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Isis, la guerra, le religioni, il Papa e la Chiesa cattolica

Sono un papista ortodosso e considero indegne certe allucinanti note che circolano sul web, come quelle di un sedicente Movimento d’Amore San Juan Diego, che giungono a definire Papa Bergoglio come “il Vicario dell’AntiCristo”, o quegli articoli del solito Socci con i quali si vorrebbe insegnare al Papa “come fare il Papa”.

Confesso, tuttavia, che molte delle persone che abitualmente frequento, alcune delle quali vicine ad ambienti importanti della Curia romana, esprimono sempre più spesso il loro disagio, se non la loro aperta avversione, sia per qualche affermazione “imprudente”, secondo loro, di Papa Francesco, sia per qualche incomprensibile omissione, specie con riferimento alle vicende drammatiche della violenza jihadista contro i cristiani.

Riferimento obbligato la lectio magistralis di Papa Benedetto XVI a Ratisbona nel quale Papa Ratzinger lucidamente espresse il suo pensiero in merito agli islamisti che “usano la spada e non la ragione”, dopo quanto accaduto a Padre Jacques sgozzato sull’altare nella Chiesa di Saint-Etienne du Rouvray, ci si attendeva una reazione più ferma da parte della Chiesa con la voce del suo Pontefice.

Papa Francesco, ieri, invece, sull’aereo che lo stava conducendo a Cracovia alla Giornata Mondiale della Gioventù, reiterando la sua ben nota affermazione per cui “siamo in guerra”, nella terza guerra mondiale, sebbene condotta in più tranches, ha con estrema durezza affermato che “siamo in guerra sì, ma non di religione”. La sua conclusione è perentoria: “tutte le religioni vogliono la pace. La guerra la vogliono gli altri”.

Credo che con quest’ultima affermazione il dibattito sull’attuale conduzione della Chiesa Cattolica non mancherà di riservarci altre sorprese. Da parte mia continuo a ritenere Papa Francesco un dono del Signore, offerto a una Chiesa smarrita e da un popolo di fedeli in crisi da molto più tempo di quello che è stato sin qui concesso alla responsabilità del gesuita argentino. Una crisi che finì con l’annientare anche le ultime strenue capacità di resistenza del grande teologo Papa Benedetto XVI, nel confronto del quale spesso i critici di Bergoglio lo mettono in indebita contrapposizione.

Se il titolo stesso del Papa, Pontifex, costruttore di ponti, anche nella situazione drammatica che ha visto negli ultimi anni il sacrificio di migliaia di cristiani in varie parti del mondo, quasi sempre per la mano di estremisti in maggioranza ispirati da una lettura faziosa dei testi coranici, costituisce la premessa ontologica dell’agire papale, non si comprende quale alternativa concreta i critici di Bergoglio saprebbero avanzare?

La guerra di religione? E con quali truppe? Ci sono crociati disponibili nelle Chiese sempre meno frequentate, con vocazioni sempre più flebili, e con lo stesso associazionismo cattolico che permane in Italia, come nel resto d’Europa, in grave crisi di orientamento e di organizzazione?

Al di là delle facili reazioni, espressione più della rabbia e della frustrazione, andrebbero meglio considerate le ragioni più profonde che sono alla base dell’attuale situazione di crisi nei rapporti internazionali, entro i quali si pone la questione dello stesso stato islamico dell’ISIS e delle suoi tentacolari manifestazioni più o meno organizzate a livello mondiale.

Sul blog che dirigo (www.insiemeweb.net), l’amico Fabio Polettini ha sintetizzato in maniera efficace ciò che sta accadendo, sottolineando che: “Quello che continua a rimanere sottotraccia è l’analisi del disegno sottostante a questi atti di sangue. Esiste una strategia? A cosa è diretta? A che cosa si mira seminando terrore che danneggia il turismo e le economie, in primis, degli stessi paesi musulmani coinvolti? Si mira alla destabilizzazione del medio oriente da parte, questa volta, di alcuni stati di quell’area? O di certi settori di quegli stati, la cui leadership è a base clanica?
Con il progressivo disimpegno degli Usa, nuovi attori stanno riempiendo quel vuoto. La Russia è intervenuta per non vedersi esclusa dal mediterraneo, per controbilanciare la perdita dell’Ucraina, per mitigare le sanzioni e, probabilmente, per affrontare il tema del prezzo del petrolio – di cui è grande produttrice ed esportatrice- tenuto artificialmente basso dall’ Arabia Saudita. Ma quest’ultima, coi suoi alleati e l’iran conducono un confronto duro e diretto sia in Siria, che in Yemen, che in Iraq. Ecco, è in questo assetto di nuovi equilibri che deve essere inquadrato L’Isis e le sue ambizioni territoriali, nonché la sua origine.
La cosa non è certo facile dal momento che in questo groviglio (dal quale gli Usa hanno preferito chiamarsi fuori, adottando l’antica politica del bilanciamento dei poteri, tesa a fare sì che nessun paese possa prevalere del tutto sull’altro, sapendo che Washington interverrebbe militarmente per riequilibrare il baricentro) ci sono grandi interessi economici di alcuni stati anche europei, nonché di Cina e Russia. Pensiamo soltanto alla delicatezza della Turchia, allo snodo dei gasdotti che fanno transitare gas dalle aree del Caspio sino a noi, al passaggio dei Dardanelli (che con Gibilterra e Suez sono gli unici accessi verso gli altri mari), al fatto di essere area – quella turca – che confina con le frontiere europee e che è terra”.

Ecco di qui si dovrebbe ripartire, se non si vuole ridurre la nostra critica a formule prive di fondamenta effettuali. Credo che il Papa e il Vaticano abbiano l’intelligenza e gli strumenti di analisi e di verifica più che efficaci per assumere, con sano realismo e la fedeltà ai valori di riferimento essenziali, le scelte più opportune in questa fase complessa e, per certi versi, drammatica della vita sul nostro pianeta.

Ettore Bonalberti
www.alefpopolaritaliani.eu
www.insiemeweb.net
www.don-chisciotte.net

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