“…a Frà, che si fa domenica? Boh, se c’è il sole me ne vado al mare. Magari però piove…Però ci sarebbe anche da andare a votare, sono otto anni che non lo faccio. Qui a Roma se sò divisi ‘a torta tutti…da destra ar centro e pure a sinistra…”
Poche ore, anzi qualche minuto, e poi tutti zitti. In silenzio perché comincia la riflessione. Una riflessione che magari è pure simile a quella sopra immaginata, inventata, raccontata?
Non lo sappiamo cosa succederà il 5 giugno prossimo, ma di certa c’è solo una cosa: a vario titolo, nella Capitale si gioca la partita più importante. La partita che può dare una botta alla politica nazionale. In un senso o nell’altro. Se a Roma vince Giachetti, il Premier può raddrizzare il calo di consensi lanciando con rinnovato vigore il referendum costituzionale; se invece Giorgia arriva al ballottaggio, vedremo Salvini in tutte le trasmissioni televisive a rivendicar la leadership; se Marchini supera il 20% e si piazza per farsi rivotare, magari sempre Giorgia si tura il naso e al ballottaggio tutti iniziano a chiedersi se davvero l’ex Cavaliere ancora una volta ci ha visto lungo; con Fassina che stacca il biglietto del 10%, Bersani & C. sarebbero capaci di chiedere a Renzi il congresso; se il Movimento 5 Stelle arriva al Campidoglio come i sondaggi dicono, allora si apre una stagione politica caldissima.
Un piccolo segnale lo abbiamo colto in questa due giorni di chiusura delle campagne elettorali. Qualcuno ha chiuso il tour elettorale in teatro, altri in periferia o in municipi “sensibili”, altri ancora per la strada o riempendo la piazza. E proprio quest’ultima chiusura, quella a Piazza del Popolo della grillina Virginia Raggi, ha provocato incubi notturni preelettorali. Non è facile riempire le piazze romane, soprattutto se sono grandi e pregne di significati come Piazza del Popolo. Sì, non è la prima volta che il Movimento fa “l’adunanza”, ma questa volta non c’era Grillo e nemmeno il popolo che grida il Vaffa a tutti. E i vecchi volponi della politica lo sanno.
Pioverà o non pioverà il 5 giugno ci sarà da spendere fiumi di parole e divertirsi a vedere il Vespone che, da una porta all’altra, saltellando ci racconterà i suoi exit-poll. Pronto ad asciugare le lacrime del perdente ed altrettanto pronto ad osannar il vincitore. A parere nostro, umilmente parlando, non vincerà l’astensionismo. Sarà il partito leader quello del non voto, certo. Ma questa volta la gente, sbilanciandosi non in cartomanzia, andrà a votare. Perché?
“….a Frà, sai che c’è? Domani nun c’ho sò se domani piovve. Però me sa che sta vorta ce vado a votà. Però nun te ‘o dico pé chi voto, ma so sicuro che ‘sta vorta voto bbene…“