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Cosa farà Eni in Egitto

Di Marco Valerio Solia

Un’incredibile scoperta ha rivoluzionato nell’agosto 2015 la mappa energetica del Vicino Oriente. Il ritrovamento del più grande giacimento di gas naturale del Mediterraneo, realizzato dall’ENI in acque egiziane, oltre a costituire un evento di portata storica, ha aperto importanti prospettive nel consolidamento dei rapporti tra Roma ed Il Cairo. L’intesa tra i due paesi, già molto forte, non potrà che beneficiarne ulteriormente. La fondamentale scoperta è stata effettuata presso il pozzo offshore Zohr 1X, situato a circa 1.450 metri di profondità e parte di una più ampia concessione ottenuta dall’ente italiano in seguito ad una gara internazionale. L’entità del giacimento è immensa: stimata intorno agli 850 miliardi di metri cubi di gas, ha fatto aumentare di circa un terzo il volume delle riserve egiziane, avvicinando il paese arabo al raggiungimento dell’indipendenza energetica, obiettivo fortemente perseguito dal presidente Al Sisi, deciso a realizzarlo entro cinque anni. La mole di gas naturale individuata dall’ENI, infatti, contribuirà in misura determinante al soddisfacimento dei fabbisogni energetici del paese per diversi decenni.

Si consolida in questo modo il rapporto privilegiato che unisce Italia ed Egitto, mai venuto meno nonostante i diversi stravolgimenti istituzionali affrontati dai due paesi nel corso della propria storia. In un Medio Oriente in fiamme dopo il fallimento delle primavere arabe, la partnership strategica con Il Cairo è diventata per la politica estera italiana una indubbia priorità: le recenti scoperte dell’ENI contribuiranno in maniera significativa alla cooperazione tra i due Stati rivieraschi, portando lavoro e sviluppo.

Il presidente Al Sisi ha scelto di puntare sulla modernizzazione del paese, soprattutto in campo infrastrutturale, al fine di rilanciare l’economia egiziana in crisi e di riportare stabilità in uno degli epicentri delle rivolte del 2011, reprimendo l’islamismo radicale e tentando di ripristinare l’ordine nelle zone ancora insidiate dai ribelli, Sinai in primis. è in quest’ottica che nell’agosto 2015 il mondo ha potuto assistere ad un’ altra grande vittoria dell’establishment egiziano: l’allargamento del Canale di Suez, voluto da Al Sisi e realizzato in un solo anno di lavori.

Il raddoppio di 72 dei 193 chilometri del canale, riducendo drasticamente i tempi di percorrenza, avrà un impatto notevole. Il traffico commerciale marittimo ne risulterà favorito ed i guadagni annui per lo Stato egiziano passeranno, in meno di un decennio, dai quasi 5 miliardi prima dei lavori agli oltre 10, portando un’importante ventata d’ossigeno alle casse de Il Cairo.

L’allargamento del canale non va però valutato in termini esclusivamente economici. Esso assume un valore simbolico molto più profondo, ben radicato nell’immaginario collettivo degli egiziani. Nel 2016 si celebra infatti il 60esimo anniversario della nazionalizzazione di Suez e del successivo fallimento dell’invasione tripartita anglo-franco-israeliana.

Come dimostrano gli eventi dell’agosto 2015, le fondamenta del suo disegno sono ancora vive: la cooperazione tra i diversi popoli del Mediterraneo, impostata su basi di reale parità, come unica via percorribile per il raggiungimento del benessere comune. Obiettivo di questo libro è ripercorrere le origini dei rapporti tra l’ENI e l’Egitto, i cui principali protagonisti furono lo stesso Enrico Mattei ed il leader arabo Gamal Nasser. Un’intesa iniziata tra il 1953 ed il 1954 sullo sfondo dei grandi cambiamenti che stavano attraversando il mondo bipolare. In piena Guerra fredda, con le delicate dinamiche della contrapposizione tra i blocchi, emergeva nei paesi del Terzo mondo la volontà di affrancarsi dal giogo coloniale occidentale: il processo di decolonizzazione cambiava così drasticamente il volto di interi continenti, prima relegati ai margini della storia. In Egitto, nonostante l’indipendenza formale risalisse al 1922, il Regno Unito manteneva un’influenza capillare, in grado di indirizzare le scelte più rilevanti della politica egiziana. L’insofferenza popolare verso le ingerenze britanniche e verso re Faruq, considerato corrotto ed arrendevole, convinse una cerchia militare laica e nazionalista, gli Ufficiali Liberi, ad attuare un golpe per rovesciare la monarchia.

Comandati da Nasser, che in un primo momento decise di rimanere dietro le quinte, gli Ufficiali Liberi realizzarono il colpo di Stato nel luglio 1952, aprendo una nuova stagione della politica egiziana. Uscito dall’ombra nel 1954, Nasser riuscì a riscuotere gli entusiasmi del proprio popolo, diventando in breve tempo l’icona dell’emancipazione araba. Uscendo vincitore dalla crisi di Suez del 1956 ed assumendo una posizione di spicco nel movimento dei paesi non allineati, la figura di Nasser ebbe un ritorno immenso in termini di popolarità internazionale, legandosi indissolubilmente al processo di decolonizzazione mondiale. Fu sempre Nasser a sostenere la guerra di liberazione algerina (1954-1962) contro la Francia, impantanata nel tentativo (puntualmente fallito) di mantenere in vita il proprio impero. L’arretramento di Francia e Regno Unito favoriva gli sforzi del nostro paese di allargare la propria influenza sul Mediterraneo.

Dopo il ridimensionamento internazionale seguito alla sconfitta nel secondo conflitto mondiale, l’Italia recuperava terreno, colmando parte del divario esistente con le economie europee più solide ed inaugurando una politica estera più attiva. L’azione di Mattei, unita all’operato dei settori più avanzati della classe politica d’allora, trovò nell’amicizia con Gamal Nasser un trampolino di lancio per promuovere gli interessi nazionali nell’area mediorientale, approfittando delle sinergie culturali millenarie che univano, ed uniscono
ancora oggi, l’Europa mediterranea con il Levante.

Enrico Mattei fu uno degli attori più spregiudicati di questa strategia: egli seppe sempre perseguire gli interessi energetici italiani a dispetto dei diktat e degli ostacoli che gli venivano frapposti dagli ambienti atlantici. Non è un caso che la “politica estera parallela” dell’ENI sia tuttora uno degli aspetti più interessanti e dibattuti della vicenda Mattei. La sua lungimiranza portò ad una rivoluzione nel campo dei rapporti tra Stati produttori e compagnie petrolifere, realizzando la celebre “formula Mattei” (o formula ENI). Inaugurata nella primavera del 1957 proprio con l’Egitto di Nasser, la formula ENI ha rappresentato il pilastro della politica estera matteiana, subito diffusasi in tutto il Medio Oriente. L’innovazione consisteva nella creazione di una nuova società petrolifera, le cui quote erano detenute per metà dallo Stato produttore e per l’altra da una o più compagnie straniere. Considerando che le royalties al paese produttore si attestavano solitamente intorno al 50%, i guadagni con la nuova formula erano ingenti: lo Stato, in questo caso egiziano, guadagnava prima il 50% dei ricavi in quanto detentore dei giacimenti e poi un altro 25% come proprietario di metà delle quote della società. I guadagni passavano quindi dal 50% precedente a circa il 75%. I vantaggi, inoltre, non si fermavano qui: con l’associazione dello Stato al processo di produzione, i professionisti autoctoni potevano beneficiare delle conoscenze tecnologiche occidentali, sviluppando a loro volta la propria industria nazionale.

Un’innovazione del genere era quanto di più diverso possibile ci fosse dalle forme di paternalismo economico, quando non di velato neocolonialismo, messe in atto da altri paesi della NATO. L’obiettivo di Mattei non si limitava al raggiungimento di ingenti guadagni, ma abbracciava un orizzonte molto più vasto: nell’ottica del suo fondatore, l’ENI avrebbe dovuto contribuire allo sviluppo dei paesi poveri, implementando la cooperazione tra i diversi popoli mediterranei. La contrapposizione con l’avido modus operandi delle Sette Sorelle (come Mattei aveva ribattezzato le maggiori compagnie anglo-americane) non poteva essere più netta.
Nei progetti di Mattei l’Egitto ha quindi occupato una posizione centrale, che merita di essere analizzata in tutta la sua portata. Nonostante il paese arabo non possedesse giacimenti paragonabili a quelli dei giganti del Golfo Persico, il fondatore dell’ENI volle sviluppare un’intesa privilegiata con Il Cairo, non trascurandone le scottanti implicazioni politiche. Queste manovre si spiegano con la consapevolezza dell’ente italiano dei benefici che ne sarebbero derivati, non solo sulle rive del Nilo ma in molti paesi dell’ecumene araba e del Terzo mondo in generale, presso i quali, dopo la vittoria politica della crisi di Suez, la figura del Raìs si era trasformata in un vero e proprio mito.

Negli ultimi anni il Mediterraneo, da culla della civiltà e punto di incontro tra culture diverse, si è andato trasformando nel mare della paura, dei drammi e delle diffidenze reciproche. La destabilizzazione scientifica di interi paesi ed il proliferare del fondamentalismo religioso hanno portato un’area di possibile sviluppo e modernizzazione verso il caos. L’esplosività della situazione è sotto gli occhi di tutti, meno le cause ed i possibili rimedi. Le politiche del muro contro muro ed il tanto sbandierato “scontro di civiltà”, molto lontani dal rappresentare delle soluzioni, sono invece tra le principali cause delle degenerazioni odierne. Lo stesso Egitto non ha ancora superato le tensioni degli ultimi anni, trovandosi nel mezzo di una transizione dai contorni incerti. Qualora persistessero autoritarismo e noncuranza dei diritti umani (come la tragica vicenda di Giulio Regeni ha drammaticamente dimostrato), il paese risulterebbe esposto ad ulteriori sommosse popolari, dagli esiti sempre meno prevedibili. La difficoltà per la classe dirigente sarà di coniugare il ripristino dell’ordine con un progressivo processo di democratizzazione.

Nonostante tali criticità, spicca il tentativo egiziano di riportare stabilità nella regione, fungendo da esempio per i paesi confinanti, Libia in primis. Le recenti scoperte dell’ENI e lo storico allargamento del canale di Suez rappresentano importanti tasselli di questo percorso verso il rilancio internazionale del paese arabo. Nella costruzione di un nuovo Mediterraneo, dunque, il sodalizio tra l’ENI di Mattei e l’Egitto rivoluzionario acquista oggi ancor maggiore attualità. Capirne e promuoverne l’eredità sarà necessario per la preservazione della pace in Medio Oriente e nel Mare Nostrum.


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