Dalla nostra analisi emerge che un nuovo processo di consolidamento può essere positivo per il sistema bancario italiano. Nuove banche di maggiori dimensioni determinerebbero un’accelerazione del processo di trasformazione del modello di servizio e quindi la razionalizzazione del numero di sportelli e dei dipendenti con un miglioramento dell’efficienza operativa.
È infatti evidente che, nonostante il ridimensionamento osservato dall’inizio della crisi, il sistema bancario italiano ha ancora un eccesso di capacità produttiva che non può essere assorbito dalla maggiore attività stimolata da una crescita economica che, nelle nostre previsioni, resterà limitata. Inoltre, margini sempre più stretti impongono lo spostamento di attività a basso valore aggiunto su canali di intermediazione virtuali e una sempre maggiore digitalizzazione anche di altri servizi bancari.
L’ottimizzazione della struttura porterebbe risparmi di costo rispetto ai dati 2015 che vanno dal 3.6 per cento (ottenuti ottimizzando la struttura delle banche in assenza di aggregazioni) sino al 7.6 per cento (per aggregazioni di 4 operatori). Il processo di aggregazione potrebbe anche favorire modalità meno onerose di gestione dell’IT e dei processi di back office oltre che uno snellimento delle strutture centrali.
La necessità di migliorare la qualità degli attivi unita a una forte disparità negli indicatori di rischio delle banche potenzialmente coinvolte nel consolidamento ci porta a ritenere probabile un processo di convergenza verso le best practice prima della realizzazione delle operazioni di fusione. Gli adeguamenti potrebbero essere richiesti dall’autorità di vigilanza in sede di approvazione del progetto di fusione e potrebbero riguardare i livelli di copertura o la riduzione dei crediti deteriorati. In ogni caso gli aggiustamenti determineranno ulteriori rettifiche da registrare nei bilanci che potrebbero mettere sotto pressione i requisiti patrimoniali.