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Come e perché Isis ha messo il cappello sulla strage di Orlando

Sin da quando si è appresa l’identità del killer di Orlando – che ha “firmato” la strage più grave della storia americana dopo l’11 settembre –, si sono susseguite teorie sulla natura della personalità e sul movente che avrebbe spinto Omar Saddiqui Mateen a compiere l’atto. «Militante jihadista o squilibrato omofobo?», si interrogavano insistentemente media e opinione pubblica mentre cercavano di ricostruire i fatti.

CHE PESO HA AVUTO IL CALIFFATO NELLA STRAGE DI ORLANDO?

Ma con il passare delle ore, complice la rivendicazione di Is, che poco dopo la carneficina ha diffuso un messaggio in cui identificava il killer come «un combattente dello Stato islamico», è venuto spontaneo chiedersi se l’assassino abbia agito in veste di esecutore degli ordini del Califfato o se, spinto da un atto personale di odio, fosse alla ricerca di visibilità e approvazione da parte dei fondamentalisti islamici.

LA NUOVA TATTICA DELLO STATO ISLAMICO

«Per i pianificatori del terrore dello Stato Islamico, la differenza è in gran parte irrilevante», scrive Rukmini Callimachi dalle colonne del New York Times. Spingere aggressori lontani a giurare fedeltà allo Stato Islamico e quindi a eseguire omicidi di massa è diventata, nel corso degli ultimi due anni, una parte fondamentale della propaganda e della strategia del gruppo terroristico. «Si tratta di un offuscamento propositivo della linea di demarcazione che separa le operazioni che vengono programmate ed effettuate dai miliziani del gruppo terroristico da quelle svolte dai suoi simpatizzanti», spiega il Nyt.

IL PEGNO DI FEDELTÀ A IS

Prima di compiere la strage e Omar Mateen aveva telefonato al 911 dicendo all’operatore di voler giurare fedeltà al leader dell’Is, Abu Bakr al-Baghdadi. Questo impegno rappresenta una parte centrale del protocollo Isis. «La carneficina di Orlando è, di fatto, il terzo pegno di fedeltà invocato negli Stati Uniti», spiega Callimachi.

Nel mese di dicembre, infatti, Syed Rizwan Farook e Tashfeen Malik, prima uscire di casa armati di fucili d’assalto per compiere quella che sarà ricordata dalle cronache come la strage di San Bernardino, hanno fatto in modo di inviare il loro giuramento di fedeltà su Facebook in tempo utile. Andando a ritroso di qualche mese, più precisamente a maggio 2015, Elton Simpson, pochi minuti prima di aprire il fuoco ad una fiera dove si svolgeva una gara di fumetti su Maometto in Texas, aveva inviato una serie di messaggi su Twitter rendendo chiare le sue “alleanze”.

«Questo giuramento pubblico – spiega il Nyt – è l’unico requisito che lo Stato Islamico impone ai seguaci che desiderano effettuare atti di terrore in suo nome». In un recente discorso annuale, il portavoce del gruppo terroristico, Abu Muhammad al-Adnani, ha incitato i suoi sostenitori a compiere omicidi all’estero durante il mese sacro del Ramadan. «Nessun attacco è troppo piccolo» spiegava, facendo riferimento in particolare agli Stati Uniti come bersaglio. «L’azione più piccola che potete compiere nel cuore della loro terra è molto più preziosa di una grande azione compiuta da noi, poiché è più efficace per noi e più dannosa per loro», aveva spiegato.

IL RUOLO CARDINE DI AL-ADNANI

Del resto Al-Adnani è il personaggio cardine nell’apparato dello Stato Islamico. E sin dalla metà del 2011,  quando l’organizzazione si è dotata di canali di comunicazione ufficiali. È stato lui tra i primi a giurare fedeltà ad al-Zarqawi, il jihadista giordano a capo di al-Qaeda in Iraq, il gruppo da cui sarebbe poi originato Is. Ed è sempre lui la voce del gruppo, l’uomo che mobilita, invoca attentati, suggerisce la rotta da seguire.

Alcuni analisti, pensano addirittura che la crescita degli attentati contro l’Occidente sia imputabile proprio a lui e, in particolare, ad un discorso pronunciato il 22 settembre 2014, che recitava così: «Potete uccidere un miscredente americano o europeo – specialmente il perfido e schifoso francese – o un australiano, o un canadese, o qualunque altro miscredente che sia tra i Paesi che hanno dichiarato guerra, inclusi i cittadini dei Paesi che sono entrati in una coalizione contro lo Stato islamico, potete ucciderlo, affidandovi ad Allah, e ucciderlo in qualunque modo. Non chiedete consigli e non cercate il giudizio di nessuno. Uccidete il miscredente che sia civile o militare, perché loro si comportano allo stesso modo».

LA MACCHINA DI INCITAMENTO AL TERRORE E ALL’ODIO

Da quel momento Al-Adnani ha chiarito che chiunque può – anzi dovrebbe – svolgere atti di terrore in nome di Is e il gruppo ha iniziato, quindi, a costruire un’enorme macchina di incitamento al terrore, inondando internet con propaganda cruenta, e impiegando un esercito di jihadisti a diffondere messaggi di odio su Twitter, Facebook e gli altri social media.

Nel caso della strage di Orlando, c’è stata un risonanza molto forte tra la propaganda dello Stato Islamico e il bersaglio del killer. In moltissime occasioni il gruppo jihadista ha reso pubblico il suo odio nei confronti degli omosessuali, anche diffondendo immagini e video di combattenti che uccidevano persone sospettate di essere gay, buttandole giù da edifici alti.

UN SISTEMA CHE CREA SCOMPIGLIO ALL’ESTERNO E PROTEGGE L’ORGANIZZAZIONE ALL’INTERNO

La propaganda “a distanza” ha effetti anche in un secondo momento. Una volta arrestati o uccisi i responsabili di azioni come quella del Pulse, le forze dell’ordine hanno difficoltà a ricostruire i pezzi. Il fatto stesso che spesso non ci sia un legame diretto con il nucleo di Is, non fa altro che proteggere l’organizzazione terroristica.

«Quello che ha fatto lo Stato Islamico è molto intelligente. Hanno creato i presupposti per cui qualcuno può effettuare un attacco senza alcun collegamento diretto con l’organizzazione», spiega ai microfoni del Nyt Charlie Winter, senior research associate alla Georgia State University’s Transcultural Conflict and Violence Initiative. «Chiunque può giurare fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdadi. E chi lo fa passa in un batter d’occhio da essere un semplice jihadista “in erba” a qualcuno che può essere idolatrato come un soldato dello Stato islamico e considerato come un guerriero».

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