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La Brexit è un segnale di declino della UE?

(Seconda parte dell’analisi dell’economista Pasquale Lucio Scandizzo. La prima si può leggere qui)

E’ interessante analizzare la situazione usando lo schema concettuale di Albert Hirschman (1970) di “exit, voice and loyalty”, tre parole la cui traduzione in Italiano  (Uscita, Voce e Lealtà) è meno suggestiva di quella della lingua originale. Per Hirschman, voce e uscita sono due strategie contrapposte per dimostrare insoddisfazione da parte dei membri di una organizzazione.  “Voce” implica espressioni verbali, proteste, tentativi di incidere sui processi decisionali dell’organizzazione, mentre “uscita” implica che la “lealtà” verso l’organizzazione si è deteriorata al punto da lasciare come estrema forma di dissenso l’abbandono (l’ “uscita”) dall’organizzazione stessa.

Questo è un modello molto generale. Da un lato esso spiega il funzionamento del mercato , dove i consumatori “votano con i piedi” abbandonando i fornitori di beni e servizi insoddisfacenti a favore dei loro concorrenti. Dall’altro, lo stesso modello interpretativo viene suggerito da  varie forme di comportamenti che contengono elementi di insoddisfazione, protesta o rigetto, quali l’emigrazione, la criminalità, e il terrorismo. Ancora più in generale, si può pensare all’aumentare del risentimento verso una organizzazione a cui si è aderito, come  forme di uscita da un modello di lealtà maggiore (in cui ci si identifica completamente con l’organizzazione) a modelli di lealtà via via inferiore, in cui l’organizzazione è vista come progressivamente estranea e  perfino potenzialmente nemica. In questo caso l’uscita finale è solo un fatto formale, almeno dal punto di vista soggettivo, perché l’uscita effettiva si è consumata già da prima di quella palese. E’ questo quello che è avvenuto in Gran Bretagna, o almeno per la maggioranza dei suoi cittadini ed è questo ciò che sta avvenendo in altri Stati dell’Unione?

Il declino di un’organizzazione, tuttavia, può essere inarrestabile, se lasciato alla dinamica dell’uscita volontaria dei membri insoddisfatti, perché ciò può provocare una forma di selezione avversa che condanna l’organizzazione a un sentiero lungo il quale non è possibile correggersi. Per illustrare questo punto, Hirschman fa un esempio illuminante. Supponiamo che la qualità dell’educazione di una scuola pubblica  si deteriori e che vi siano due tipi di genitori, quelli ricchi, che badano alla qualità , ma non al costo e quelli poveri, che badano al costo e non alla qualità.  La risposta al deterioramento della qualità determinerebbe l’uscita dei genitori sensibili alla qualità e la scuola diventerebbe irriformabile, perché i genitori rimasti non sarebbero in grado di apprezzare il deterioramento della qualità.

Una interpretazione alternativa dell’ “uscita” è però fornita dalla teoria dei giochi non cooperativi, ove l’exit può essere identificato con la minaccia estrema che determina il potere contrattuale di un giocatore. In questo caso, come strategia di contrattazione, l’exit deve essere una minaccia credibile ed efficace. Per essere credibile, l’uscita deve essere preferibile all’alternativa, nel senso che l’utilità di chi esercita l’opzione di uscita, non deve essere palesemente minore della sua utilità in assenza di tale esercizio. Per essere efficace, è necessario che le utilità degli altri membri dell’organizzazione, o del management siano significativamente ridotte dall’uscita del membro che la minaccia. La Brexit sembrava poco credibile prima che avvenisse, ma se, come sembra, la Gran Bretagna non va incontro a grandi perdite, essa ha reso certamente più credibile la minaccia di uscita degli altri membri (cosa che invece la Grexit non aveva fatto). Quanto alla efficacia rimane da vedere quanto l’UE soffrirà senza la Gran Bretagna. Tanto maggiori gli effetti negativi, tanto più efficace diventerà la minaccia di uscita degli altri membri come strumento di contrattazione per i singoli Paesi.



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