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Si dimetta la “comunità internazionale”

Ciò che continua ad accadere nel mondo a-polare, il trionfo del disumano e delle minacce a-simmetriche, impone le dimissioni della cosiddetta “comunità internazionale”. Per chi vuole capire, siamo di fronte a un problema “profondamente complesso”; siamo a un bivio, nell’urgenza di un “progetto di civiltà”.

Chi detta le regole della civiltà ? Noi siamo eredi del grande pensiero occidentale, con tutta evidenza in grave crisi e de-generazione. Le nostre tradizioni sono diventate “universali culturali” mentre, invece, abbiamo trascurato l’importanza degli “universi culturali”, della “incarnazione” – nei differenti contesti della realtà – di una civiltà che continuiamo a declamare sotto forma di valori da difendere.

Tanti sono gli elementi che concorrono a spiegare il perché di ciò che sta capitando: ragioni geopolitiche, cultural-religiose, economiche e così via. Ma c’è un dato: oggi, come successe nelle riflessioni successive ai totalitarismi del ‘900, non riusciamo a spiegarci la natura della violenza dominante. E non possiamo farlo perché si tratta di una violenza senza radici e senza nemici, di una violenza senza pensiero. L’idea totalitaria non è morta.

Solo se alziamo lo sguardo dalle nostre miserie nazionali, nella responsabilità di piangere le vittime come martiri del mondo, potremo vedere i danni prodotti da una civilizzazione che abbiamo spacciata per civiltà e, forse, ricominciare a pensare, a progettare, a vivere insieme.

 

The Global Eye – In complexity

Università degli Studi “Link Campus University”



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