Al personaggio di Buzzati ci dissero che andava ricoverato solo per accertamento. Finì con i piedi a paletta al piano ultimo del palazzo alto, alto dove i malati stavano sistemati per ordine di gravità dal più alto al più basso.
Ecco. A Fassino lo avevano imparato che alle elezioni bastava fare la processione come al Santo sulla vara lungo le vie della città. Poi arrivava la domenica, e l’indomani si andava a sedere al posto per cui il partito lo aveva designato. Punto.
Basta riguardare le fasi salienti dell’intervista doppia organizzata in vista dell’imminente ballottaggio dal quotidiano La Stampa. Fassino risponde, è preparato, navigato, pare perfino ringiovanito pur di sembrare all’altezza della sfida elettorale contro la giovane Appendino, che potrebbe essere sua figlia.
E, però, dietro la piega maxillofacciale si legge il retro pensiero: – Ma chi me lo doveva dire a me che, a quest’età, mi toccava stare qui a rispondere e dare conto a questo qui che modera e a questa qui che incalza -.
Il M5S è un’anomalia, certo. È costruito sull’equivoco che il rappresentato sia migliore del rappresentante. Però, dalla fine della prima Repubblica in poi, i candidati, abituati a non doverseli più cercare porta a porta i voti, sono tutti un poco sfaticati. E così, i voti non li sanno più pigliare. Pensate solo che in Parlamento teniamo Alfano e Matteo Collaninno. Due che se solo dovessero concorrere per l’amministrazione comunale di Carrapipi, state certi, non prenderebbero neanche i loro di voti.

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