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Meno italiani (dopo novant’anni) perché manca una certa idea dell’Italia

Giuliano Poletti

Non accadeva da novant’anni, ma c’è sempre una prima volta quando si rinuncia a guardare lontano, a immaginare l’Italia fra cinque, dieci o vent’anni. La prima volta ora riguarda il calo dei cittadini residenti, cioè degli italiani, nella misura di quasi 142 mila persone in meno. Un saldo negativo consistente, senza precedenti. In controtendenza persino se confrontato al contemporaneo aumento degli stranieri: quasi dodicimila in più.

Quanto è impietosa, allora, eppure autentica la fotografia scattata dall’Istat sul 2015. Ritrae un Paese seduto e stanco, con sempre meno giovani anch’essi in flessione: i censiti sotto i quindici anni non arrivano al quattordici per cento della popolazione.

La crisi demografica, che gli studiosi denunciano da tempo inascoltati dalla politica, non danneggia soltanto l’economia. Una società che non fa figli (navighiamo da anni sulla media di 1,2 nati per coppia; il minimo per assicurare il naturale processo di vita sarebbe di 2), è una società che appende la speranza al chiodo. Non succede nemmeno nei luoghi più disagiati della terra dove, al contrario, i bambini rappresentano il sogno di un futuro migliore.

Da noi, invece, si rispecchia, ingigantita, l’indifferenza di un’Europa che ha smarrito il senso di ciò che vorrebbe essere domani. Che non sa parlare ai propri cittadini senza lavoro. Che non può più permettersi di pagarsi le cure: ben undici milioni di italiani vi rinunciano, secondo dati recenti del Censis. Quando si sta economicamente male, la gente sopporta anche di sentirsi male.

Demografia e sanità, dunque, difficoltà nel lavoro e cronica mancanza di asili nido, agevolazioni fiscali risibili e banche insensibili per chi intraprende o si sposa: è il costo sociale ed economico, non certo un capriccio collettivo, ciò che induce tanti italiani alla rassegnazione. Ad andarsene, da giovani o da vecchi, dalla loro patria. A non investire nel tesoro più grande, che è quello dei figli.

Una classe politica avveduta dovrebbe intervenire subito. Così hanno fatto tutti i Paesi europei, dalla piccola Danimarca alla Francia della “grandeur”, ciascuno inventandosi misure per incoraggiare la gente a credere nel futuro. Agevolazioni nei crediti bancari per ragazzi al primo lavoro o denaro alle famiglie numerose. Aiuto assistenziale alle madri anche nei posti di lavoro. I fatti degli altri e le nostre parole.

 

Commento pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com

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