Non può considerarsi consono a un Presidente del Consiglio, e neppure a un Segretario di un partito responsabile, specie se si ha presente cosa diceva Einaudi degli investitori, il linguaggio a cui è ricorso Matteo Renzi nel dire che “sulle Popolari si è creato un sistema di amicizie e connivenze vergognose, che noi abbiamo bloccato”. Tanto più che il premier non ha bloccato un bel niente.
Renzi ha solo obbligato alcune Popolari, buone e più che buone, a convertirsi in spa, con un provvedimento, inedito in epoca democratica, che ha consegnato ai Fondi la prima Popolare che ha già concluso il percorso di legge, con buona pace dei risparmiatori. E quelle Popolari che non sono andate bene (anche se Renzi cita sempre e solo queste) sono in numero assai inferiore rispetto ad altre categorie giuridiche, che il primo ministro, però, non cita mai.
Dovrebbe, forse, prendere atto che non esiste una questione delle Banche popolari (i cui rappresentanti, comunque, non sono sentiti dal Governo), ma solo una questione di alcune Banche popolari (così come di alcune Casse e di alcune Spa). A riprova del fatto che il voto capitario non c’entra, anche se è l’unico ostacolo all’avanzare del bonapartismo economico. E, forse, è proprio questo che a qualcuno non piace.