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La strage di Nizza

Ci ritroviamo anche oggi a discutere dei fatti del giorno dopo. Degli orribili avvenimenti del 14 luglio 2016, quando un fanatico, un folle, ha fatto una strage a Nizza, in occasione delle celebrazioni della festa della liberazione. Ha usato un camion e una pistola. Ha distrutto e ucciso con freddezza e con meticolosità: voleva una carneficina. Ha sterzato per uccidere quante più persone possibile.

Si tratta di odio puro. Di rabbia. Non è chiara ancora la dinamica. L’attentatore sembra non aver alcun contatto con i gruppi fondamentalisti islamici. Ha alle spalle una vita da piccolo criminale di strada, padre di tre figli e con una crisi familiare sulle spalle. Il profilo non è quello di un attentatore dell’IS, ma di una persona depressa e instabile. E per questo non meno pericoloso.

Emergono anche particolari che lasciano allibiti. Il corriere riporta quando segue:

con il passare delle ore emergono particolari sulla ricostruzione dell’attentato. Bouhlel era stato fermato nel pomeriggio del 14 luglio per un controllo. Aveva infatti parcheggiato il camion in prossimità della Promenade des Anglais, in un punto in cui i veicoli non erano autorizzati a restare in vista della serata di festa e di grande affluenza. Agli agenti che gli chiedevano di spostare il camion, Mohamed Lahouaiej Bouhlel aveva spiegato che consegnava gelati. Ed la polizia lo ha lasciato andare” (Link)

Nessun controllo ulteriore. Uno si chiede: perché? Dopo tutto quello che è successo in questo anno, proprio in Francia, nessuna verifica all’interno del Camion?

La situazione purtroppo è quella che conosciamo. Alla fine oltre 80 persone sono morte, uomini, donne e bambini innocenti. La polizia alla fine è riuscita a uccidere Mohamed Bouhlel, ma la strage era ormai compiuta. Tra le vittime della sua follia persone di ogni provenienza e fede religiosa. Fatima Charrihi, musulmana praticante, era alle celebrazioni con la famiglia. Morta sul colpo, mentre teneva per mano i nipoti.

Bisogna essere razionali, anche se è difficile. E non è possibile generalizzare, come sempre accade in questi casi, imputanto quanto accaduto a una comunità o a una fede. Tutte queste cose non c’entrano. Si tratta di odio, rabbia, violenza, voglia di prevaricare e di annichilire l’altro. Se dovesse emergere un profilo diverso, che lega l’attentatore agli ambienti islamisti, l’analisi non cambierebbe di una virgola. Uccidere, uccidere e ancora uccidere, chiunque si trovi sul loro cammino: cristiani, induisti, buddisti e musulmani. Non fa differenza.

Non possiamo dimenticare né ignorare che dalla Siria all’Africa a morire ogni giorno sotto le violenze di questi fanatici sono soprattutto musulmani. Persone innocenti, come quelle uccise ieri sera e le altre volte a Bruxelles, a Londra, a Madrid e a Parigi.

La risposta che l’Europa deve dare è maggiore capacità di coordinamento interno, di controlli e di prevenzione. Che vuol dire molto di più del criminalizzare un intero gruppo o una intera fede: significa intregrazione, inclusione e una politica attenta alle esigenze delle persone. A cosa serve, come ho letto poco fa, un reato di integralismo islamista? Propaganda ridicola. Mi permetto di dirlo. I fondamentalisti per lo più si fanno esplodere, altri si fanno ammazzare pur di non essere presi vivi. Cosa vorrebbero proporre gli estensori di questa fenomenale idea? Di arrestare tutti quelli che son musulmani, che hanno la barba lunga o che lombrosianamente ci sembrano “strani”? Restiamo seri. Questo è un invito che vorrei fare. La Politica incapace, superificale e centrata su se stessa e sul raccattare voti qua e là, è parte del problema.

Andare avanti su un percorso di integrazione europea, con l’istituzione di agenzie transnazionali europee di intelligence, di sicurezza e controllo, di scambio tempestivo di informazioni e di risorse umane, è una esigenza ormai non più rimandabile. L’integrazione europea passa anche da questa consapevolezza: gli Stati, da soli, non sono in grado di far fronte alle minacce globali. E nemmeno a quelle interne a quanto pare. La Francia, con ben tre attentati in meno di un anno ne è la dimostrazione, così come il Belgio. C’è un problema sistemico che va risolto. Insieme siamo forti, insieme possiamo vincere tante battaglie e anche questa.

E non mancano certo gli sciacalli, quelli di ogni sorta. Chi fomenta ancora odio e rabbia, pur di prendere qualche voto in più alle prossime elezioni. Chi fa leva sulla paura e l’ansia della gente, che vorrebbe mettere gruppi gli uni contro gli altri, per dividere ulteriormente, spaccare e incendiare le violenze, non deve avere la possibilità di vincere. Partiti e movimenti xenofobi hanno gioco facile, oggi, a dire che bisogna reagire e chiudere frontiere. Per costruire un nemico basta poco. A noi servono energie e pazienza per decostruire le loro menzogne. Ma come si è visto il problema è anche o soprattutto interno. In Francia, gli attentatori erano nati e cresciuti nelle periferie. Non venivano dall’esterno. E la cosa rende il tutto ancora più angosciante, senza dubbio.

Davanti a queste tragedie e sommovimenti, noi ci possiamo far travolgere dalle emozioni e imrpecare, perché anche questo è giusto a volte. Ma la Politica deve fare altro. La politica ha il dovere di analizzare e dare risposte. Deve restare lucida e razionale. Abbiamo poi tutti un dovere: salvaguardare quello che abbiamo costruito, come società e come civiltà, e non possiamo rinunciare a niente di ciò che abbiamo conquistato con sangue e sofferenze nel nome della paura e della rabbia. I diritti, per esempio, sono una di queste cose irrinunciabili. Coniugare sicurezza e rispetto delle libertà individuali e collettive. Imperativo per un’Europa come quella che abbiamo voluto creare e che dovrà ancora rafforzarsi. Per un’Europa unita nella diversità.



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