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I grillini fanno il pieno, Renzi non convince ma resiste, Salvini sta a zero

Matteo Brambilla, Max Bugani, Antonietta Martinez, Virginia Raggi, Chiara Appendino e Paolo Menis

Molto si è scritto e detto sui risultati definitivi delle elezioni comunali di domenica scorsa, ma poche sembrano essere le indicazioni essenziali scaturite dai ballottaggi.

Innanzitutto la vittoria indiscutibile del Movimento 5 Stelle: una vittoria cementata nell’avversione a Renzi  (ed almeno per quanto riguarda Roma, a Berlusconi). Due: il partito del Presidente-Segretario non convince ma resiste quale unico argine all’alluvione stellata. Terzo: la sconfitta -senza appello- del centrodestra nonostante l’affermazione nelle città periferiche.

Con il voto del 19 sembra prendere forma in Italia un bipolarismo 2.0. Non più quello della I° Repubblica tra Dc e Pci. E neppure quello tra centro-sinistra e centro-destra, di berlusconiana memoria, assai raffazzonato ma alimentato da una coerenza di fondo.

Del nuovo dualismo “alla meno” si intravedono appena le parvenze, si cantano -lo ha fatto acutamente il direttore Mieli in un recente editoriale- i rischi anche elettoralistici per alcune realtà rampanti che escono malconce dalla tornata amministrativa e, soprattutto, si contano i primi “caduti”: gli ignari e per bene Giachetti e Fassino.

Un dualismo “contro” in cui da un lato c’è chi propone di cambiare contro tutti e contro tutto e chi, dall’altro, propone di cambiare -ad ogni costo- colui che intende cambiare. Una sorta di rottamazione del rottamatore: nessuna restaurazione, solo un irrimediabile salto nel buio!

Certo, chi -in politica- di spada ferisce è facile che di spada perisca, ma appare davvero di difficile comprensione chi, già vittima a suo tempo di una strategia del “tutti contro uno”, possa tanto a cuor leggero e dopo anni di denuncie contro lo stracismo ideologico, solcare lo stesso terreno divenendo- più o meno consapevolmente- nuova spada per trafiggere un Paese in ginocchio.

Responsabilità consiglierebbe altro, ma non un illusorio, imbellettato ed ambiguo passato, come è accaduto a Milano. In politica -al di là delle facce nuove e pulite- niente è più passato del passato.

Ad oltre due anni dalla suono alquanto amaro di quella campanellina, molte opportunità di rinnovamento (e non solo di rottamazione) sono svanite. Molte delle speranze sono ingiallite e molti di quei rampanti rinnovatori sono divenuti gatti bigi.

In due anni -per colpa di tanti al Governo come all’opposizione- si è dilapidata una stagione di speranza, soffiando a pieni polmoni aria nelle vele (tradotte oggi in sonori voti) di chi si servirà della non-politica per gestire le innumerevoli partite politiche aperte: oggi a Roma, domani in Italia come in Europa.

Auguri sinceri!



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