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Primarie americane: perché continuiamo ad essere per Hillary

Da qualche anno, come sanno i 15 lettori che ci seguono appassionatamente, abbiamo spiegato le ragioni della stima e del rispetto che Hillary Clinton si è guadagnata e che vorremmo brevemente qui riassumere. Competenza sui dossier, senso delle istituzioni, visione dei problemi, condivisione del sentimento più genuino del popolo americano.
Oggi però ci vogliamo dedicare all’analisi dei risultati complessivi delle primarie, del rapporto tra Hillary e Bernie Sanders e quello più complessivo tra Hillary Clinton e Donald Trump.

PRIMARIE: UN BAGNO DI DEMOCRAZIA

Non esiste in nessuna parte del mondo (né in quello occidentale e tanto meno in quello orientale) un così completo e compiuto bagno di democrazia come sono le primarie americane e le conseguenti elezioni presidenziali. Tanto per avere un idea è forse opportuno snocciolare alcune cifre. Hanno partecipato al voto delle primarie repubblicane e democratiche circa 60 milioni di elettori, cittadini cioè che si sono prima presi la briga di andarsi ad iscrivere nelle liste delle rispettive primarie per poi poter partecipare. I candidati alle primarie hanno «arato» il Paese metro per metro insieme con migliaia di attivisti, di volontari, di quadri di partito. In questo contesto così generale vediamo i dati che riguardano Hillary.
Hillary: 16.505.319 voti pari al 55,58 per cento.
Sanders: 12.695.657 voti pari al 42,75 per cento.
La prima osservazione è che il distacco che per mesi è stato artificiosamente fatto apparire esiguo è in realtà vistosissimo, perché tra i due c’è un divario di 4 milioni di americani che ci pare incontrovertibile (quando Obama sconfisse Hillary nel 2008 i voti popolari erano quasi eguali n.d.r.). Hillary ha vinto nel numero di elettori, ha vinto nel numero di delegati eletti, ha stravinto nelle preferenze dei super delegati. In altre parole ha vinto sempre contro un avversario che aveva un unico obiettivo: spostare vistosamente a sinistra la piattaforma dei democratici, battere gli odiati Clintoniani e fare il pieno del radicalismo statunitense. Tra l’altro avendo il vantaggio di essere un battitore libero e come tale di non avere niente da perdere.
Hillary è stata invece sottoposta ad uno stress psicofisico e a un dispendio di energie terribile. Da un lato doveva contendere metro per metro a Sanders, ma dall’altro non poteva certo attaccarlo troppo perché sapeva che in caso di vittoria doveva recuperare gli entusiasmi, i voti ed il malcontento dei democratici che votavano il «Grinta del Vermont». Dall’altro doveva duellare con Trump per non lasciargli la scena pur evitando di cadere in quella corrida di volgarità e becerismo in cui Trump ha fatto di tutto per coinvolgerla. Trump infatti prima ha lanciato un video sui peccati sessuali di Bill quasi che Hillary tacitamente li sopportasse e poi ha iniziato una campagna sulla disonestà di Hillary stessa.
Tutto ciò non ha scomposto questa donna straordinaria che nei due Stati chiave che tutti consideravano una sorta di giudizio di Dio ha dato una risposta incontrovertibile. Nello Stato di New York Hillary ha raccolto 1.037.344 voti e Sanders 752.739. In California Hillary ha raccolto 1.945.580 voti contro il milione e mezzo di Sanders. Distacchi abissali che confermano la forza e il coraggio di questo animale politico che è l’avv. Rodham Hillary Clinton entrata nella storia come prima donna in corsa per la Casa Bianca.

DA QUI ALLA CONVENTION

Ma veniamo ai contenuti. Ora il partito democratico è impegnato in una ricucitura Hillary-Sanders sotto l’alto protettorato del presidente Obama che dopo aver incontrato per un’ora e mezzo il senatore del Vermont ha diffuso un messaggio registrato di esplicito e totale appoggio a Hillary Clinton. Del resto nel 2008 Hillary pur con un grande numero di delegati si era ritirata a favore di Obama e il discorso suo e quello di Bill infiammarono i cuori e le menti dell’intera Convention. Solo da una settimana Hillary ha cominciato a rosolare a fuoco lento le sciocchezze a getto continuo che Trump finora ha detto. Facciamo qualche esempio: i dirigenti democratici non faranno passare liscio gli insulti ad un giudice messicano, il continuo frasario razzista, il disprezzo evidente verso le donne e gli immigrati. Su tutti questi fronti Trump dovrà vedersela con tutto l’establishment democratico del Paese che d’ora in avanti non gliene farà passar liscia neppure una.
Hillary dalla sua ha quattro assi nella manica:
• l’incontestabile vittoria nelle primarie. Se le proiezioni sono corrette finirà per avere delegati 4 volte di più di quelli che aveva Obama nel 2008;
• l’endorsement di Obama la cui popolarità sfiora il 50 per cento dell’intero elettorato e tale popolarità si ritrova solo negli anni d’oro di Reagan e di Bill Clinton. Possibile Obama così popolare e scegliere un successore che distrugga tutto ciò che ha fatto?
• Facendo capire che nominerà Bill Clinton una sorta di zar dell’economia, Hillary colpisce al cuore positivamente chi cerca lavoro e la classe media bianca in parte delusa. Bisogna infatti ricordare che Bill Clinton creò 26 milioni di posti di lavoro (anche se essendo oggi la disoccupazione in America al 4 per cento, viene considerata dagli specialisti praticamente inesistente);
• Hillary ha pronunciato un grande discorso sui temi della sicurezza nazionale e dopo la strage di Orlando è ragionevole pensare che gli americani si vogliano affidare a chi sa dove mettere le mani piuttosto che ad un signore che insulta il governatore del New Mexico, sogna un protezionismo sfrenato e non ha una visione né di politica sociale né di politica economica né di politica estera e apostrofa un giudice messicano solo perché sta decidendo una causa civile contro Trump.
Resta l’incognita Sanders, ma noi riteniamo che non farà come il radicale socialista Nader che fece perdere le elezioni al democratico Gore contro Bush per centinaia di migliaia di voti rendendo così decisiva una manciata di voti di una sconosciuta contea della Florida.
Al dunque secondo gli studiosi vi sono in America 100 milioni di elettori centristi ed indipendenti e, come in ogni parte del mondo, saranno loro a decidere l’esito elettorale: saranno pronti a varcare il ponte trumpiano verso la negazione dei valori storici che hanno fatto grande l’America, rispetto del prossimo, trasparenza, merito, generosità, accoglienza degli immigrati, difesa nel mondo della libertà? La nostra risposta è no.
Due fantasmi si aggirano nel mondo libero e occidentale, la Brexit e la vittoria di Trump. Il successo del Leave in Inghilterra rende chi crede nei valori fondanti dell’Europa tristi e più soli. I padri fondatori dell’Europa volevano un’area dove circolassero le persone, le cose e gli aneliti di libertà. Non ci dobbiamo abbattere ma dobbiamo piuttosto vedere come la vicenda inglese ed il caso Trump segnalino ai governi del mondo occidentale problemi irrisolti e che vanno analizzati senza superficialità e senza distrazione alcuna. Lo dobbiamo ai nostri figli e alle nuove generazioni.

* Articolo pubblicato su Specchio Economico


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