Inutile agitarsi e inveire scompostamente. Dopo i ballottaggi, per tutti, è arrivato il momento di dover fare i conti con il M5S per il peso e la presenza forte a Roma e Torino con Virginia Raggi e Chiara Appendino. Non solo, ma quel che poteva essere alla portata, la conferma del centro-sinistra a Milano, dopo la buona prova di Pisapia, non è più agevole per il peso e per il prestigio del candidato sindaco del centro-destra, Stefano Parisi. E’ la disamina sui ballottaggi nei 20 comuni capoluogo, tra cui spiaccano Roma, Milano e Torino, fatta pacatamente, compostamente, senza tradire l’amplomb torinese, dallo storico e docente di Storia delle Dottrine politiche, Massimo L. Salvadori, un signore 80enne, professore emerito all’Università di Torino e deputato del Pds dal 1992 al 1994. Le novità più significative di questa tornata elettorale sono, da una parte, il peso, la presenza del M5S a Roma e Torino e dall’altra le evidenti difficoltà impreviste dei candidati del Pd. A queste due, bisogna aggiungerne una terza che riguarda Milano: dopo la buona prova di Pisapia si poteva pensare che il centro-sinistra avrebbe avuto una via più agevole per l’elezione di Sala e invece così non pare, non è per il peso e il prestigio del candidato Sindaco del centro-destra, Parisi. Alla debolezza del centro-sinistra si aggiunge la presenza forte del M5S. E che sia giunta l’ora di fare i conti con il M5S lo ha ben compreso il candidato Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris che dopo il grande exploit è pronto a immergersi nel confronto con il M5S, mentre a sinistra del Pd dove c’è il vuoto si persevera nella frammentazione dell’atomo raccogliendo irrisorie percentuali a una cifra, sotto il 5%. Aggiunge Salvadori: finora il M5S, come ogni forza di opposizione, è rimasto nascosto, non si è scoperto dal suo essere movimento anti-sistema, per cui non ha ancora chiarito quale sia la sua cultura politica: ora questo passaggio dovrà farlo e allora sarà chiaro il tipo di collocazione se di destra o di sinistra: per me non v’è alcun dubbio che, come sosteneva Noberto Bobbio, destra e sinistra non sono categorie obsolete nè defunte. Lo dicono le politiche sociali che non sono mai neutre: o favoriscono i ceti sociali alti e abbienti o migliorano le condizioni di vita dei ceti sociali bassi, della povera gente. Sinore il M5S ha fatto leva sul malcontento, la rabbia e l’insoddisfazione di larghi strati sociali popolari, un voto di ribellione all’ordine costituito, che si sono rivolti per disaffezione verso i partiti tradizionali anche al non voto, all’astensionismo. Osserva lo storico: l’astensionismo da noi, rispetto agli Usa e altri paesi europei, e’ stato fisiologico con una partecipazione quindi alta: il calo della partecipazione che sta avvenendo ultimamente ha invece aspetti patologici sia per una perniciosa tendenza a negare la distinzione destra e sinistra, sia per la permanente conflittualità tra i partiti e sia infine per la mutazione, la dissoluzione, dei partiti che stanno diventando sempre più liquidi e informi. Si pensi al pullulare delle tante liste civiche per lo più marginali, funzionali solo a interessi personali o di gruppi clientelari: ecco che ad una partecipazione scadente e orientata ad altri fini, gli elettori rispondono con l’astensionismo che di fatto è patologico. Non è in discussione l’elezione diretta del Sindaco che ha funzionato: purtroppo da sola non basta, non è in grado di frenare la frammentazione e il pullulare di liste civiche, segno dell’indebolimento del sistema dei partiti tradizionali, conclude Salvadori convinto che la distinzione bobbiana tra destra e sinistra non è affatto obsoleta come erroneamente teorizzato da una certa vulgata modernista che ha coinvolto anche i vertici del Pd di Matteo Renzi. E’ tempo di incanalare il voto di ribellione in un progetto credibile di cambiamento: e questo de Magistris lo ha, a differenza della sinistra più a sinistra, ben compreso.
Non agitatevi: è con il M5S che dovete fare i conti
Di