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L’Italia e la sfida di una legge per i whistleblower

È giunta l’ora che anche l’Italia si doti di una legge che protegga i cd. whistleblower, i dipendenti (pubblici o privati) che denunciano casi di appropriazioni indebite, corruzioni e truffe commessi in azienda da colleghi o superiori. A tal fine Riparte il futuro e Transparency International hanno lanciato una petizione a tutela dei whistleblower rivolta alla Commissione Affari Costituzionali del  Senato, che ha avuto un successo immediato: in poche ore ha superato le 11.000 firme.

Solo nel 2015, l’Autorità Nazionale Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone ha ricevuto 200 segnalazioni. A queste segnalazioni l’ANAC ha dato seguito ed ha avviato 17 indagini: in altri termini, grazie alle denunce di questi soggetti è stato possibile fermare l’ulteriore spreco di denaro pubblico e limitare le perdite che pesano sui contribuenti. Queste persone, però, non vengono tutelate nel nostro paese. Anzi, accade spesso che, per tutta risposta, molti di loro siano prima messi all’angolo in azienda e poi perdano il proprio lavoro.

È quello che è accaduto per esempio ad Andrea Franzoso, l’internal auditor che ha scoperto e denunciato le spese con la carta di credito delle Ferrovie Nord Milano per auto, quadri, scarpe, viaggi e altri divertimenti da parte dell’ex presidente di FNM Norberto Achille. Per fare solo un esempio, l’ex presidente aveva usato soldi pubblici per pagare oltre 100.000 euro di multe stradali che il figlio aveva preso utilizzando l’automobile aziendale.

Siamo certi che i 700.000 pendolari che ogni giorno usano le Ferrovie Nord, avendo a che fare con  ritardi, cancellazioni dei treni e convogli scadenti, e che continuano a pagare il biglietto, sono oggi grati ad Andrea Franzoso: finalmente sanno perché e per colpa di chi la qualità dei loro viaggi  era così scarsa. Anche gli azionisti possono vederci più chiaro: FNM è quotata in borsa, quindi a pagare le scarpe e i viaggi al Presidente sono stati, oltre ai contribuenti lombardi, anche i risparmiatori.

L’azienda è stata meno contenta e si è vendicata isolando, demansionando e poi allontanando Franzoso. E purtroppo anche lo  Stato italiano non ha brindato al suo gesto ma anzi si è disinteressato della sua sorte: sebbene con la sua denuncia abbia scoperto un caso di scuola dell’appropriazione indebita di soldi pubblici e malagestione, e abbia pagato in prima persona il suo gesto dettato solo da un forte senso di integrità personale, non vi è ancora nessuna legge che offra delle tutele a persone come lui.

Questa situazione deve finire: dobbiamo proteggere i whistleblower per incoraggiarli a segnalare in quanto strumento fondamentale della lotta alla corruzione.

La Camera a fine gennaio ha approvato un testo di legge che il Senato ha ignorato. Per questo motivo noi di Riparte il futuro e Transparency International Italia abbiamo lanciato una petizione rivolta ad Anna Finocchiaro, Presidente della Commissione Affari Costituzionali in Senato, e a tutti i senatori membri della Commissione (che dovrà approvare la legge) chiedendo che venga presto calendarizzata la discussione. Abbiamo anche chiesto che la legge abbia dei requisiti minimi di protezione, fra i quali: che il segnalante possa rimanere anonimo, se lo ritiene; che venga istituito un fondo per sostenere economicamente i whistleblower chiamati ad affrontare l’azienda davanti al giudice del lavoro, o addirittura licenziati; che vengano emanate sanzioni certe ed efficaci verso i datori di lavoro che attuano ritorsioni, e che il segnalante venga tutelato in giudizio contro la discriminazione subita.

In molti paesi dell’OCSE (fra cui UK e US) queste norme sono presenti da anni, e vengono regolarmente applicate per scoprire truffe e illeciti.

La legge che vogliamo rappresenta una irrinunciabile garanzia di civiltà: proteggere chi aiuta la giustizia, per punire chi abusa del sistema di cui sta al comando.

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