“Diceva il poeta portoghese Pessoa che in un momento di sbandamento rifugiarsi nelle proprie radici è la salvezza, sempre”. Così la cantante romana Tosca, prima di eseguire alcuni suoi brani musicali, ha inaugurato la serata di anteprima del Meeting 2016 di Comunione e liberazione giunto quest’anno alla trentasettesima edizione, che si è svolta ieri all’interno del Chiostro del Bramante a Roma. Quest’anno il meeting di Rimini verrà inaugurato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e il titolo sarà “tu sei un bene per me”. Il tema principale è quindi l’altro, il diverso, l’inaspettato, “in riferimento ad ogni momento della giornata”, come sottolinea la presentatrice della serata e presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia dei popoli Emilia Guarnieri, ma che riconduce anche a temi più scottanti, come per esempio la gestione dei flussi migratori. La cui opinione diffusa, ribadita dalla presentatrice, è che “per l’immigrazione non basta il buonismo”.
LE PAROLE DI VIOLANTE
Alla serata di presentazione hanno partecipato, oltre alla cantante Tosca, anche l’ex presidente della Camera Luciano Violante, che al meeting curerà una mostra sulla Repubblica italiana, e Mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, che ha parlato del tema dei migranti, di cui anch’egli si occuperà nel corso del festival di Agosto a Rimini. “Bisogna innanzitutto cercare di capire cosa vuol dire repubblica, che cioè si oppone a res privata” ha detto Violante: “In Italia abbiamo inventato la repubblica come forma di governo . E nel ’46 prima si è votato per la repubblica e poi per la Costituzione”. Questo significa perciò “che la Costituzione nasce dalla Repubblica”. Il tema di fondo quindi, che verrà sviluppato nel Meeting, è “l’altro con il quale ci si incontra e a volta ci si scontra”, ma che ci dice anche che “un paese civile non ha cittadini di serie a e di serie b”.
IL RIFERIMENTO AL VOTO DEL ’46 “NON UNITARIO”
Entrando più nel dettaglio, Violante non fa riferimenti diretti: “Quando parliamo del genio della Repubblica parliamo anche del genio del popolo italiano, e io penso che nei momenti difficili occorre tenere insieme società e politica”. Ma prosegue dicendo che “il voto sulla repubblica non fu unitario. Nel ’46 per la prima volta nella sua storia il popolo italiano scelse e decise, e anche le donne parteciparono”. Oltre a ciò, “la parte più sola del popolo ha bisogno di qualcuno che la organizzi, che gli dia un progetto di futuro, non solo attraverso le dichiarazioni, ma mettendosi al lavoro. Bisogna pensare infatti ai soggetti che per povertà, difficoltà e solitudine, si sono progressivamente emarginati”.
MONSIGNOR TOMASI E LE INCOGNITE SULLE MIGRAZIONI
Ha detto Monsignor Tomasi: “Le masse dei nuovi arrivi ci obbligano a guardare in faccia queste persone e capire perché si muovono” ha detto il monsignore. “E lo fanno perché non hanno alternativa”. La prima sfida è pertanto “capire le ragioni del loro movimento forzato, e in seguito chiederci cosa facciamo con loro, quale tipo di società vogliamo costruire e quale tipo di futuro. Le migrazioni, forzate come per i rifugiati, i richiedenti asilo, quelli che scappano a causa dei cambiamenti climatici o perché muoiono di fame, ci pongono infatti il problema di quale futuro possiamo costruire. È una sfida estremamente importante, perché questi movimenti hanno la capacità di trasformare le società”. La chiave sta in conclusione “nel gestirli”.
IL DONO DELL’ALTRO E IL BISOGNO DI RISOLVERE I PROBLEMI ALLA RADICE
“Se noi pensiamo che l’altro, il tu, è un bene, e se gli diamo fiducia per costruire assieme, allora vediamo un’opportunità”, ha proseguito Mons. Tomasi: “Altrimenti la paura non ci aiuta né a creare una linea politica coerente e neppure a stabilire relazioni umane positive per tutti”. La domanda che inevitabilmente ci si pone è cosa andrebbe fatto nell’immediato per risolvere il problema: “La prima cosa è non aver paura, che è cattiva consigliera” risponde il monsignore. “Bisogna interpretare questi fenomeni come se fossero una grande novità, e non una invasione che viene a distruggere la nostra identità”. Il secondo passo, nell’affrontare politicamente il problema dell’integrazione, è “non lamentarci troppo della destabilizzazione di alcuni Paesi. Dobbiamo piuttosto andare alla radice”. Prosegue perciò Tomasi: “Non si può pensare che l’80 per cento delle risorse umanitarie sono usate per rispondere alle vittime di conflitti creati da scelte politiche. Dobbiamo creare una unità nuova e politica che guardi alla realtà in maniera coerente. Non possiamo investire mille e settecento miliardi in armi, e lamentarci che i conflitti si moltiplichino e creino un flusso enorme di rifugiati e richiedenti asilo”. Quindi, “discutendo e trattando questo tema complesso, difficile, emotivo, che provoca emozioni forti, dell’arrivo di richiedenti asilo e immigrati, dobbiamo avere il coraggio e l’onestà di affrontare il problema nelle sue vere radici”.