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La scuola italiana porta danni gravissimi alla Repubblica

La Repubblica Italiana ha 70 anni. Una bella signora avrebbe qualche spasmo di malinconia, prendendo atto dei segni dell’età… La nostra Repubblica, invece,dovrebbe incrementare – ad ogni anno che passa – la fiducia e la positività… Dovrebbe. Oggettivamente, non siamo più la Repubblica emersa – peraltro senza una schiacciante maggioranza: è storia! – dalle macerie di una guerra devastante. Se fosse il contrario, sarebbe tragico. Ma proprio perché abbiamo 70 anni di democrazia europea nel curriculum, dobbiamo riflettere sui punti di forza e di debolezza che ci caratterizzano.

Indubbiamente la Carta costituzionale italiana è tra le più avanzate al mondo, “la più bella del mondo” direbbe Benigni: sicuramente merito dell’intelligenza e della cultura dei Padri costituenti. Ma uno sguardo disincantato, oltre che appassionato, su questi 70 anni di storia repubblicana ci dice che a) i progressi autentici sono stati solo superficiali e non radicati; b) le criticità della Storia italiana, incancrenite in una mentalità attenta solo al “particulare” non sono state affrontate né tantomeno risolte.

Il Ventennio, e ancor prima gli anni problematici seguiti all’Unità, aggravati dalle vicende della Prima Guerra Mondiale, hanno lasciato ferite profonde non sanate nel Corpo della nostra Repubblica. Basti vedere la situazione di Roma, che simbolicamente ed effettivamente sta esplodendo per gli errori, l’incuria, le deviazioni, i ladrocini perpetuati per anni, ancor prima del 2 giugno 1946. Come a Roma, le stesse ferite si riscontrano a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale. Gli eventi della Storia, comprese le criticità ambientali sempre più gravi (chi scrive ha un occhio al testo e l’altro all’allerta del Seveso in un plumbeo e minaccioso pomeriggio di fine maggio), vanno affrontate con le stesse caratteristiche di integrità e pienezza culturale e morale che hanno consentito il varo della Costituzione Repubblicana. I catastrofismi non servono, ma avere gli occhi aperti sì. A che punto è l’asticella della cultura sana, della formazione, della consapevolezza, nei giovani italiani, e di conseguenza nei loro maestri? Chi verifica che la Scuola sia Buona, non solo nelle rare eccellenze di qualche zona cittadina, ma globalmente sul territorio? Le mostruosità dovrebbero essere l’eccezione, non la norma.

Quando il presidente Renzi esalta le glorie artistiche dell’Italia, comprese le testimonianze del mondo classico greco e romano, potrebbe anche interpellare le guide di Pompei e di Paestum: a volte scenario devastante della massa di scolaresche che – completamente impreparate, disinteressate, demotivate – vengono condotte agli scavi o nella Piana come pecore al pascolo. Lo scenario più preoccupante è dato dalla maggioranza dei docenti accompagnatori: obtorto collo, molto obtorto, ci sono. Livelli di attenzione, cura delle classi, consapevolezza del ruolo a tratti molto opinabili. Non lo dicono gli Ispettori ministeriali, lo affermano professionisti che lavorano con serietà, selezionati, tra l’altro molto soddisfatti, anche nei grandi musei, delle nuove Direzioni ad altissimo livello culturale che si sono insediate quest’anno.

La Buona Scuola difficilmente sarà valutata finché resta auto-referenziale: la valuti il Ministero con un questionario rivolto anche agli hotel, ai camerieri dei ristoranti, alle guide turistiche, agli autisti dei pullman, ai guardiani dei parchi e dei musei. Il livello attuale della scuola italiana porta e porterà danni gravissimi alla Repubblica. Anzitutto economici: non per molto lo Stato potrà spendere 8000 euro all’anno per alunno, visti anche i bei risultati in formazione e cultura che ci vedono agli ultimi posti Ocse-Pisa e in Europa. Occorre pensare seriamente ad applicare il “costo standard di sostenibilità per allievo”, che consenta alla Famiglia di scegliere la buona scuola pubblica per il proprio figlio come avviene in tutta Europa. Prima che sia troppo tardi, perché potrebbe avvenire che la Famiglia italiana, a dispetto della libertà di scelta educativa garantitale dalla Costituzione, si abitui – come è adesso – a vivere come colui che, essendo incapace di intendere e di volere, non può scegliere (Art. 30 c. 2 Cost. Italiana). Oggi, nonostante il dettato costituzionale, la Famiglia italiana non può scegliere in ambito formativo ed educativo la scuola che desidera per il proprio figlio. Il modello è unico, quello statale: “la parità è arrivata prima a Mosca che a Roma”.

Senza concorrenza tra scuole, senza l’idea che il docente possa essere valutato ed esautorato se necessario, senza la giusta scelta della famiglia tra scuole gestite dallo Stato e Scuole accreditate per Legge (questione risolta da anni in Europa) il livello culturale e formativo del popolo italiano sarà sempre più basso e la vita della giovane Repubblica sempre più orientata a tradire la “Democrazia” e il 2 Giugno.


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