Skip to main content

Brexit, come e perché la Germania è preoccupata

“In is in, out is out”. Il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble è uno che parla chiaro, motivo per cui ai britannici ha fatto sapere che se vincesse il fronte Brexit l’Ue non cercherà modi e scappatoie per attutire l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Non ci saranno ulteriori eccezioni, sconti o vantaggi. “Alla peggio l’Ue ce la farà anche senza di loro”, ha fatto sapere in una intervista allo Spiegel. Ora non è che Schäuble pensi che con o senza gli inglesi l’Ue sia la stessa cosa. Anzi, sempre nell’intervista allo Spiegel ha osservato che, indipendentemente dall’esito del referendum britannico di giovedì “non possiamo continuare come se nulla fosse accaduto, anche nel caso che i promotori della Brexit dovessero perdere”.  Bisognerà rallentare il processo di integrazione, e pazienza se lui, uno degli ultimi europeisti della vecchia guardia, vorrebbe l’esatto opposto.

Alle parole chiare di Schäuble sono seguite quelle più diplomatiche del capo di stato tedesco Joachim Gauck, il quale in un’intervista al canale pubblico Ard ha espresso la speranza che i britannici restino nell’Ue, aggiungendo però: “Non sta a me dare consigli”. Una cautela suggerita forse dalle reazioni accese alle parole del presidente Usa Barack Obama, il quale durante la sua recente visita a Londra non solo si era schierato contro la Brexit, ma aveva tenuto a precisare che, nel caso vincesse il fronte Brexit, allora cambieranno anche le relazioni tra Londra e Washington. Un altro motivo che ha suggerito a Gauck maggior cautela è l’animosità di una parte dell’opinione pubblica britannica nei confronti della Germania: mal digeriscono quello che a loro avviso è il piglio di nuovo troppo deciso di Berlino nel dettare agli altri cosa fare e dove andare. Nella questione profughi qualcuno ha accusato Merkel di comportarsi da dittatore.

Se i politici tedeschi attendono con una certa ansia il responso delle urne, non meno preoccupato si mostra il mondo economico tedesco. La Gran Bretagna è per volumi di merci il terzo partner commerciale. Secondo i dati della Bundesbank riportati dal quotidiano Die Welt, il volume del commercio bilaterale si è attestato nel 2015 sui 183 miliardi di euro, con una crescita del 7 per cento rispetto al 2014. La parte del leone l’ha fatta, però, il made in Germany: il valore delle merci tedesche esportate oltre Manica è stato complessivamente di 95 miliardi di euro, ai quali vanno aggiunti altri 23 miliardi di euro in servizi. Viceversa, i britannici hanno venduto merci ai tedeschi per un controvalore di 41 miliardi di euro e servizi per 23 miliardi di euro.

Certo una Brexit verrebbe a costare molto più agli inglesi. Ma anche per i tedeschi le perdite non sarebbero insignificanti. Questa, perlomeno, è l’opinione di Clemens Fuest, il nuovo direttore dell’Istituto di ricerca economica di Monaco Ifo. Secondo Fuest la Germania rischierebbe di perdere un 3 percento del Pil. Una stima che si basa non solo sulla riduzione dei volumi di esportazione, ma anche su una competitività che inevitabilmente rallenterebbe, in particolare nell’ambito delle innovazioni.

Non solo, se per le procedure atte a regolarizzare il divorzio dall’Ue si calcolano due anni, il contraccolpo economico dettato dalla Brexit, la destabilizzazione dei mercati cioè, sarebbe immediata. Molte sarebbero, infatti, le domande che si porrebbero: l’economia britannica resterà, nonostante la vittoria della Brexit, ancorata al mercato unico europeo o verranno erette di nuovo barriere doganali, e se sì in che misura? Probabile che le imprese tedesche decideranno allora di mettersi in standby. Questo nel breve periodo, in una prospettiva più lunga, dipenderà tutto dall’entità dei dazi introdotti.

Il conto che i tedeschi dovrebbero invece pagare è stato stimato da uno studio realizzato dalla compagnia di assicurazione del credito e che porta il titolo “Brexit me if you can”. Secondo lo stesso l’uscita del Regno Unito dall’Ue metterebbe a rischio esportazioni per un volume complessivo di 30 miliardi di sterline. Nei primi quattro anni post referendum verrebbero persi 210 miliardi di sterline di investimenti. Un effetto particolarmente negativo avrebbero, sempre secondo Euler Hermes, i dazi doganali reintrodotti dall’Ue e dalla Gran Bretagna per accelerare la reindustrializzazione. Mentre uno dei settori industriali più colpiti risulterebbe essere quello dell’automobile. E’ vero che i britannici dipendono in massima parte dalla filiera europea, in particolare da quella tedesca, francese e italiana, ma alcune case automobilistiche tedesche producono direttamente in Gran Bretagna e poi esportano, come nel caso di Bmw e Vw con Rolls-Royce, Mini e Bentley. In un’intervista allo Spiegel online, il presidente di Euler Hermes Ron van Het ha sottolineato che “gli esportatori tedeschi sarebbero i primi a perderci in modo significativo”. Solo l’industria automobilistica segnerebbe un meno 2 miliardi di euro, mentre quella chimica e quella meccanica, rispettivamente 1 e 2 miliardi di euro.

Con un Brexit la Germania non dovrebbe, però, affrontare solo le ripercussioni sul mercato industriale e produttivo in generale. Un altro aggravio economico – nel caso vincessero i sostenitori della Brexit – riguarderebbe i contributi che i britannici pagano nella cassa comune europea. Anche loro sono contribuenti netti. Nel 2015 la Gran Bretagna ha versato – nonostante lo sconto che negli anni Ottanta la Lady di Ferro Margaret Tatcher pretese per il suo paese – 5 miliardi di euro in più di quanto abbia ricevuto. Il saldo dei tedeschi ammontava invece a 15,5 miliardi di euro. Con una fuoriuscita della Gran Bretagna, calcolava il sito N-24, Berlino dovrebbe sborsare circa 2,5 miliardi in più.
Ma c’è anche chi dipinge un quadro meno fosco. Innanzitutto i progetti già avviati con la Gran Bretagna e che prevedono un cofinanziamento europeo verrebbero portati a termine.

Secondo l’economista Holger Schmieding, della banca Berenberg, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble potrebbe addirittura approfittare nel primo periodo del post Brexit. “Perché la fuga verso strumenti di investimento sicuri, come i titoli di stato, abbasserebbero considerevolmente i tassi di interesse”. Già oggi per titoli decennali tedeschi il tasso è solo dello 0,15 per cento. Con la Brexit scenderebbero ulteriormente e Schäuble potrebbe addirittura guadagnarci, o perlomeno azzerare la spesa dei maggior versamenti all’Ue.


×

Iscriviti alla newsletter