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Emissioni, gas serra e combustibili fossili. Un report pubblicato da Nature Energy

“Sappiamo che se dovessimo ridurre drasticamente le emissioni di gas a effetto serra, le importazioni di combustibili fossili crollerebbero. Ma abbiamo scoperto che il contrario non è vero: limitare le importazioni di energia avrebbe un impatto molto piccolo sulle emissioni”. Parola della ricercatrice Jessica Jewell.

LA RICERCA

E’ quanto la ricercatrice dice sintetizzando un nuovo studio, guidato appunto dalla ricercatrice Jessica Jewell dell’International Institute for Applied Systems Analysis (IIASA). L’analisi ha esplorato come le politiche incentrate sulla sicurezza energetica influirebbero sulle emissioni di gas a effetto serra. Lo studio parte dai risultati del progetto di ricerca “Low climate Impact scenarios and the Implications of required Tight emission control Strategies – LIMITS”, coordinato dalla Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) e finanziato dalla Commissione Europea. I risultati dello studio sono stati pubblicati dalla rivista internazionale Nature Energy nell’articolo “Comparison and interactions between the long-term pursuit of energy independence and climate policies”.

I RISULTATI DELL’ANALISI

Lo studio ha utilizzato cinque differenti modelli economico-energetici per esaminare otto scenari a lungo termine per le politiche incentrate sulla riduzione delle emissioni, sulla riduzione del petrolio e sulle importazioni di energia. La ricerca dimostra come limitare le importazioni di petrolio ridurrebbe le emissioni del 21° secolo dal 2% al 15% e comporterebbe un aumento della temperatura terrestre di 3,5°- 4°C rispetto ai livelli pre-industriali. Per contro, le politiche di mitigazione del cambiamento climatico sarebbero in grado di contenere il riscaldamento globale sotto i 2°C entro il 2100 solo con una riduzione di almeno il 70% delle emissioni. Inoltre, lo studio evidenzia come le politiche di riduzione delle importazioni di energia costino da 3 a 20 volte meno rispetto alla stabilizzazione del clima entro il 2100. Infine, lo studio ha anche esaminato una politica climatica meno ambiziosa basata su impegni simili a quelli presi a Parigi nel summit sul clima del dicembre scorso, dimostrando che i costi di questi impegni sono paragonabili a quelli delle politiche di sicurezza energetica in grado di limitare il cambiamento climatico da 2,5°C a 3,2°C entro il 2100.

IL COMMENTO DI TAVONI

Massimo Tavoni, coordinatore del programma di ricerca FEEM “Mitigation, Innovation and Transformation Pathways” e del progetto LIMITS  sostiene che sono necessari ulteriori studi come questo. “Mitigare il cambiamento climatico è un compito complesso che necessita di essere compreso nel contesto di altri obiettivi di policy, come la sicurezza energetica, l’inquinamento atmosferico e gli impatti ambientali. L’esito dell’accordo di Parigi richiede una comprensione più profonda di queste interrelazioni, ad esempio mediante l’utilizzo di strumenti analitici robusti e collaborazioni internazionali come quelle che hanno portato a questo studio, necessari per fornire una guida verso politiche più efficienti ed efficaci per salvaguardare l’ambiente e l’economia”.

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