Il secondo round del qe della Bce è partito. Ma quanto è efficace? Quanto sarà in grado di ridurre le disuguaglianze nell’Eurozona e quanto si trasmetterà sull’economia reale? Formiche.net lo ha chiesto a François Raynaud, Fund Manager – Asset Allocation e Sovereign Debt di Edmond de Rotschild Asset Management. La banca centrale sta ripartendo gli acquisti non secondo i bisogni dei Paesi membri dell’eurozona ma in proporzione alle quote che essi hanno presso la Bce. La Germania, con una quota del 17,99% del capitale versato, potrà avere 14,4 miliardi di euro al mese in cambio dei suoi Bund; la Francia, con il 14,7%, potrà raggiungere gli 11,2 miliardi; l’Italia, con una quota del 12,31, arriverà a 10 miliardi. La Grecia, ad esempio, con il 2,03%, potrà scambiare titoli per 1,6 miliardi. Le disuguaglianze sembrerebbero destinate ad aumentare: ma è davvero così? “Anche se il concetto che sta alla base del meccanismo non è l’ideale per ridurre le ineguaglianze all’interno dell’Eurozona, lo farà e lo sta già facendo – dice Raynaud – Certo sarebbe più efficiente un meccanismo che privilegiasse i paesi più indebitati al fine di ridurre i loro rendimenti e quindi le differenze tra i paesi della zona euro e di conseguenza tra imprese di diverse nazionalità che operano all’interno di un mercato unico. Nonostante questo, la misura ha già permesso di ridurre gli spread tra i debiti. Acquistando debiti, la Bce sta soprattutto dando fiducia alla zona euro e tecnicamente sta iniettando liquidità e invitando gli investitori ad adottare strategie più rischiose. La fiducia e l’attitudine al rischio dovrebbero sostenere crescita e inflazione che è poi l’obiettivo ultimo da non dimenticare della Bce”.
BANCHE PIENE DI BUND E BTP
Intanto le banche si sono riempite di titoli di Stato. Ora ne potranno cedere in maggiore quantità alla Bce, ottenendo in cambio liquidità: cosa accadrà? La nuova liquidità delle banche continuerà a essere usata per acquistare nuove emissioni o servirà a dare più credito a famiglie e imprese? “Per entrambe le cose – continua Raynaud – La Bce sta incoraggiando atteggiamenti rischiosi verso investimenti che sostengono il rinnovo del debito governativo in scadenza, investimenti su mercati più rischiosi, come azioni e obbligazioni ad alto rendimento, e credito. Un miglioramento del credito concesso a famiglie e imprese è già stato registrato con la prima serie di misure della Bce. Questa tendenza dovrebbe essere rafforzata con le nuove misure e in particolare con gli acquisti di obbligazioni societarie e il nuovo Tltro con tassi potenzialmente negativi. Tuttavia, l’impatto potrebbe continuare a essere limitato dalla nuova regolamentazione bancaria che incoraggia ad avere coefficienti patrimoniali più forti e limita così l’assunzione di rischi per le banche”.
LA BCE FA CONCORRENZA ALLE AGENZIE DI RATING?
La Bce acquisterà anche titoli societari, ma non è una novità secondo l’esperto: “La Bce ha già comprato titoli di aziende private attraverso il programma di acquisto dei covered bond e così anche altre banche centrali”. Non c’è dunque il rischio di un istituto sempre più influente sulla microfinanza e quasi concorrente delle agenzie di rating. “Agenzie che peraltro hanno visto la loro influenza calare dopo aver mostrato i loro limiti durante la crisi: oggi, i rating interni sono più importanti di quelli delle agenzie. Poi la Bce senza dubbio farà le sue valutazioni interni ma non penso che i suoi pareri diventeranno pubblici, penso piuttosto che la BCE dia delle linee guida con l’obiettivo di non alterare troppo in profondità il mercato”.
TITOLI DI STATO IN PANCIA ALLA BCE FINO A SCADENZA
Ma è innegabile che in pancia alla banca centrale finirà una massa ingente di titoli di Stato, ovvero di debito pubblico. E cosa ne farà? “Potrebbe tenerne una parte consistente fino alla scadenza, come si è fatto negli Stati Uniti o in Giappone – continua Raynaud – La creazione di un Eurobond dipende dalle decisioni politiche non dalla Bce: un embrione di Eurobond può essere già visto nelle questioni legate all’Efsf, in cui è stata formalizzata la solidarietà dei Paesi quando è necessario finanziare prestiti ai membri in difficoltà. Completare l’unificazione del debito sarebbe il vero cemento per la zona euro e una politica economica europea unica implicherebbe una reale convergenza che differirebbe da una quantità di interessi in concorrenza”. Ma un eventuale eurobond creato dall’impacchettamento dei titoli di Stato dei diversi Paesi comprati dalla Bce sarebbe più appetibili dei debiti nazionali.
IPOTESI EUROBOND: MENO LIQUIDITà PER LE BANCHE
Il rischio è che alla fine la Bce attirerebbe di nuovo il denaro dei risparmiatori che altrimenti si sarebbe, almeno in parte, depositato nelle banche, aumentando la loro capacità di concedere crediti. “Questa questione è più legata a come una banca centrale può uscire una politica di qe – conclude Raynaud – che alla creazione di un eurobond che non può essere una decisione della Bce. L’uscita da una politica di QE è un problema molto a lungo termine, come si può evincere guardando la Fed che mantiene ancora un enorme portafoglio di obbligazioni, nonostante un contesto economico migliore. Pensiamo che l’uscita sarà un processo molto graduale, calibrato sulla via dei rimborsi e del miglioramento delle prospettive economiche, al fine di consentire ai flussi provenienti dai diversi investitori di tornare sui mercati sovrani e corporate senza grossi intoppi e senza interferire nel ruolo delle banche nella concessione del credito. La creazione di un eurobond potrebbe accadere in modo indipendente e prima di ciò! L’Eurobond in sé ridurrebbe i differenziali tra i rendimenti pagati nei paesi della zona euro dai governi, ma anche da parte delle banche, consentendo alle banche nei paesi periferici di concedere un credito a condizioni migliori e quindi di concederne di più”.