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Come si afflosciano i principi repubblicani in Francia dopo le stragi Isis

Ecco i terroristi attentatori in Francia e le loro origini: Lahouaiej (Tunisia); Kouachi (Algeria); Boukezzoula (Algeria); Coulibali (Mali); Ghlam (Algeria); Salhi (Marocco); Khazzani (Marocco); Abaoud (Marocco); Akrouh (Marocco); Abdesalam (Marocco); Mostafai (Algeria); Amimour (Algeria); Aggad (Algeria); Abballa (Marocco); Merah (Algeria).

Si tratta in genere di francesi con recenti origini di Paesi colonizzati dai francesi, in particolare del Maghreb, del Marocco, dell’Algeria e della Tunisia. Questa lista ovviamente non è completa ma altamente rappresentativa. Il problema in Francia sembra essere quello del rapporto tra il Paese e gli immigrati dalle vecchie colonie mediterranee. L’Isis, alla ricerca di terroristi, va a pescare proprio in quell’area. Sono giovani di seconda o terza generazione di immigrati, quindi francesi spesso con doppio passaporto. Sono mussulmani, con nostalgie per le loro terre di origine. Sono francesi emarginati, senza prospettive e senza lavoro, uniti tra loro dalla fratellanza delle nazioni di origine e da una religione che seppur poco o per niente praticata, li fa sentire diversi dalle radici francesi.

D’altra parte la Francia moderna e “umanista” si trascina dietro il complesso coloniale, si sente colpevole e sente di non aver ancora pagato il proprio conto con la storia. D’altronde è l’unica delle potenze ex coloniali a manifestare questo complesso e il fatto curioso è che la Francia, di tutti i Paesi coloniali, fu quella più “paternalista”, più aperta all’integrazione e allo sviluppo delle terre dominate. Il colonialismo separatista, diretta espressione di un potere “superiore” nei confronti dei dominati, non ha prodotto così tante recrudescenze nei Paesi coloniali, come in Francia.

La violenza terroristica in Francia sembra concentrata negli ambienti della immigrazione da Paesi ex colonizzati. I primi immigrati trovarono lavoro e si integrarono rapidamente nel Paese che li aveva occupati. Le generazioni successive si trovarono ad avere “tutte le voglie dei ricchi e tutti i mezzi dei poveri”, come diceva Alfred Sauvy a proposito dei “sotto-sviluppati”. Avevano avuto scuole, sanità, “vitto e alloggio” ma si erano trovate a vivere ammassate nelle periferie urbane, con scarsissima integrazione sociale e culturale con la vecchia Francia, che restava ospitale, ma distante. Anche nella lingua, il francese delle periferie magrebine delle grandi città è immediatamente identificabile e diverso dal francese corrente, soprattutto tra i senza lavoro senza prospettive di vita, francese o non.

Alcuni figli degli ex colonizzati hanno maturato un odio profondo nei confronti degli ex coloni e del loro Paese-Nazione.

Tutto questo per dire che la ricerca delle radici del terrorismo in Francia , non è così vasta e complicata: basta avere il coraggio di superare i complessi coloniali e andare a fondo nello scavare le responsabilità di reti eversive nate e sviluppatesi, più che nelle moschee, nelle periferie monoculturali (arabo-ex coloniali) di aree degradate e protette dallo stato sociale francese. Qui si vive ai margini della legalità e a volte nella illegalità più violenta (droga e prostituzione). È peraltro vero che in queste situazioni la componente “devianza psichica” è spesso fenomeno più diffuso di quello che si pensi.

Che fare? Ci sono allo stato delle cose, al di là di partiti e istituzioni, di magistrature e polizie, due “culture” che si confrontano. La prima è quella dell’ “umanismo- mondialista” che ricerca la conciliazione tra stato di diritto e mondializzazione, assorbe le regole delle super urbanizzazioni con le iper metropoli, o “città-mondo”. Questa cultura vuole un’integrazioni, anche veloce, delle genti e dei popoli sotto la bandiera nazionale, ma con la conservazione delle identità di origine, capaci anche di arricchire la vecchia società francese. Ecco diversi esempi, senza andar troppo lontano. Il presidente Sarkozy è ungherese di seconda generazione, il primo ministro Valls, spagnolo, come la sindaco di Parig Hidalgo o il presidente della Camera dei deputati, Bartolone, madre maltese, padre italiano nato a Tunisi.

La seconda cultura è quella delle radici della Francia profonda, delle provincie, delle campagne, delle periferie, del “saper fare” tradizionale e antico, dell’orgoglio del carattere, della lingua e della storia francese, della propria identità nazionale. Spesso la prima di queste culture si definisce di sinistra, la seconda di destra. Nella sostanza le cose non sono schematizzabili così. La ricerca di una identità nazionale è voluta da tutti. I mezzi proposti per averla sono diversi, e spesso opposti, ma non è uno scontro tra progressisti e reazionari, tra sviluppo e conservazione. È uno scontro sul modo di vedere il mondo di oggi e il ruolo di ogni Paese, o delle sue regioni, di partecipare al suo sviluppo, alla sua storia. È uno scontro sui mezzi da adoperare per salvaguardare l’identità nazionale.

Le vicende terroristiche di questi ultimi tempi hanno accentuato e accelerato i termini di questo scontro. Anche per un motivo legato alla storia della Francia repubblicana che dette al mondo l’immagine di una nuova società moderna attraverso il motto rivoluzionario “liberté, egalité, fraternité”. Oggi i francesi si chiedono se quel motto non si stia svuotando di contenuto, giorno dopo giorno, a cominciare proprio dalla Francia dove la libertà si sta sempre più restringendo e non di poco, dove l’eguaglianza è diventata, nella pratica, un concetto astratto, dove la fratellanza non c’è più e, se mai c’è stata, ormai è fuori dalla “chiese” .

I colpi delle pistole e delle armi di ogni tipo hanno contribuito a questa disgregazione dei principi “repubblicani”.

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