Al summit Nato di Varsavia dell’8 e il 9 luglio l’Alleanza si presenta con una dicotomia interna di non facile risoluzione. Una sede scelta non a caso, quella polacca, in quanto l’attivismo russo a est ha fatto ripiombare una parte importante dei 28 membri dell’Alleanza in un clima di ritorno al passato da Guerra fredda, dove il sommo mantra e fondamentale perno dell’unità e della coerenza strategica della Nato era rappresentato dall’articolo 5 del Trattato atlantico.
L’“impellente” priorità strategica viene quindi data nuovamente alla difesa dell’integrità territoriale del “fianco” nord ed est del Patto del Nord Atlantico, soprattutto nei confronti di un ipotetico attacco da parte della Federazione Russa. Pertanto, dopo il summit del Galles del 2014, le pianure e le brughiere dell’Europa centrale sono ritornate protagoniste di molte esercitazioni campali dal sapore che si riteneva ormai perso, con colonne di carri e veicoli per la fanteria lanciati contro le postazioni del grande avversario di sempre. Un trend in continua ascesa, che è culminato, almeno per il momento, nella gigantesca esercitazione Anakonda16: circa 31mila soldati provenienti da 24 Paesi membri, con cento velivoli, 12 navi e 3mila veicoli coinvolti nelle manovre militari che hanno interessato i poligoni polacchi nella prima metà di giugno.
Se questa è sostanzialmente la postura strategica dell’Alleanza nei confronti di quello che è il fianco nord, non va dimenticato che la Nato deve affrontare una serie di minacce estremamente subdole e insidiose, di carattere asimmetrico, provenienti dai propri confini meridionali. L’intera area Mena – Middle East and North Africa – è ormai da anni in fiamme, e l’instabilità che ne deriva espone in maniera diretta in primis i Paesi dell’Alleanza che si affacciano sul Mediterraneo. Il fianco sud della Nato si pone quindi in antitesi rispetto alla percezione di sicurezza che caratterizza i Paesi del centro-nord Europa, in quanto costretto ad affrontare un avversario non definito oppure, come nel caso delle migrazioni di massa, un fenomeno di portata epocale non ascrivibile a un singolo Paese, ma che impegna l’Alleanza nel contrasto ai network criminali che traggono vantaggio da questa situazione.
Ecco quindi che, durante il prossimo vertice dell’Alleanza, le due anime della Nato saranno costrette a confrontarsi con un compito non certo facile. L’auspicio, infatti, sarà quello di trovare una sintesi di fondamentale importanza per poter dare così nuovo equilibrio e coerenza alla postura strategica dell’Alleanza nell’affrontare le sfide alla sicurezza collettiva di tutti i suoi membri, senza rimanere prigioniera di retoriche che appartengono ormai al passato.