In queste ultime elezioni amministrative sono accadute molte cose. Non c’è da analizzare solo la situazione del PD o del Centrodestra. Qualche cosa di interessante e inaspettato si è mosso nel movimento fondato da Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo. Di seguito, quindi una riflessione sul M5S oggi.
Il M5s ha cambiato pelle
Qualche cosa è profondamente cambiata dal 2013 ad oggi. Ci ricordiamo ancora l’arroganza becera e sfacciata con cui il duo Crimi e Lombardi si presentò davanti a Pierluigi Bersani all’indomani delle elezioni. Insultarono non solo lui, il PD e tutta la comunità politica che rappresentava, ma anche e soprattutto le loro elettrici ed i loro elettori. In quel momento dimostrarono, come ho scritto a suo tempo, tutta la loro incompetenza e incapacità politica. Di acqua sotto i ponti ne è passata però. Oggi però il M5S è diventato altro. Si sono rodati come si suol dire. Infatti, hanno fatto esperienza nei luoghi del potere, hanno visto che a dire solo no non si va da nessuna parte e che la retorica del cambiamento a tutti i costi, del purismo assoluto non regge nemmeno per loro. Hanno saputo reagire molto bene alla sberla sonora ricevuta con le elezioni europee del 2014. Sì, hanno imparato una lezione e sono stati capaci di reagire in modo costruttivo rispetto, ovviamente, ai loro scopi e alle loro strategie. Bravi.
Il non-partito è un partito
Osservando questo movimento si ha l’impressione che non abbiano alcuna struttura od organizzazione, invece non è così. Si definiscono un non partito, e questa retorica non so quanto possa essere anche per loro convincente, perché invece sono un partito vero e proprio. Non hanno una struttura formalizzata come la si intende noi per i partiti tradizionali, ma una struttura c’è eccome. E di anno in anno si definisce sempre di più e si rende visibile. Il M5S è diventato adulto. E questo ora pone un problema enorme ai partiti tradizionali, poiché un nuovo partito si è radicalizzato nei territori e sta ampliando la sua base di consenso. Un partito che definisco trasversale e postmoderno. La realizzazione del partito della nazione di cui Renzi ha tanto parlato.Il M5S ha una struttura piatta, oserei dire, ma altamente verticista. Sembra un paradosso, ma non lo è.
I meet-up sono come i circoli o le sezioni per il PD. Le loro discussioni e i processi decisionali si reggono su una piattaforma online che ora si chiama Rousseau e ciascuna e ciascuno è soggetto a un codice etico e regole rigide. C’è un comitato centrale che detiene il potere, discrezionale, di infliggere punizioni. Sono i garanti, assieme a Grillo, di questo sistema. E funziona come un modello patriarcale assai rodato nei secoli: al vertice c’è la figura di un leader carismatico quasi divinizzato (il padre fondatore) che loro chiamano megafono, sotto ci sono i prescelti (il Direttorio) e sotto ancora le cellule costitutive di questo organismo. Vogliono realizzare la democrazia diretta, per questo citano Rousseau, ma forse non sanno che lui stesso ha definito questa cosa come irrealizzabile. Vogliono ribaltare il sistema dei partiti, ma in realtà vogliono sostituirsi creando un ordine nuovo, dove loro sono il partito contenitore di tutto e il suo contrario. Vivono in un perenne contrasto tra realtà e virtualità. Tra utopia e problemi di tutti i giorni. L’elemento anagrafico c’entra poco. Ma è la spinta potente al cambiamento e l’apertura massima post-moderna nell’accezione di Crouch che li ha spinti a raccogliere successi su successi. Hanno vinto 19 ballottaggi su 20. Hanno conquistato 19 comuni partendo da 0. Il PD ne ha persi 45 partendo da 90.
Interlocutori politici?
Queste riflessioni le ho fatte oggi dopo aver letto un’intervista di Pierluigi Bersani al Corriere e dopo aver ascoltato l’intervista di Myrta Merlino a Carlo Sibilia su La7. Bersani, che è un politico esperto, risponde alla domanda di Monica Guerzoni, se il M5S è pronto per governare, così: «Hanno certamente aspetti più che criticabili. Ambiguità, demagogia, integralismo, ma non mi metto coi poco di buono per fermarli, preferisco sfidarli con un riformismo radicale. Detto questo, stanno facendo uno sforzo per passare dall’essere un partito personale a un collettivo e radicarsi nei territori. Faranno fatica, ma non si può non vedere il cambiamento, mentre il Pd rischia di fare il percorso inverso».
E poi alle domande della Merlino Sibilia parla in modo completamente diverso da come lo abbiamo sentito. La sera prima lo stesso Alessandro di Battista, intervistato dalla Gruber e rispondendo a Scanzi, dice cose simili. Non chiedono la testa di Renzi e non andranno dal Presidente Mattarella per chiedere le dimissioni del governo. Qualche mese fa lo avrebbero fatto. Cosa è cambiato?
Hanno affrontato sicuramente molti problemi interni. Hanno subito la perdita di un riferimento importante, come Casaleggio. Hanno vissuto dei traumi profondi e si sono resi conto che in politica non vince chi si mette sulle barricate, ma chi dialoga. E questo è ciò che sembrano voler fare. Sibilia dice che si aspettano da Renzi e dal PD che alcuni argomenti vengano rimessi al centro del dibattito parlamentare e che vengano considerati interlocutori. Chiedono per se il ruolo che fino ad oggi è stato quello di Verdini ed Alfano. Bersani lo ha capito e riconosce, però, che qualche cosa è cambiato. Il M5S ha messo sul piatto della bilancia di questo ultimo anno e mezzo di governo alcuni temi specifici come il reddito di cittadinanza e la questione della legalità. Adesso hanno deciso di fare politica. E questo è un aspetto sicuramente positivo da un lato, ma una grana per i partiti tradizionali che ora sì hanno un avversario capace di metterli in profonda difficoltà.