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Giustizia, legalismo e misericordia

“Noi oggi stiamo tornando nell’Antico Testamento, che porta e legittima l’idea che la legge è l’unica fonte di salvezza. Ma questa è la distruzione, perché saremmo di fronte a una società che non ha davanti a sé prospettive nuove, di costruzione, di coinvolgimento sempre maggiore dell’uomo e di tutti gli uomini, e dunque si ripiegherebbe su se stessa senza alcuna speranza”. Parlando di fronte ai membri dell’Associazione Bachelet nell’aula Bachelet del Consiglio Superiore della Magistratura, in presentazione di un volume intitolato La carità politica (Libreria Editrice Vaticana) di cui ha scritto la prefazione, Mons. Leuzzi, Vescovo ausiliare di Roma, non fa giri retorici ma preferisce andare dritto al punto: “Questo è un grande problema, culturale e teologico, perché ci porta a una immanentizzazione non solo di tutta una prospettiva culturale, ma della stessa vita politica”. Per questa ragione “il Giubileo offre una riflessione importante: la distinzione tra il Dio, o i dei misericordiosi, e il Vangelo della misericordia, che è uno solo, ed è l’intervento di Dio nella storia, cioè l’unica possibilità di riportare la giustizia nel suo ruolo di servizio. In una prospettiva molto più ampia, che è quella della possibilità di costruire insieme una società nella quale davvero ogni persona e ogni uomo possa crescere e essere promosso”.

IL RAPPORTO TRA GIUSTIZIA E MISERICORDIA

Il tema dell’incontro è quindi quello del rapporto tra giustizia e misericordia. Parlando di carità politica (“un volto della misericordia”, sottotitolo del volume) si pensa subito a Paolo VI, ma in questo caso la prospettiva assume una valenza diversa. Per via del ricordo delle parole e della figura di Vittorio Bachelet, ma più che altro per il particolare inserimento della riflessione nella luce dell’attualità, e soprattutto, ponendosi di fronte alla figura dell’attuale Papa Bergoglio. “Può darsi che l’intuizione di Papa Francesco di indire il Giubileo della misericordia si sia avuta proprio pensando a questo tentativo pericoloso di fare della legge una via della salvezza, di questo legalismo che distrugge la persona e non dà la possibilità di ripartire e ricominciare” dice Mons. Leuzzi. Anche perché “unire le tre carità (samaritana, intellettuale, politica, indicate nella prefazione al libro) nella diversità delle forme di servizio, senza il Vangelo della misericordia, in una società globalizzata sarà molto difficile”. Nei quattro discorsi presenti all’interno del volume c’è tutto il “realismo storico” di Bergoglio, sottolinea Renato Balduzzi, presidente dell’Associazione Bachelet. “Francesco ha incontrato due volte il Csm: una volta nel 2014 e un’altra volta nel 2015. Sottolineando alcune cose, tra cui il fatto che la giustizia non si fa in astratto, ma considerando sempre l’uomo nel suo valore reale”. D’altronde, il suo realismo storico “non è quello di un generico Dio misericordioso”, dice il professor Balduzzi.

LE RIFLESSIONI DEL VICEPRESIDENTE DEL CSM LEGNINI

“Queste riflessioni possono aiutarci nel nostro lavoro e nell’avere uno sguardo più lungo, o ampio”, afferma l’attuale Vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. “Monsignor Leuzzi nota che serve un’armonia costruttiva, che coniughi la ricerca della verità e il coraggio di accogliere le sfide della storia”. E qui il riferimento è all’Europa, al suo cammino ma soprattutto a quelle difficoltà che lasciano trasparire una mancanza, evidente non solo per via dei rischi e delle incognite, e delle diverse crisi che giorno dopo giorno si fanno spazio, ma per l’impotenza e l’incapacità di edificare una cultura comune, disgiunta dal contesto prettamente tecnico e giuridico. E Legnini questo lo fa notare con chiarezza: “Quella che ci indica Francesco è una malattia che si può superare se ritroveremo lo spirito di un nuovo umanesimo, che è ciò che manca. È l’anima che difetta, questo tratto di umanesimo, nella complessa e ampia comunità europea”. Non è infatti “sufficiente apportare ritocchi cosmetici o compromessi tortuosi per correggere la rotta”. Insomma: “o ci crediamo e investiamo nella costruzione europea a partire dai valori fondativi, oppure sarà difficile che l’Europa ce la possa fare”. In tutto ciò va per di più considerato un altro fattore non da poco, fa notare Legnini. Che “la debolezza della costituzione europea ha determinato l’indebolimento degli stati nazionali, ed è a sua volta fonte di sfiducia e distacco: un doppio effetto che si è innescato, al quale dobbiamo assolutamente porre rimedio”. Senza contare che “il fenomeno delle migrazioni non è nuovo, neanche per intensità, ma oggi rischia di essere deflagrante”. E già Bachelet nel ‘51, ricorda ancora Legnini, diceva che “se gli uomini politici fossero animati da questo senso della fragilità e del limite, di carità e misericordia, e non solo dalla volontà di dare risposte, forse allora la fiducia potrebbe finalmente prevalere sulla sfiducia, sulla contestazione, e sul distacco”.

UGUAGLIANZA FORMALE COME IDEOLOGIA GIURIDICA DELLA MODERNITÀ

“Certamente nella contemporaneità, e in alcune realtà sociopolitiche e ordinamentali, una giustizia implacabile e che non fa differenze, e un giudice che non guarda in faccia a nessuno, sono percezioni diffuse, per non dire comuni” dice Giuseppe Dalla Torre, presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Citando oltre a ciò la stessa bolla Misericordiae Vultus con la quale Papa Francesco ha indetto il Giubileo, nel passaggio dove è scritto che “una concezione integralistica della giustizia” ha portato “a cadere nel legalismo, mistificando il senso originario e oscurando il valore profondo che la giustizia detiene”. Giustizia infatti, viene fatto notare, nella Bibbia ha un valore molto lontano da quello che gli è attribuito oggi. Erano giusti Giuseppe di Nazareth, Nicodemo, Giuseppe di Arimatea, che erano buoni perché obbedienti di fronte al Padre. Ma con l’avvento dell’età moderna “la misericordia tende ad eclissarsi dalla sfera della giuridicità”. Legalità e legittimità iniziano così “a confondersi, e la certezza del diritto diventa principio inderogabile”. Un’uguaglianza formalmente intesa è perciò riconducibile, continua il presidente Dalla Torre, “alle ideologie giuridiche della modernità. Mentre guardando al divenire della storia si coglie una costante aspirazione dell’uomo a far sì che la giustizia, per essere veramente tale, debba comprendere in sé l’umanità, la filantropia, l’amore degli uomini”. In tutto ciò, “l’idea tipica di Francesco, che è attivare processi, metterli in moto, e non occupare spazi, ci mostra la sua idea alta della politica, che comprende anche la dimensione giuridica, nonostante non possa limitarsi ad essa” conclude Dalla Torre. “Buona politica significa perciò innestare processi, che tendono verso traguardi di vita buona per la persona e per la comunità. Qui si inserisce a pieno il tema della misericordia, che per la teologia morale è un aspetto della carità ma per il diritto secolare può essere espressione della solidarietà”. Perciò, in conclusione, anche se “è possibile trovare tracce della misericordia nel nostro diritto”, quelle di papa Francesco sulla carità politica “sono indicazioni promettenti”.



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