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Perché Urbano Cairo non poteva non comprare Rizzoli-Corriere della Sera

Urbano Cairo

Entriamo nel dettaglio e analizziamo gli aspetti specifici delle due parti in causa nella sfida (finita, finalmente) per Rcs.

BONOMI

Il finanziere milanese, erede di una storica famiglia blasonata e alquanto ricca, proprio venerdì nel giorno della conclusione delle due offerte ha dimostrato che il suo interesse è ben altro: faceva conf call per la vendita di Stroili Oro quando le banche e gli intermediari stavano gestendo gli ultimi pacchetti di azioni. Ha venduto la catena di gioiellerie e ha incassato 300 milioni. La cifra che pro-quota avrebbe dovuto spendere, largo circa, se avesse rilevato il controllo di Rcs tra spesa per opa e aumento di capitale proposto.
La sua è giustamente una visione da finanziere puro. I fondi di private equity sono concentrati solo su un target: l’IRR, il ritorno dell’investimento. L’editoria non li garantisce come altri business. Da qua l’uscita immediata dopo la sconfitta.

CAIRO

L’editore cresciuto alla corte di Berlusconi (evitiamo altre lodi commerciali al business) ha fatto un bel balzo in avanti. Forse bello lungo. Ma ne aveva bisogno. Perché i conti del suo gruppo sono solidi e non presentano “ostacoli”, ma la marginalità sta rallentando da alcuni anni. Segno che qualche cosa bisognava fare. Del resto comprare (coi soldi di Telecom) La7 era un impegno gravoso: le tv richiedono investimenti abnormi per sostenere la concorrenza tanto più ora che oltre a Rai e Mediaset ci sono due colossi quali Sky e Discovery che stanno conquistando fette delle tv free generalista. E che siano forti lo dimostrano i dati della raccolta pubblicitaria, nettamente più alti di quella di La7 che fa solo il 3% di share poco più.

Ecco il nodo vero di Cairo. Non poteva più stare da solo. Doveva aggregarsi, per rafforzare l’offerta editoriale del canale. Ha comprato un mux per risparmiare 6 milioni all’anno di affitti delle frequenze, ha spazio libero da affittare, ma deve rafforzare la sua presa sulla tv. Un vecchio adagio del mondo televisivo racconta che per avere successo in questo mercato ci vogliono almeno 3 canali free rilevanti (Rai ne ha 3, Mediaset ne ha 3, Sky ne ha 3, Discovery idem o anzi 4). La7 è ferma a due, ma La7D fa lo 0,5% di share o poco più. Serve altro, servono contenuti nuovi, servono idee, servono volti noti. Dal Corriere della Sera e dalla Gazzetta dello Sport ne possono arrivare. Ecco perché Cairo ha fatto questo sforzo enorme.

E poi non dimenticate che a lui interessa la partita della raccolta pubblicitaria. Con la tv che fagocita il 61% degl investimenti totali (di questa fetta il 58% va a Mediaset e il 22% a Rai), la carta stampata è stritolata e all’angolo. Fare economie di scala e fare massa non potrà che aiutare Cairo che è bravo ma ha periodici che dal 2008 perdono un botto di raccolta. Lui come detto vende molto in edicola e quindi mitiga questo problema.

(Estratto da un post pubblicato sul profilo Facebook di Andrea Montanari)

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