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Esiste un Islam moderato?

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Esiste un “vero” Islam, un Islam autentico, e questo vero Islam è fondamentalista o moderato? Dubito che il Corano possa dirimere la questione. Nel testo sacro dei musulmani si possono estrapolare versi a sostegno di una tesi e del suo contrario. Se invece ci domandiamo quale sia oggi l’Islam vincente, la risposta è sicuramente più facile: l’Islam vincente è quello estremista e fondamentalista. Del resto, nella storia chi è assente, chi dorme e chi tace non conta. E gli islamici che contano nel tempo presente sono quelli che imbracciano (non solo metaforicamente) le armi dell’odio e del rigetto della nostra civiltà.

Beninteso, ci sono molti intellettuali islamici che in Europa e negli Stati Uniti combattono contro il fondamentalismo, portano avanti la cultura del dialogo e ritengono possibile un Islam democratico. Ma al più possono rivolgersi alle comunità musulmane insediate da tempo in Occidente, mentre la loro influenza sui correligionari mobilitati dalla predicazione fondamentalista resta scarsa o nulla.

Con l’espressione “Islam moderato” ci si riferisce però in particolare agli Stati arabi, o di popolazione in prevalenza musulmana, i quali resistono al fondamentalismo radicalizzato che li vorrebbe conquistare: in primis Arabia Saudita ed Egitto, ma anche Algeria e Pakistan. L’Arabia Saudita meriterebbe un discorso a parte: è una monarchia assoluta di credo wahhabita, chiuso e retrivo. Come meriterebbe un discorso a parte il ruolo che certe élite arabe hanno avuto e continuano ad avere nel finanziamento dei gruppi jihadisti. La maggior parte degli altri Paesi, comunque, è costituita da dittature civili o militari. C’è poi il caso emblematico della Turchia: un regime laico che è stato gradualmente soppiantato dalla sottostante teocrazia delle moschee (il luogo nel quale “ci si prostra”). E chissà se Recep Erdogan, dopo il fallito golpe,  non deciderà di accelerare la realizzazione del suo vecchio progetto: introdurre la sharia (legge divina) nell’ordinamento repubblicano fondato da Kemal Atatürk nel 1923.

Per altro verso, con il Marocco ci troviamo invece di fronte a quello che è senza dubbio il più modernizzante degli Stati islamici. Ha un sovrano costituzionale che regna e governa, e che è anche il supremo capo religioso del Paese, il suo inviolabile e sacro “difensore della fede”. Cosa che lo rende più immune dall’assalto del fondamentalismo. Infine, il Pakistan – il più grande e popoloso Stato islamico (dopo l’Indonesia) – si barcamena costantemente (alla stessa stregua dell’Egitto) su equilibri politici e istituzionali precari. È in qualche misura costretto ad avere una fama di “moderato”, anche perché l’esercito dipende largamente dai finanziamenti americani. Ha tuttavia reintrodotto nel 1964 la sharia, ed è costantemente minacciato dall’esplosione delle “madrasse”, le scuole islamiche che coltivano il fondamentalismo e non di rado addestrano le sue frange terroristiche.

Cosa si può ricavare da questa rapidissima rassegna? Forse si può ricavare che i “cosiddetti Stati moderati islamici non sono la salvezza dell’Occidente, ma piuttosto Stati da salvare” (Giovanni Sartori, “La corsa verso il nulla”, Mondadori, 2015).

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