Federica Mogherini, Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, doveva incontrare il segretario di Stato americano John Kerry nel suo passaggio a Roma, nella giornata di domenica 26 giugno. Invece Kerry ha deciso di cambiare agenda e di incontrare Mogherini a Bruxelles lunedì 27 giugno, prima di andare a Londra per scambiare due opinioni con il capo del Foreign Office, Philip Hammond. Vedere la Mogherini a Bruxelles cambia il significato dell’incontro perché a poche decine di metri di distanza si trovano il neo-capo negoziatore per la Brexit, il belga Didier Seeuws, e gli uffici per l’azione esterna, ivi compreso il nuovo prossimo segretario generale, Helga Schmitt.
Federica Mogherini continua a svolgere un lavoro con viaggi (da maggio a oggi, a Washington, Vienna, Messico, Colombia, Arabia Saudita, Bratislava, Varsavia, di nuovo Washington, poi Ottawa, Oslo), oltre agli incontri a ripetizione, della Commissione e degli organi che presiede o a cui partecipa, in particolare quelli militari. Tra l’altro, il 24 giugno ha firmato con Mikheil Janelidze, ministro degli esteri della Georgia (dove l’UE ha una missione di monitoraggio su Abkhazia e Ossezia del sud) un accordo sullo scambio di informazioni in materia di sicurezza. Niente spazio per altri, se non per l’intendenza: e infatti Alain Le Roy, ambasciatore in Italia dal 2011 al 2014 e in poi segretario generale al servizio per l’azione esterna (EEAS) dal 1° marzo 2015, ha lasciato l’incarico il 15 giugno pare proprio perché stufo di fare gestione interna. Sarà appunto sostituito dall’attuale vice segretario, la tedesca Helga Schmitt, dal 1° settembre.
Incaricata un anno fa dal Consiglio europeo di elaborare una Strategia globale di politica estera e di sicurezza per l’Unione, Mogherini in piena post-Brexit può ricorrere a un documento che riguarda il futuro dell’Unione su uno dei punti caldi su cui i ministri degli esteri dei sei Paesi fondatori, riuniti sabato 25 giugno a Berlino, hanno detto che si deve approfondire l’integrazione. Lo presenterà al Consiglio europeo del 28 giugno.
Nell’intervista al Corriere della Sera di domenica 26 giugno, oltre alla posizione ufficiale e generale sulla Brexit (art.50 subito, peccato perché lavoravamo bene insieme ai britannici) Mogherini ha dato qualche idea al riguardo. Sembrerebbe un ruolo di servizio: mentre “rafforziamo il rapporto con la Nato”, sviluppiamo “competenze europee nella tecnologia e nell’industria”, riservando alla ricerca almeno “il 20% delle spese di difesa di ogni Paese”. Nelle premesse alla Strategia globale, invece, si trova un richiamo esplicito all’autonomia strategica dell’Unione in politica estera, sia pur attenuato dalla necessità di attuarla in un contesto multilaterale e con la Nato. Siamo dunque ancora a un quadro in via di definizione.
Per questo, nella discussione sulla Brexit, bisognerà accendere un grosso faro sul ruolo che l’Unione europea senza il Regno Unito intende svolgere in politica estera e di sicurezza. Il 18 giugno, il ministro tedesco degli affari esteri, Franz-Walker Steinmeier, aveva infatti criticato le manovre militari di simulazione di un attacco alla Polonia, parlando di “bellicismo” (warmongering). Proprio mentre la Nato sta vivendo un periodo di ripresa strategica e tecnica, la pressione continua a essere forte a sud (Siria, Mediterraneo, migrazioni), a est (come minimo, Crimea, Donbass e sconfinamenti sui baltici) e all’interno (ruolo nella campagna anti-UE dei partiti finanziati sostenuti o almeno apprezzati da Putin, varie voci sulla riduzione delle sanzioni, compresa quella di Renzi). Bisogna dunque capire quale sarà la posizione della nuova Unione nel dopo Brexit, e quale sarà il grado di convergenza atlantica.
Per intanto, lunedì 27 giugno, dopo aver visto Kerry, Mogherini incontrerà anche il Presidente ucraino Petro Poroshenko, invitato a cena con i capi di stato e di governo a Bruxelles.