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Cinema, vi spiego perché lo streaming sui siti pirata non conviene

Recentemente ho avuto modo di intervenire alle giornate di studio promosse dall’Università Ca’ Foscari di Venezia nell’ambito di un progetto di ricerca di Ateneo sul fenomeno della pirateria in Italia. All’incontro hanno partecipato sia rappresentanti del mondo accademico e della comunità scientifica sia professionisti del settore audiovisivo e delle Istituzioni.

Disparate le posizioni che sono emerse nel corso degli interventi dei vari partecipanti, con un approccio che ho notato essere molto differente tra chi proviene dall’ambiente accademico e chi si occupa direttamente di distribuzione e sfruttamento economico delle opere.

Si è parlato molto di offerta legale digitale, a detta di alcuni relatori ancora troppo poco conosciuta e diffusa presso il grande pubblico. Ovviamente l’ampliamento ed il rafforzamento dell’offerta legale digitale è un aspetto cruciale che si inserisce a pieno titolo tra i punti cardine che contraddistinguono una completa ed efficace lotta alla pirateria. Nel corso dell’ultimo anno, il mercato legale online di contenuti audiovisivi del nostro Paese ha potuto contare sull’arrivo di un importante player quale Netflix, il cui avvento è stato molto importante anche come strumento di educazione alla legalità e “alfabetizzazione” all’offerta legale, grazie al fatto che si tratta di un brand molto noto e riconoscibile al grande pubblico.

Campagne ed iniziative di sensibilizzazione ed educazione alla legalità sono ovviamente opportune, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni. Alcuni primi passi in tal senso sono stati fatti, ad esempio, con la realizzazione del sito www.mappadeicontenuti.it (che offre una panoramica completa su tutte le offerte legali disponibili nel nostro paese) e con il progetto “Rispettiamo la creatività”, rivolto agli studenti delle scuole secondarie di primo grado. È necessario andare avanti in questa direzione, come anche sostenuto dall’AGCOM che ha inserito la promozione dell’offerta legale tra gli obiettivi legati al Regolamento per la tutela dei contenuti.

Il rafforzamento dell’offerta legale va infatti a completare un ecosistema digitale in cui tutte le varie forme di sfruttamento dell’opera convivono integrandosi e consentendo diverse possibilità al consumatore. I recenti dati positivi al box office di quest’anno, la lieve ripresa del mercato Home Entertainment e la crescita esponenziale del mercato digitale lo confermano.

Un elemento importante da sottolineare è quello relativo all’usabilità delle piattaforme digitali. Come ha evidenziato Guglielmo Pescatore (Professore presso l’Università di Bologna) nel corso del suo intervento, qual è il motivo che spinge un utente a sottoscrivere un abbonamento/acquistare un contenuto digitale considerando la presenza illecita online dei medesimi contenuti da lui ricercati? Secondo Pescatore è l’usabilità della piattaforma a fare la differenza e a determinare la propensione d’acquisto dell’utente. Questa osservazione mi trova d’accordo: quando per l’utente fruire dei contenuti su piattaforme autorizzate diventa più semplice che cercare il contenuto su siti pirata allora l’industria ha risposto in maniera esaustiva alle richieste del consumatore.

Spesso, infatti, vedere o scaricare un contenuto tramite portali non autorizzati non è così semplice ed immediato come si potrebbe pensare: alcuni siti richiedono una registrazione (con la conseguente condivisione dei propri dati personali); spesso i link per lo streaming non sono performanti e la qualità non è particolarmente elevata; numerosi pop up e banner pubblicitari, inoltre, interrompono e disturbano la navigazione dell’utente. Per non parlare, poi, di un aspetto determinante: visitare siti pirata mette seriamente a rischio i nostri sistemi hardware (tablet o pc) poiché sono numerosi i virus e malware a cui andiamo incontro, rischiando di compromettere seriamente le potenzialità della nostra apparecchiatura.

Paragoniamo tutto questo, ad esempio, con una interfaccia semplice e chiara come quella di Netflix, aggiungiamo una formula di acquisto competitiva ed un catalogo accattivante ed ecco che, a mio avviso, il paragone con un portale pirata non regge.

Si è discusso anche di contemporaneità temporale in merito alle varie modalità di sfruttamento dei contenuti. La questione cruciale è, a mio avviso, un’altra (visto che in linea di massima i film sono disponibili online circa 15 settimane dopo l’uscita in sala).

Per contrastare la pirateria è auspicabile un aumento delle uscite in day and date, quindi in contemporanea sui vari mercati. Analisi condotte da FAPAV rivelano come il 58% delle opere sia già online illecitamente entro il primo week end di programmazione. A questo bisogna aggiungere ovviamente i film non ancora usciti sul territorio italiano che già sono disponibili online con sottotitoli non ufficiali. Dobbiamo assolutamente evitare il più possibile che lo spettatore vada a cercare online un contenuto non ancora uscito ufficialmente nel nostro Paese.

Per quanto riguarda, invece, la questione delle cosiddette “windows” tra l’uscita in sala e le altre modalità di sfruttamento ritengo che un ragionamento diverso possa essere fatto su specifici titoli che non trovano, per vari motivi, sufficiente spazio in sala. Interessante a tal riguardo quanto raccontato da Gianluca Guzzo (Fondatore MYmovies.it) durante il convegno di Venezia in merito all’esperienza fatta da MYmovies.it per la distribuzione di “Una storia sbagliata” lo scorso giugno 2015. Il film di Tavarelli ha infatti rappresentato uno dei primi esperimenti in Italia di uscita contemporanea sala/streaming autorizzato in una modalità assolutamente interessante e realizzata con il pieno supporto anche dell’esercizio cinematografico. Grazie infatti ai sistemi di geolocalizzazione resi disponibili dalla piattaforma di streaming MYmovies.it, oltre 50 sale cinematografiche sparse su tutto il territorio italiano hanno potuto raggiungere il pubblico direttamente a casa entro un raggio di 15 km dalla propria struttura, offrendo la medesima programmazione. In questo specifico caso la sala cinematografica ha acquisito per 4 settimane il diritto Tvod (Transactional Video On Demand) per quegli utenti raggiungibili entro un raggio di 15km dal cinema. Un esperimento originale che ha dimostrato nuovamente l’interesse e la voglia dei vari comparti industriali audiovisivi di venire incontro alle esigenze dello spettatore, sperimentando inedite modalità di sfruttamento delle opere – sempre nel rispetto dei titolari dei diritti.

Infine, un ultimo aspetto che vorrei sottolineare, anch’esso emerso nelle relazioni di molti degli studiosi presenti all’evento, è quello relativo la mancata percezione del valore dell’opera digitale da parte degli utenti e dei consumatori.Si tratta di una questione determinante che va affrontata con decisione anche tramite apposite campagne di comunicazione.

L’industria che produce contenuti culturali non deve essere percepita come un qualcosa di “astratto” bensì come un gruppo di professionisti che lavorano insieme per dare vita alle idee. Porre l’accento sul lavoro delle persone è fondamentale e rappresenterà il vero punto di svolta della comunicazione messa in atto dall’industria audiovisiva al fine di valorizzare le sue opere e i suoi lavoratori. È arrivato il momento di sperimentare e proporre, con coraggio, nuove iniziative che sappiano colpire lo spettatore anche dal punto di vista emotivo, legandolo indissolubilmente a quel mondo di sogni e passioni che è il cinema.


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