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Ecco verità e falsi miti sugli inglesi svelati dalla Brexit

Per definire gli inglesi Daria Simeone, autrice del blog “The Italian Wife” e giornalista di moda volata da Milano a Londra nel 2012, usa una barzelletta, quella in cui durante una tempesta su Londra il Tamigi inizia a ingrossarsi pericolosamente. “Un maggiordomo inizia ad avvertire il suo Sir – racconta la blogger – , aggiornandolo ogni 5 minuti, ma sempre con un tono pacato: il Tamigi sta raggiungendo livelli preoccupanti. E il Sir continua a bere la sua tazza di tè in poltrona. Poi ancora: Sir, il Tamigi sta per esondare. E via così. Il Sir non muove mica il culo, e alla fine il maggiordomo entra nella stanza e annuncia: Sir, ecco a Lei, il Tamigi. È solo una barzelletta, ma che evidenzia sia l’abitudinarietà, che la calma e il sangue freddo del popolo britannico. Entrambe le considero doti, ma – come si capisce anche dalla barzelletta –  possono causare brutte sorprese”.

SONO PATRIOTICI?

Secondo Simeone, però, la vittoria del referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea non ha molto a che fare con le pulsioni degli inglesi, “quanto con una campagna elettorale ingannevole che ha usato bugie e cavalcato l’ignoranza e gli istinti patriottici più bassi”. In una conversazione con Formiche.net la giornalista ha spiegato che è ancora troppo presto per capire cosa genererà il divorzio tra Ue e Regno Unito, ma di certo ha già creato “una ferita nell’idea che il mondo ha del Regno Unito, nelle speranze di chi non è britannico ma vive in Uk e negli stessi britannici che hanno votato per il Remain. Ci siamo tutti svegliati in un posto che, da un giorno all’altro, non abbiamo riconosciuto più”.

SONO PRAGMATICI?

Sullo stereotipo che presenta gli inglesi come esseri molto pragmatici, la giornalista è convinta che lo siano e più degli italiani: “Forse anche perché a scuola e all’università, mentre noi contavamo le centinaia di pagine da studiare ogni giorno, loro facevano presentazioni e simulazioni di situazioni concrete da cui imparare, possibilmente senza neanche aprire un libro. Credo che si lascino andare alle pulsioni quando sono felici, ovvero, quando bevono al pub e quando si innamorano (per fortuna)”.

SONO (A VOLTE) ACCOGLIENTI?

Simeone, che la città di Londra la conosce bene, è convinta che l’essere freddi ed estremamente formali, tipico degli inglesi, sia solo un falso mito: “Possono apparire freddi, ma bisogna rompere il ghiaccio, ovvero portarli al pub. Londra è la città più multiculturale del mondo. Può non sembrare accogliente a chi ci arriva e spesso non può permettersi una vita dignitosa per quanto è cara. Bisogna cercare di costruirsi una famiglia nel proprio quartiere, prenderla a piccole dosi insomma, ma viverla tutta”.

SONO PRAGMATICI PERCHÉ NON IDEOLOGICI?

La giornalista e scrittrice Caterina Soffici, invece, conferma lo stereotipo: gli inglesi sono molto pragmatici. Il risultato del referendum sulla Brexit ha colto di sorpresa tutti, soprattutto il fronte del Leave, che non si aspettava di vincere. Per questo motivo, adesso, c’è grande incertezza e confusione. “Ma conoscendoli – ha detto in una conversazione con Formiche.net – non dubito che troveranno un modo pratico per rimettere insieme i cocci e andare avanti. Sono pragmatici in quanto non sono ideologici”.

SONO FANATICI DELLE PROCEDURE?

L’opposto degli italiani. Nel bene e nel male. Soffici, autrice del libro Italia Yes Italia No. Che cosa capisci del nostro paese quando vai a vivere a Londra (Feltrinelli), crede che “l’inglese rispetti le regole, abbia un senso innato di riverenza verso l’autorità, paghi le tasse e rispetti le leggi. In genere compie il proprio dovere perché sa che deve farlo e perché crede che sia giusto. Non solo è meticoloso, ma è un fanatico delle procedure, fuori dalle quali si sente sperso. Ama l’ordine e la tradizione”.

SONO CLASSISTI?

Ma non solo: “Sono profondamente classisti e questo voto ha tirato fuori anche una componente xenofoba da sempre latente, ma che c’è sempre stata, mascherata sotto altre forme e mitigata dal politically correct. I toni della campagna elettorale, apertamente xenofobi, hanno legittimato alcuni pensieri e atteggiamenti già esistenti, ma latenti. Non è vero che sono cortesi, possono essere molto freddi e burberi, ai limiti dell’arroganza, ma formalmente sono sempre molto educati. Il please è una sorta di malattia sociale (chi non lo usa è molto maleducato) e il sorry anche. Per esempio, in una metropolitana affollata, può capitare che a dirti “sorry” sia la persona a cui hai appena pestato il piede”.

SONO CONTRO L’ESTABLISHMENT?

Per Soffici, la vittoria della Brexit è stata causata da tre componenti: “La prima è la paura dell’immigrazione. La seconda è la volontà di affermare la propria identità nazionale e sovranità contro un’Unione europea considerata estranea e ostile. La terza è una protesta verso il governo e contro l’establishment. Queste tre cose messe insieme hanno portato al risultato elettorale. È vero che il Leave ha trovato supporto soprattutto nelle classi popolari e meno abbienti, ma non solo: anche una parte dell’Inghilterra tradizionale, quella legata alle tradizioni e ai valori britannici più profondi, ha votato contro l’Ue. E questi inglesi, seppure minoritari, sono rappresentanti dell’establishment e delle élite. Quindi il discorso è molto complesso e non si può ridurre a popolo contro élite”.

SONO INDIPENDENTI?

Sulla convinzione che il popolo britannico sia indipendente, Simeone è convinta che più che indipendenti gli inglesi sono un popolo fiero, che sa essere contaminato dall’Europa, dal mondo e soprattutto dai Paesi del Commonwealth: “C’è chi ne fa una ricchezza e chi si sente minacciato nell’identità. Certo sono influenzati anche dagli Stati Uniti, politicamente più che culturalmente. Ma quale Stato occidentale non lo è?”.

Soffici, invece, crede che nessuno è indipendente nel mondo globalizzato: “Il legame tra Uk e Usa è sempre stato forte, vista la stessa matrice anglosassone e protestante e la stessa lingua, che sembra una banalità, ma invece è un fattore molto importante”. Per quanto riguarda l’Europa, ha detto, gli inglesi non se ne sono mai sentiti parte: “E non ci sono mai veramente entrati. Sono sempre stati fuori dalla moneta unica e non hanno mai aderito al trattato di Schengen, quindi in verità l’uscita dalla Ue è un trauma, ma fino a un certo punto. Sarà una situazione che potrà giovare a loro e agli europei, se non si entrerà in un gioco di ripicche reciproche che porterebbe a danneggiare entrambi sulle due sponde della Manica”.

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