Il sole picchia, la Brexit comincia evidentemente ad annoiare ed ecco allora titoloni estivi per palati non troppo esigenti: “Tempi duri per gli assenteisti della pubblica amministrazione”, titolano l’Ansa e alcuni quotidiani; “Ferie e permessi, è finita la pacchia”, strillano altri. No, fermi: non si tratta della famosa guerra ai furbetti del cartellino, ma una raccolta di pareri dell’ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle pubbliche amministrazioni), che svolge ogni attività relativa alla negoziazione e definizione dei contratti collettivi del personale dei vari comparti del pubblico impiego, ivi compresa l’interpretazione autentica delle clausole contrattuali e la disciplina delle relazioni sindacali nelle amministrazioni pubbliche.
Nessuna scure (sic!) del Governo su fannulloni e assenteisti, quindi. E su cosa avrà mai tuonato l’ARAN per combattere questa imponente ondata di assenteismo nella PA? Andiamo sul sito dell’Agenzia e troviamo che nell’ambito dell’attività di supporto alle pubbliche amministrazioni rappresentate, l’Aran ha predisposto alcune raccolte sistematiche degli orientamenti applicativi in materia di assenze per malattia, infortuni sul lavoro, causa di servizio e ferie, che riportano in forma organica le indicazioni fornite negli ultimi anni e che non modificano le prassi applicative riguardanti in particolare ferie e malattie. Allora: per comodità dei datori di lavoro pubblici e dei dipendenti, l’Agenzia ha raccolto in un’unica sezione quel che dice da anni, a mo’ di utile vademecum. E dove ritroviamo i “tempi duri per gli assenteisti” della PA? Mistero.
Abbondano le rivelazioni sulle modalità di utilizzo delle ferie, che non sono monetizzabili (ma va’?) e sulla regolazione delle assenze per malattia, molto dettagliata. La solita burocrazia? Forse, ma necessaria per garantire eguale trattamento per eguali situazioni ed evitare possibili disparità nella gestione degli affari generali, su cui si regge qualsiasi struttura complessa. Il vero scoop che ha guadagnato le pagine dei quotidiani? Se l’amministrazione ne ha necessità, può richiamare il dipendente in villeggiatura, anche se deve rimborsargli il viaggio. “Clamoroso al Cibali!”, esclamerebbe un indimenticato Sandro Ciotti. Peccato che, anche in questo caso, sia roba vecchia. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole – rectius, il solleone – e tanto rumore per nulla. Allora tutto va bene, Madama la Marchesa? No: abusi, disattenzioni e sciatterie nella gestione del personale possono accadere ed accadono, fors’anche per mancata conoscenza dei dettagli di una selva di norme, prassi e orientamenti che possano variare da amministrazione e amministrazione o da comparto a comparto. La ricerca del titolo ad effetto, tuttavia, mi pare risponda al più classico dei riflessi pavloviani quando si parla di dipendenti pubblici. Ce lo siamo meritato, con tutta probabilità, ma non fino al punto di piazzar bufale un tanto al chilo. Una riflessione, però, val la pena di condividerla: come più volte traspare dalla raccolta dell’ARAN, la corretta ed efficace gestione quotidiana di un ufficio è la prima responsabilità di un dirigente pubblico, che ha il difficilissimo compito di far lavorare bene la sua squadra e di oliare gli ingranaggi. Non il dirigente-casellante su cui quotidiani e pubblica opinione si sono tanto scaldati come rimedio contro i rubagalline che timbrano e se ne vanno a passeggio, ma chi sia – messo – in grado di prendere in carico persone, risorse finanziare, norme e prassi e tirarne fuori un’organizzazione che punti al risultato assegnato. È questa la vera sfida per una PA che funzioni. Quando ne parliamo?