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University vs emailgate, Hillary e Donald alzano il tono delle polemiche

Sono saliti d’intensità, negli ultimi giorni, le polemiche e gli scambi d’accuse tra Hillary Clinton e Donald Trump. L’ex first lady cavalca la vicenda della Trump University, su cui la magistratura ha in corso due inchieste, una a San Diego e una a New York: “Uno schema fraudolento”, lo definisce Hillary, “un’ulteriore prova che Donald è proprio una truffa”.

Il magnate dell’immobiliare replica a giro di twitter rifacendosi all’emailgate: la truffa è la Clinton, che avrebbe compromesso la sicurezza del Paese con il suo utilizzo “illegale e molto stupido” dell’account privato quand’era segretario di Stato. Sulla vicenda, indaga l’Fbi. Lo showman s’azzuffa pure con la stampa, che gli rende pan per focaccia.

La Trump University, ora non più operativa, è stato uno dei tanti fallimenti imprenditoriali dell’uomo d’affari newyorchese, come – per citarne alcuni – la compagnia aerea o le case da gioco di Atlantic City. Contro di essa, studenti sentitisi truffati hanno avviato due “class actions”, cui Trump non ha finora reagito smontando le accuse, ma attaccando la magistratura e la stampa. Anche dal suo partito, gli sono arrivati nelle ultime ore inviti a smetterla di chiamare in causa l’origine ispanica del giudice di San Diego Gonzalo Curiel.

Al rialzo della tensione della campagna ha dato un involontario contributo pure Bernie Sanders, quando, in California, la scorsa settimana alcuni animalisti hanno cercato di salire sul palco dove stava parlando. Gli agenti del Secret Service schierati a protezione del candidato hanno arrestato quattro persone, una è stata portata via di peso. Il senatore del Vermont non ha subito conseguenze e ha subito ripreso la parola.

Trump ha pure reagito con un virulento attacco ai media alle accuse rivoltegli per una raccolta fondi a favore dei veterani: “La stampa dovrebbe vergognarsi di se stessa, dà di me un’immagine molto negativa, non ho mai ricevuto una pubblicità così cattiva per il mio buon lavoro”, ha detto, definendo poi la stampa “disonesta” e quella politica “incredibilmente disonesta”. Lo showman se l’è presa in particolare con un reporter di Abc, attribuendogli l’epiteto di “abietto”.

Nel merito della vicenda, Trump ha raccontato di avere raccolto per i veterani, in occasione del Memorial Day, celebrato il 30 maggio, 5,6 milioni di dollari: “Tutti i soldi sono stati donati”, ha sostenuto, facendo l’elenco delle associazioni di veterani che hanno ricevuto le sua donazioni – un milione di dollari ce l’avrebbe messo lui personalmente –.

L’attacco ai media ha suscitato reazioni e risposte, da parte delle associazioni dei giornalisti, secondo cui il magnate non è conscio del ruolo della stampa in una democrazia. Ma anche l’editore del Washington Post, Jeff Bezos, presidente e ad di Amazon, ha sbottato: ”Non è appropriato” che un candidato alla presidenza degli Stati Uniti “attacchi i media che lo mettono sotto torchio e lo criticano”, dice Bezos; “Viviamo in una fantastica democrazia con una fantastica libertà di stampa che un candidato dovrebbe appoggiare”. Trump ha di recente sostenuto più volte che Bezos cerca di eludere il fisco per Amazon e che utilizza il Washington Post per evitare indagini su Amazon.

LA VOCE DI OBAMA CONTRO I “FALSI MITI” 

Il presidente Barack Obama torna ad Elkhart, nell’Indiana, la prima cittadina che visitò dopo essersi insediato alla Casa Bianca, particolarmente colpita dalla crisi economica, e mette in guardia dai “falsi miti” sull’economia, invitando a diffidare da chi fa leva sulle ansie della gente per ottenere l’attenzione dei media, ma è solo a caccia di voti.

Obama non menziona mai Donald Trump, ma il riferimento al candidato repubblicano è chiaro. Così la visita, una delle tappe che Obama s’è prefissato di fare prima della fine del suo mandato come a chiudere un cerchio, si trasforma in un momento elettorale.

Non è la prima volta che Obama critica la retorica del candidato repubblicano. Ad Elkhart snocciola i numeri del “prima” e del “dopo”, per dimostrare l’efficacia della sua politica economica. Quando venne qui nel febbraio del 2009, la disoccupazione era al 19.6 per cento: “Vi dissi allora che avremmo lavorato duro per risollevare l’economia. E ora la disoccupazione è scesa fino al 4 per cento”.

(post tratto dal blog di Giampiero Gramaglia)



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