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Come giudichiamo la sentenza della Consulta sulle pensioni

La Consulta ha “salvato” il contributo di solidarietà sulle pensioni superiori 14-20 e 30 volte il minimo INPS previsto dalla legge di stabilità 2014 del Governo Letta. La Corte ha respinto tutti i rilievi di incostituzionalità sollevati da numerosi tribunali ordinari, amministrativi e contabili (saranno tutti incompetenti questi giudici e la sapienza giuridica regna sovrana solo in quel palazzo? Oppure si potrebbero ipotizzare motivazioni politiche?) sentenziando che questo prelievo non ha natura tributaria in quanto i risparmi rimangono all’interno del settore previdenziale (?) ed è giustificato, in via del tutto eccezionale, dalla crisi contingente e grave del sistema. Ha ritenuto, inoltre, che il prelievo rispetta il principio di progressività ed è di natura temporanea pur comportando (bontà sua) innegabilmente un sacrificio per i pensionati.

Ma perché si fa cenno, come fosse una giustificazione, alla “progressività” del contributo quando proprio la progressività, oltre alla universalità, è carattere peculiare del prelievo tributario (art. 53 Costituzione) negando poi al contributo in questione la natura di tributo? Come si può ritenere che la legge Letta abbia rispettato i “paletti” posti dalla Corte su questa materia (eccezionalità, temporaneità, ragionevolezza) quando il prelievo interessato è triennale e fa seguito ad altri interventi analoghi nel triennio 2000-2002 (Legge Prodi) e nel quadriennio 2011- 2014? Come può farsi riferimento alla “crisi contingente e grave del sistema” (evidentemente previdenziale) quando il nostro sistema previdenziale è perfettamente sostenibile solo che fosse sollevato dal peso improprio del sistema assistenziale?

Né si è peritata la Corte di chiedersi che fine abbiano fatto questi quattrini che si sono dispersi nel bilancio degli enti previdenziali. La legge Letta 147/2013, infatti, precisava che le risorse provenienti dal taglio delle pensioni avrebbero dovuto finanziare gli interventi a favore degli esodati; mentre gli importi provenienti dai vitalizi dei politici avrebbero dovuto alimentare il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e quello per la prima casa (la Corte, però, si è ben guardata dal pronunciarsi nel merito rinviando il tutto a data da destinarsi).

La legge di stabilità, sostengono, fra l’altro, i legali dei ricorrenti, è minata da “irragionevolezza” come, peraltro, rilevato dalla sentenza 116/2013 della stessa Consulta che aveva dichiarato incostituzionale la norma del governo Monti che istituiva un contributo di solidarietà. Si verifica, infatti, un paradosso secondo cui un soggetto con un reddito di 150-300 mila euro non pensionistico, contribuisce di meno rispetto al pensionato che percepisce la stessa somma. Tesi questa rigettata totalmente dall’Avvocatura dello Stato secondo cui il contributo è ispirato a “un principio di solidarietà sociale, progressivo e temporaneo…. in un’ottica di solidarietà intergenerazionale” (e la Corte ha inopinatamente condiviso tale interpretazione). Da rilevare, infine, che gli importi derivati dal prelievo (150 milioni di euro lordi circa) non sono sicuramente tali da risolvere la crisi profonda in cui versa l’INPS, ma la sentenza apre un’autostrada (senza pedaggio) al governo offrendo uno strumento in più in vista del varo della legge di stabilità.

Infatti le risorse da trovare per evitare l’aumento dell’IVA e delle accise nonché finanziare la riduzione fiscale sono enormi e la possibilità di reiterare ulteriori “furti temporanei e solidaristici” sulle pensioni d’oro da 2-3 mila euro lordi mensili può rivelarsi molto utile. Noi continueremo le nostre battaglie in Europa e forse troveremo “ un giudice a Berlino, pardon, a Strasburgo”.


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