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Vi racconto il caos del Regno Unito post Brexit

Nel votare la Brexit, il popolo britannico si è prima stupito e poi allarmato della propria temerarietà. Il Paese è ora in uno stato somigliante a una crisi di nervi. L’istituzione a cui è normalmente demandato il ruolo di “valium nazionale”- la politica – è allo sfacelo. I partiti chiave sono decapitati e nel caos proprio mentre la prova della loro irrilevanza è davanti agli occhi di tutti.  Deve partire una delicatissima trattativa per gestire l’uscita, ma Bruxelles non è messa meglio. La Commissione è in tilt. La tracotanza di Jean-Claude Juncker non piace per niente ai tedeschi, come neppure il delirio del presidente francese François Hollande, che ammette candidamente di volere azzoppare l’economia britannica per scoraggiare eventuali altri “disertori”, e possibilmente intercettare almeno una parte dei flussi finanziari che ora transitano per Londra. La frettolosa nomina di un capo negoziatore: il belga Didier Seeuws, un oscuro apparatchik Ue di osservanza Junckeriana, pare sia stata bloccata dal Consiglio Europeo – i capi di stato dei paesi membri – scontento dell’eccessiva e infelice autonomia della Commissione.

Per ora si prospetta dunque un negoziato problematico. Viene da chiedersi: in mezzo a questa cagnara, dove sono gli adulti? Qualcuno si ricorderà al momento giusto che quello che ha da succedere tra il Regno Unito e l’Unione Europea è estremamente importante? Elisabetta II d’Inghilterra ha da poco superato i novant’anni. È sul trono dal 1952. È Regina “da sempre” ed è la massima garante dell’anima britannica. A differenza dell’altra regnante europea, Angela Merkelnon è un politico, non suscita diffidenze e non è tedesca. Le si porta rispetto, punto.

I capi di stato formali come la monarca inglese sono sopra ogni altra cosa i depositari della fiducia popolare. Sono loro che, quando il paese crolla e la politica ha fallito, devono andare in televisione a reti unificate per convincere la nazione che finirà tutto per il meglio: Keep calm and carry on. Fino a che il futuro dell’Europa è in mano agli Juncker e gli Hollande, dobbiamo contare sugli inglesi a gestire l’uscita britannica con maturità e serietà. Se anche lì saltano i nervi, per calmare le acque bisognerà ripiegare sulla Regina e quindi, vista la sua età, sulla Divina Provvidenza. È anziana e stanca, ma come ha detto pochi giorni fa a chi le chiedeva come stava: “Almeno sono ancora in vita”. 

Oltre a turbare il sentimento pubblico e a lasciare a briglie sciolte la politica, l’eventuale trapasso avrebbe effetti nefasti per l’economia in un momento di certo non propizio. Per molti giorni tra la morte della Sovrana, i funerali e oltre, il Paese si fermerebbe, i mercati finanziari frenerebbero. Il costo immediato – comunque stimabile in molti, tanti miliardi – è forse il meno. L’isterismo e lo sgomento per la fine della principessa Diana verrebbe moltiplicato per molte volte, mettendo a dura prova la solidità del Paese.

Resta il problema della successione. A salire dopo sul trono sarà Carlo, il Principe di Galles, con al fianco l’impresentabile Camilla Parker-Bowles. Carlo però è largamente ritenuto, come si dice in diplomazia, un “coglione”. Piace molto di più il figlio primogenito William, il Duca di Cambridge nonché il marito dell’adorata Kate Middleton. La successione però non fa salti. E’ il tipo di problema dinastico che una volta si risolveva con una provvidenziale caduta da cavallo, ma non si usa più.



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