Hillary Clinton avrebbe già raggiunto e superato quota 2.383, la maggioranza assoluta dei delegati alla convention democratica, e si sarebbe già assicurata la nomination. Il calcolo, non ufficiale, è della Ap e la notizia è arrivata poche ore prima dell’ultimo Super-Martedì di queste primarie: oggi si vota in California, lo Stato più popoloso, che assegna da solo 546 delegati, e pure in New Jersey, New Mexico, Montana e nei due Dakota – complessivamente, oltre 800 i delegati in palio –.
La notizia, che vanifica o comunque riduce l’impatto delle consultazioni odierne, ha suscitato reazioni diverse nei due campi democratici. Hillary ha parlato di “un momento storico senza precedenti”, perché per la prima volta nell’Election Day una donna sarà in lizza per la presidenza degli Stati Uniti. Il suo rivale Bernie Sanders, stizzito, ha giudicato spiacevole che i media ignorino le regole: per lui, i Super-Delegati, cioè i notabili del partito che non sono assegnati tramite voto – e che nella stragrande maggioranza si sono dichiarati per la Clinton –, debbono essere conteggiati solo alla convention, potendo cambiare campo fino all’ultimo istante.
Fra i repubblicani, il problema non si pone: i Super-Delegati non ci sono e Donald Trump è rimasto senza avversari e ha già conquistato la maggioranza assoluta.
Nelle ultime ore, secondo il Wall Street Journal, la squadra del senatore del Vermont s’è divisa: ci sono i “sanderistas”, i guerriglieri della nomination, che vogliono battersi fino alla convention; e le colombe, pronte ad ammettere la sconfitta e a ricreare l’unità del partito dietro l’ex first lady.
Sanders sembra stare con i suoi “ultras” e prospetta una convention democratica “aperta”. Anche se la Clinton è avanti al senatore anche come candidati eletti di circa 300: oltre 1800 a circa 1500.
Certo che se oggi dovesse subire sconfitte in serie, l’ex first lady avrebbe la nomination, ma sarebbe fortemente indebolita. In questa ipotesi, ancora il Wsj, nel fine settimana, prospettava un ribaltone: fuori Hillary e Sanders, elisisi a vicenda; e dentro un “usato sicuro”, come John Kerry, già candidato nel 2004, o Joe Biden, il vice-presidente. Fanta-politica, probabilmente, a questo punto.
Per il New York Times, il presidente Barack Obama si prepara ad appoggiare ufficialmente Hillary: lo annuncerà in settimana e inizierà ad aiutarla nella corsa. Contatti sono in corso tra gli staff della Casa Bianca e della candidata per definire come e dove Obama può esserle di maggiore aiuto.
“Dopo aver trascorso mesi seduto nelle retrovie della campagna elettorale”, Obama intende iniziare a fare campagna per Hillary, spinto dall’idea che “nulla è scontato”, e vuole intensificare gli attacchi che ha già condotto contro Trump. “Ci ha indicato la sua intenzione di voler passare molto tempo a fare campagna”, dice al Nyt Jennifer Psaki, direttore della comunicazione di Obama.
Il presidente potrebbe contribuire a sciogliere i dubbi degli elettori che guardano con diffidenza all’ex first lady e aiutarla a conquistare i sostenitori di Sanders. Lo scorso settimana, Obama avrebbe parlato al senatore che si autodefinisce “socialista”: uno scambio di opinioni rivelato dalla Cnbc e che rientrerebbe nel quadro degli sforzi portati del presidente per unificare il partito democratico.
Ancora ieri, in una conferenza stampa, Sanders ha detto: “E’ imperativo sconfiggere Trump”, definendo “incredibile” che nell’America del 2016 ci sia un candidato che corre per la presidenza “all’insegna dell’intolleranza, insultando messicani, ispanici, musulmani, afroamericani e donne”.
Ma alla domanda se sia disposto a dare il suo sostegno alla Clinton nella convention, il senatore ha risposto di essere concentrato sul vincere in California e ha sostenuto, citando i sondaggi, di essere lui il “candidato più forte, il migliore per sconfiggere Trump”. “Se l’affluenza sarà alta vinceremo. Se l’affluenza sarà bassa; potremmo perdere. Venite a votare, segniamo il record di affluenza per la California”.
La Clinton, invece, lo ha invitato a seguire il suo esempio: il 7 giugno 2008, proprio otto anni or sono, ha ricordato, lei rinunciò alla corsa alla nomination e diede il proprio sostegno all’allora senatore Barack Obama. “Credo che fosse la cosa giusta da fare per unire il partito”.
L’esito del voto in California è incerto. Dopo il governatore Jerry Brown, anche il quotidiano più letto dello Stato, il Los Angeles Times s’è pubblicamente schierato con Hillary, che è “più preparata” di Sanders e ha “maggiori possibilità di sconfiggere” il candidato repubblicano. Distinguendo fra elettori “moderati pragmatici” (pro-Clinton) e “progressisti idealisti” (pro-Sanders), il giornale invita tutti a schierarsi con l’ex first lad’: “Gli elettori devono ringraziare Sanders, che ha sollevato temi che senza di lui sarebbero stati ignorati, ma devono votare per la Clinton”.