Europa, Europa, Europa. La si invoca ovunque e ovunque più per opportunismo e necessità contingente. E’ infatti una invocazione stridula, fredda, metallica, di caldo, di autentico e passionale non ha nulla. E poi di quale Europa si parla, quale Europa si vuole? La risposta è: gli Stati Uniti d’Europa, il modello federalista ideato illo tempore e trascritto nel Manifesto di Ventotene, la bandiera culturale degli irriducibili, invisi, azionisti. Ma c’è nel dire c’è ancora molto di freddo, di metallico, di stridulo. Nulla, nella risposta, che scaldi i cuori, nulla che sappia di slancio, che stimoli la mente.
Un linguaggio criptico, tecnocratico, cifrato, più d’elite che di popolo, al quale serve come copertura culturale la foglia di fico del Manifesto di Ventotene, perchè di idee valide, alla luce del flop innegabile del neoliberismo, non ce ne sono, e non ne hanno. Falliti, miseramente, il comunismo e la tanto decantata socialdemocrazia del Welfare State, entrambe ancelle del neoliberismo, siamo di fronte solo a un bla, bla, bla inconcludente.
Insomma, si è ancora lontani dall’Europa unita, libera, laica, autonoma, dall’Europa, in una parola, politica: si è rimasti impantanati, si è ancora fermi al 1976, ossia vent’anni dopo il Mec, il Mercato Comune Europeo, al severo e inascoltato monito rivolto alle sinistre non solo italiane dall’Ingegnere acomunista Riccardo Lombardi: “Ora siamo lontani dall”Europa unita […] bisogna farla l’Europa unita […] Bisogna persuadersi che l’Europa si può fare soltanto se è socialista o almeno tendenzialmente socialista.
Non è tanto il modello, federalista o meno, la priorità delle sinistre, sono i contenuti: non l’appassionava l’Europa dei mercati liberi da lacci e lacciuoli, del meno Stato, più mercato, della finanza, delle banche, nè lo convincevano minimamente le politiche austerità e sacrifici del vecchio Pci. […] Fra dieci anni (l’Europa) finirà più capitalista, più atlantista e meno autonoma rispetto agli Usa di quanto non sia oggi. Il timore, l’orrore di un’Europa contagiata non solo dalla moneta, il dollaro, ma dalla cultura americana, era lì ed era grande: altro che culla della democrazia, altro che ombrello protettivo della Nato!
Il rischio più grosso stava in una moneta che, per la legge di Gresham, è moneta cattiva (il dollaro) che caccia la buona e diventa il mezzo di liquidità internazionale cui i Paesi europei finiscono per essere legati per la loro subordinazione politica ed economica agli Usa fino al punto da essere costretti a mantenere il sistema che li opprime“.
Non è forse quel che sta puntualmente – Brexit o non Brexit, mutui subprime o meno – sta accandendo, per l’espansione senza limiti di quella famelica sovrastruttura finanziario-borsistica luogo, come diceva, altrettanto inascoltato, Federico Caffè, degli incappucciati ossia dei predatori dei risparmi della povera gente cui andavano e vanno tagliate le unghie? Gli errori madornali del passato pesano come macigni sulle stratosferiche diseguaglianze di oggi…