Domenica i cittadini milanesi sceglieranno chi, tra Parisi e Sala, amministrerà Milano nei prossimi cinque anni. Al di là del risultato elettorale, il testa a testa del primo turno tra i due candidati ha rivelato come la “corsa” elettorale sia stata assolutamente non scontata, a partire dalla sorprendente rimonta di Stefano Parisi. Ecco a voi una stimolante chiaccherata avuta con lui, ormai in dirittura d’arrivo.
Buongiorno Dott. Parisi lei è un maratoneta e una campagna elettorale è di fatto come una maratona, soprattutto per una città come Milano, richiede cioè una grande resistenza, fisica e psicologica. Cosa ha imparato in questi mesi da tutti i dialoghi e i dibattiti avuti con i cittadini incontrati, dal centro alle periferie, che le potrà essere utile in caso di un suo mandato?
Tutto, è stata una campagna elettorale straordinaria. L’energia ci deriva proprio dalla gente, da tutti i contatti avuti e dall’entusiasmo respirato giorno dopo giorno. Abbiamo anche ricostruito una piattaforma di governo liberale, partendo dal contributo arrivo delle persone, cariche di idee e proposte. Inoltre Milano è una città ricca di associazioni e di gruppi di rappresentanza, indubbiamente un valore aggiunto essendo un humus formidabile, ricco di iniziative.
L’amministrazione Pisapia sembra uscire sconfitta dal primo turno, nonostante i 5mila voti di vantaggio di Sala, le periferie hanno infatti dimostrato un’ inversione di tendenza rispetto le precedenti amministrative, con 5 zone riconquistate ed un centrodestra vincente con quella parte di elettorato che chiede di essere ascoltato. Sembra che la parola “libertà” non abbia la stessa declinazione per tutti, e che si confonda la paura, legittima e purtroppo motivata, con la parola razzismo. Possibile uscire da questa impasse e ridare un valore imparziale alla parola “tutela”?
Nelle periferie c’è un grande malessere e disagio sociale, che richiede massima attenzione. Sicuramente in queste zone c’era un’aspettativa alta verso Pisapia, che è stata disattesa. Le persone si sono sentite abbandonate sotto molti punti di vista, dalla sicurezza al decoro urbano, ai trasporti, con molte aree ad essere addirittura scollegate. Esiste anche un fenomeno di povertà allarmante, in continua crescita. Stando ai dati riferitemi da Pane quotidiano, uno dei più importanti centri di volontariato laico che distribuisce viveri alle persone in difficoltà, la fascia di popolazione che, a Milano, accede a questo servizio è aumentata del 25% all’anno nell’ultimo quinquennio. Numeri preoccupanti, che evidenziano come la crisi abbia influito pesantemente anche qui, creando nuovi poveri: cinque anni fa ad usufruire del servizio erano per il 70% immigrati, ora invece per il 60% sono italiani. Fa riflettere questo cambiamento, in quanto è accaduto qualcosa che il centrosinistra non ha compreso. Pertanto, il consenso ricevuto dal centrodestra rappresenta questa attesa sinora inascoltata.
La percentuale dei votanti è passata da un 67,56% del 2011 all’attuale 54,65%, dati che per lei rivelano una disaffezione al voto o hanno una differente chiave di lettura?
La percentuale relativa alle scorse amministrative si riferisce a votazioni effettuate nel mese di maggio, nell’arco di due giorni, domenica e lunedì. Le attuali percentuali, invece, riguardano un turno di voto svolto in un’unica data, una domenica di giugno che era anche un ponte. Non parlerei quindi di un fattore sociale ma di vera e propria scelta politica del governo, certamente non per facilitare la partecipazione al voto.
La sua rimonta su Sala, dato all’inizio per vincente, può essere un segnale di quanto Milano possa incidere ed essere una sorta di avanguardia in un processo di vera ricostruzione del centrodestra anche a livello nazionale?
Sicuramente Milano è un punto cardine in questa direzione, anche perché il centrodestra ha in questa città un po’ la sua terra d’origine. La nostra piattaforma non riguarda però solamente il centrodestra in senso stretto, essendo una piattaforma liberale-democratica che ne oltrepassa i confini e lo schema. Il nostro piano di governo è liberale, ha un connotato profondamente riformista, che trova a Milano una grande tradizione. Innanzitutto, stiamo tentando di ricostruire anche i fondamentali culturali di questa piattaforma liberale. Se questo processo dovesse essere vincente, non solo da un punto di vista elettorale ma di buon governo della città, ne deriverebbe un ottimo esempio per le città del resto d’Italia.
Alleanze, molti esprimono apprezzamenti più alla sua persona che alla coalizione che la sostiene. Cosa si sente di dire ad un elettore che si trova in conflitto con la scelta di un candidato in contrapposizione con il proprio pensiero politico?
La coalizione di centrodestra ha avuto una crisi profonda negli ultimi sette anni, dovuta a varie vicende di immagine, leadership, di governo. A Milano stiamo cercando, come dicevo, di ricostruire. Tuttavia, uno deve ricostruire dalle basi esistenti. In questa campagna elettorale stiamo verificando come si riesca, tra le varie parti, a lavorare molto bene, superando un’immagine di contrapposizione presente a livello nazionale. Ciò ci conferma ulteriormente la validità del lavoro che stiamo facendo.
Semplificazione e digitalizzazione, serve una grande rivoluzione nell’apparato burocratico che metta al primo posto finalmente una trasparenza sinora difficile da attuare. In tema di trasparenza mi permetto inoltre di sottolineare come Expo, da fiore all’occhiello si sia sempre più trasformata in una bomba ad orologeria difficile da gestire proprio per una mancanza di trasparenza su dati e bilancio. Amministrare Milano vuol dire gestire non 800 milioni ma 5 miliardi di euro, quanto è fondamentale l’attuazione di questo processo?
È assolutamente basilare, al di là di Expo e di tutto quanto si è detto a questo proposito. C’è un’istanza, in questo senso, proprio da un punto di vista politico. La trasparenza è qualcosa di profondamente differente dal pubblicare il bilancio sul sito, piuttosto che gli atti del Comune. La trasparenza passa innanzitutto da una trasformazione digitale, che renda tracciabili tutte le pratiche attualmente in formato cartaceo. Inoltre, si devono avere strumenti gestionali moderni, che rendano comprensibile la contabilità finanziaria. Quanti comprendono il bilancio finanziario del Comune? Noi metteremo online la contabilità economica, il budget, il bilancio consuntivo e non solo quello preventivo, le decisioni e i processi decisionali, non attraverso il politichese di una incomprensibile delibera comunale ma spiegando in modo chiaro e leggibile cosa stiamo facendo e quale decisione stiamo prendendo. La trasparenza non richiede atti d’immagine ma necessita di un lavoro di sostanza, proprio nel processo decisionale e contabile dell’amministrazione comunale.
Gabriele Albertini ha dato molto a questa città, soprattutto in campo urbanistico. Lei si sente di sposare e continuare sulla linea di una costruzione in verticale di Milano?
Noi abbiamo un nuovo piano regolatore per il territorio di Milano che segue proprio quella logica di rigenerare urbanisticamente la città, in un’ottica di rispetto ambientale. I grattacieli costruiti grazie alla giunta Albertini sono tutti in categoria energetica A e hanno ridotto notevolmente l’impatto del traffico, razionalizzando enormemente gli spostamenti, che avvengono in verticale attraverso l’utilizzo degli ascensori e non più delle automobili. Questa è una strada giusta, poiché tutte le aree dismesse di Milano che vanno rigenerate sono una grande opportunità per il verde, a cominciare dallo scalo Farini.
Lei che idea si è fatto di Milano come città capace in grado di attrarre i giovani, dato che all’interno della città metropolitana c’è la più alta percentuale di start up, con una grande frenesia di fare ed intraprendere. Come vuole promuovere i giovani, incentivandoli a costruire?
Intanto generando sviluppo, i giovani vanno dove ci sono opportunità. Vanno quindi accolti meglio quando scelgono Milano come luogo in cui studiare, essendoci università straordinarie, creando strutture in grado di ospitarli, a partire dagli alloggi. Sul tema start up, si deve cambiare marcia. Non basta assolutamente quanto fatto fino adesso, non parlo dal punto di vista normativo in quanto in Italia esistono delle norme, grazie a Passera, di qualità per promuovere queste realtà. Il punto debole è in ambito finanziario, in cui manca la capacità di fare sistema. Esistono infatti troppi incubatori sparsi sul territorio, piccoli fondi di venture capital che non costituiscono però massa critica, troppe università ognuna delle quali fa ricerca ed innovazione in modo autoreferenziale. Si deve fertilizzare tutto ciò che accade, uscire cioè dal guscio egoistico delle istituzioni per generare valore. Gli effetti della ricerca devono generare valore, invece la maggior parte delle nostre start up non sono di innovazione tecnologica ma di marketing. Si deve invece concentrare l’iniziativa finanziaria in ambito urbanistico, per ospitare e incentrare su Milano le innovazioni tecnologiche capaci di portare valore stabile nel tempo. E il recupero dell’area Expo deve seguire esattamente questa direzione.
Le ha portato bene recarsi alle urne in tenuta da ciclista, allo sprint finale come si presenterà?
Se il tempo tiene, mi farebbe piacere fare un’altra pedalata. Se piove andrò sicuramente a correre.