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Cosa prevede la nuova normativa sul terzo settore

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La Camera dei Deputati, il 25 maggio 2016, ha dato il via libera definitivo alla nuova normativa – n.2617 – sul terzo settore, che introduce innovazioni molto attese nel mondo del volontariato e del non profit, dopo l’ulteriore esame del Senato avvenuto il 30 marzo 2016. E’ importante il riordino di questo settore, in quanto il bilanciamento tra tempi di vita e di lavoro per i lavoratori e le lavoratrici, spesso in un sistema sussidiario tra servizi pubblici e privati, chiama in causa questi centri di servizio per il volontariato accreditati e dunque di sostegno all’organizzazione del lavoro e delle famiglie.

Questo settore, chiamato sempre terzo, ma destinato a diventare sempre più importante, coinvolge 300 mila organizzazioni non profit, per un valore di 63 miliardi di euro, nel solo 2011, e 6,63 milioni di italiani, vero motore del terzo settore. Uno sforzo che ha colto tutte, le tante criticità che hanno impedito al terzo Settore di essere il volano sociale, ma anche economico, del nostro Paese, perché spesso ingessato in un abito stretto e burocratico. Una “carta d’identità” che aiuta a configurare e a tracciare il perimetro del terzo settore, che comporterà anche un registro unico nazionale, suddiviso in specifiche sezioni. Uno strumento il più possibile trasparente, accessibile e continuamente aggiornato. Le novità sono davvero tante, dalla riforma dei centri di servizio per il volontariato, all’introduzione di misure agevolative, volte a favorire gli investimenti delle imprese e delle cooperative sociali, all’istituzione del servizio civile universale, alla revisione dei criteri di accesso all’istituto del 5 per mille, alla nascita della fondazione italia sociale.

La decisione del Governo di investire in questo ambito è tangibile, anche in termini economici, se si pensa non solo agli stanziamenti nella Legge di Stabilità, (140 milioni nel 2016, 190 per il 2017 e il 2018), ma anche al Fondo per sostenere i progetti delle associazioni delle organizzazioni di volontariato. Con questa riforma, e con i successivi decreti legislativi, si dà piena attuazione a quanto previsto dall’articolo 118 della Carta Costituzionale, ovvero l’impegno programmatico delle istituzioni della Repubblica nel favorire “l’autonoma iniziativa dei cittadini per lo svolgimento di attività di interesse generale”.

Un breve sviluppo del testo ci aiuta a comprenderne l’importanza, ovviamente legata al percorso delle deleghe. Il terzo settore viene definito (art.1) come il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d’interesse generale, mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi. Viene tuttavia precisato che non fanno parte del terzo settore le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati e le associazioni professionali di categorie economiche, e stabilito che alle fondazioni bancarie, in quanto enti che concorrono al perseguimento delle finalità della presente legge, non si applicano le disposizioni contenute in essa e nei relativi decreti attuativi. Nei decreti è prevista (art.4) la stesura di un Codice per il terzo settore contenente le disposizioni generali applicabili a tutti gli enti, la definizione delle forme e delle modalità di organizzazione, amministrazione e controllo, nonché le modalità di tutela dei lavoratori e della loro partecipazione ai processi decisionali. In particolare, è evidenziata la necessità di istituire un registro unico del settore per superare la molteplicità dei registri locali e nazionali.

Il nuovo registro unico, la cui responsabilità di gestione dovrà essere posta in capo al ministero del Lavoro e delle politiche sociali, si porrà come porta di accesso ai benefici fiscali. L’iscrizione dovrà essere obbligatoria per i soggetti che si avvalgono di finanziamenti pubblici, europei o di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni. Iscrizione tassativa anche per le realtà che esercitano attività in convenzione con enti pubblici. Per evitare forme di dumping contrattuale, si stabilisce che le imprese del terzo settore dovranno garantire, negli appalti pubblici, condizioni economiche non inferiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro adottati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. L’articolo 5 disciplina la delega finalizzata al riordino e alla revisione della normativa in tema di attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso. Viene richiamata, in particolare, la necessità di valorizzare i princìpi di gratuità, democraticità e partecipazione dell’iniziativa volontaristica. I decreti legislativi dovranno introdurre, tra l’altro, criteri e limiti relativi al rimborso spese per le attività dei volontari, preservandone il carattere di gratuità e di estraneità alla prestazione lavorativa. L’istituzione del consiglio nazionale del terzo settore, quale organismo di consultazione degli enti del terzo settore a livello nazionale, vuole superare il sistema degli Osservatori nazionali per il volontariato e per l’associazionismo di promozione sociale.

In tema di impresa sociale (art.6) i decreti legislativi dovranno, tra l’altro, procedere a una precisa qualificazione dell’impresa sociale, quale organizzazione privata che svolge attività d’impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, e destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell’oggetto sociale, adotta modalità di gestione responsabili e trasparenti, favorisce il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività e, quindi, rientra a pieno titolo nel complesso degli enti del terzo settore.

L’articolo 7 individua i criteri che dovrà seguire la riforma delle funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo sugli enti del terzo settore. Le funzioni sono esercitate dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con i ministeri interessati e con l’Agenzia delle entrate, nonché, per quanto concerne gli aspetti inerenti alla disciplina delle organizzazioni di volontariato di protezione civile, con il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri.

L’art.8 indica la necessità di riformare il Servizio civile nazionale volontario per i giovani tra i 18 e i 28 anni, traghettando l’attuale sistema verso un nuovo “servizio civile universale”, stabilendo alcuni princìpi e criteri direttivi tra i quali: la difesa non armata della Patria e la promozione dei valori fondativi della Repubblica; la definizione di uno stato giuridico specifico per chi presta un tipo di servizio che non deve in alcun modo essere associabile a un rapporto di lavoro e, dunque non deve essere soggetto a tassazione; un meccanismo di programmazione, di norma triennale, dei contingenti di giovani italiani e stranieri regolarmente soggiornanti, di età compresa tra 18 e i 28 anni, che possono essere ammessi, tramite bando pubblico, al servizio civile universale; un limite di durata del servizio, non inferiore a otto mesi complessivi, e comunque, non superiore ad un anno; l’organizzazione delle attività dovrà adattare le finalità del servizio con le esigenze di vita e di lavoro del volontario; la valorizzazione delle competenze acquisite sul campo.

L’articolo 9 stabilisce i princìpi e i criteri direttivi per introdurre misure agevolative e di sostegno economico in favore degli enti del terzo settore e di procedere al riordino e all’armonizzazione della relativa disciplina tributaria e delle diverse forme di fiscalità di vantaggio. Tra i princìpi e i criteri direttivi indicati: la revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali, anche connessa alle finalità di interesse generale perseguite dall’ente; la razionalizzazione delle agevolazioni fiscali connesse all’erogazione di risorse al terzo settore; la riforma dell’istituto del cinque per mille, anche con lo scopo di rendere noto l’utilizzo delle somme devolute con tale strumento normativo; la razionalizzazione dei regimi fiscali di favore relativi al terzo settore. E’prevista anche, in favore degli enti, l’assegnazione di immobili pubblici inutilizzati, nonché dei beni immobili e mobili confiscati alla criminalità organizzata.

Pensata come un’istituzione capace di attrarre le donazioni di imprese e cittadini – prestiti, erogazioni a fondo perduto o anticipazioni di capitale – a favore degli enti del terzo settore, la “Fondazione Italia Sociale” (art. 10) opera nel rispetto del principio di prevalenza dell’impiego di risorse provenienti da soggetti privati, svolge una funzione sussidiaria e non sostitutiva dell’intervento pubblico ed è soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, senza obbligo di conservazione del patrimonio o di remunerazione degli investitori.
Con una dotazione di 1 milione di euro per l’anno 2016, sostiene, mediante l’apporto di risorse finanziarie e di competenze gestionali, la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di enti del terzo settore, caratterizzati dalla produzione di beni e servizi con un elevato impatto sociale e occupazionale, e rivolti, in particolare, ai territori e ai soggetti maggiormente svantaggiati.

L’articolo 11 indica le disposizioni di copertura finanziaria. Presso il ministero del Lavoro e delle politiche sociali è istituito per il solo 2016 un Fondo, articolato in due sezioni (la prima di carattere rotativo, con una dotazione di 10 milioni di euro, la seconda di carattere non rotativo, con una dotazione di 7,3 milioni di euro), e destinato a sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale attraverso il finanziamento di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni. Il provvedimento prevede (art. 12) che entro il 30 giugno di ogni anno il ministero del Lavoro e delle politiche sociali trasmetta alle Camere una relazione sull’attività di vigilanza.
Importantissime tra le finalità perseguite dalla delega è la revisione della disciplina, contenuta nel codice civile, in tema di associazioni e fondazioni, da attuare secondo precisi principi e criteri direttivi: semplificazione e revisione del procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica; definizione delle informazioni obbligatorie da inserire negli statuti e negli atti costitutivi; previsione di obblighi di trasparenza e informazione anche con forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell’ente, nonché attraverso la loro pubblicazione nel suo sito internet istituzionale; disciplina del regime di responsabilità limitata delle persone giuridiche; garanzia del rispetto dei diritti degli associati; applicazione alle associazioni e fondazioni che esercitano stabilmente attività di impresa delle norme del codice civile in materia di società e di cooperative e mutue assicuratrici (di cui ai titoli V e VI del libro V) in quanto compatibili; disciplina del procedimento per ottenere la trasformazione diretta e la fusione tra associazioni e fondazioni, nel rispetto del principio generale della trasformabilità tra enti collettivi diversi, introdotto dalla riforma del diritto societario.

L’impresa sociale dovrà avere queste caratteristiche: svolgere attività d’impresa per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale; destinare i propri utili al conseguimento dell’oggetto sociale; adottare modalità di gestione responsabili e trasparenti; favorire il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività. I decreti delegati dovranno: individuare i settori in cui può essere svolta l’attività d’impresa nell’ambito delle attività di interesse generale; prevedere le forme di remunerazione del capitale sociale che assicurino la prevalente destinazione degli utili al conseguimento dell’oggetto sociale; prevedere il divieto di ripartire eventuali avanzi di gestione degli utili al conseguimento degli obiettivi sociali; prevedere l’obbligo di redigere il bilancio; coordinare la disciplina dell’impresa sociale con il regime delle attività di impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale; prevedere la nomina, in base a principi di terzietà, di uno o più sindaci con funzioni di vigilanza.

E’ infine previsto il riordino della disciplina tributaria e delle varie forme di fiscalità di vantaggio a favore degli enti del terzo settore, da attuare in base alle seguenti linee-direttrici: revisione complessiva della definizione di ente non commerciale ai fini fiscali, anche connessa alle finalità di interesse generale perseguite dall’ente; razionalizzazione delle agevolazioni fiscali connesse all’erogazione di risorse al terzo settore; riforma dell’istituto del cinque per mille, anche con lo scopo di rendere noto l’utilizzo delle somme devolute con tale strumento normativo; razionalizzazione dei regimi fiscali di favore relativi al terzo settore; introduzione di misure per la raccolta di capitali di rischio e, più in generale, per il finanziamento del terzo settore; assegnazione di immobili pubblici inutilizzati; revisione della disciplina delle Onlus.

Seguiremo con grande attenzione lo sviluppo delle deleghe.

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