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Perché quella copertina dell’Economist non mi ha convinto

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Secondo l’Economist, che apparentemente dimentica che la fase più recente di disordine finanziario europeo e mondiale è stata provocata dai pasticci combinati dalla Gran Bretagna, prima con la convocazione avventata di un referendum sulla partecipazione inglese all’Unione Europea o poi con i maldestri tentativi di influenzare l’esito della consultazione descrivendo a tinte fosche le conseguenze negative del Brexit, le banche italiane saranno la causa della prossima crisi europea. La copertina del settimanale, che generalmente, ma non in questo caso, ha una certa eleganza, mostra una piccola auto guidata da Cameron che precipita nel vuoto, ma che sta per essere seguita da un pullman bianco, rosso e verde con su scritto sulla fiancata “BANCA” che è sull’orlo del precipizio e sta per fare la fine della Gran Bretagna.
A fronte di prese di posizione assai poco responsabili come questa dell’Economist, è stata utile la coincidenza temporale con lo svolgimento dell’Assemblea annuale dell’Associazione Bancaria Italiana. L’Assemblea, alla quale hanno partecipato il Governatore della Banca d’Italia, Visco, e il Ministro dell’Economia, Padoan, è stata l’occasione per una messa a punto importante sulla situazione delle banche italiane, sotto attacco della speculazione dal giorno del referendum inglese. Gli interventi del presidente dell’ABI, Patuelli, del governatore della Banca d’Italia e del Ministro dell’Economia sono stati sostanzialmente coincidenti. Si direbbe che, a differenza di situazione precedenti, le Banche, la Banca d’Italia e il Governo abbiano trovato una posizione comune.
La posizione espressa è composta di tre parti collegate fra loro. La prima affermazione fatta da Patuelli e ripresa dal governatore della Banca d’Italia è che le banche italiane nel complesso sono in buona salute. Hanno affrontato la lunga crisi iniziata nel 2008 senza fare ricorso a fondi pubblici, hanno visto crescere i cosiddetti NPL, cioè i crediti incagliati, ma nel complesso hanno resistito. Hanno accantonato riserve a fronte di questi crediti incagliati ed hanno garanzie collaterali che coprono abbondantemente le cifre di cui si tratta. Hanno dunque soltanto bisogno di tempo e di procedure di recupero dei crediti più rapide di quelle tradizionali del nostro paese.
Naturalmente – è la seconda considerazione – non tutte le banche hanno resistito alla crisi: alcune di esse sono state travolte, come le quattro banche popolari saltate all’inizio dell’anno, che però rappresentavano – ha fatto presente il governatore della Banca d’Italia – meno dell’1% del sistema bancario. Vi sono ovviamente altre situazioni difficili, a cominciare dalla Popolare Veneta e da Veneto Banca, dove si sono registrate perdite gigantesche a carico degli azionisti indotti in questi anni a sottoscrivere a caro prezzo molti aumenti di capitale, ma – hanno detto Patuelli e la Banca d’Italia – la ricapitalizzazione di queste banche è avvenuta attraverso il Fondo Atlante, cioè mediante un intervento privato e senza soldi pubblici, salvo la quota sottoscritta da Cassa Depositi e Prestiti. Tutti e tre gli intervenuti hanno tenuto a ricordare che in Europa, a cominciare dalla Germania, sono stati iniettati enormi capitali pubblici per salvare le banche in questi anni.
Questo vuol dire che le banche italiane stanno bene e non hanno problemi? Questo è il terzo punto. Sia Patuelli che Visco hanno riconosciuto che vi sono problemi aperti – era evidente che il pensiero andava soprattutto al Monte dei Paschi di Siena –. La posizione espressa è che sarebbe auspicabile una disponibilità delle autorità europee a consentire all’Italia interventi pubblici nella misura in cui possano rivelarsi necessari, anche perché le autorità europee sono state, fino a ieri, di manica larga verso gli interventi degli Stati e non dovrebbero quindi porsi come severi giudici di operazioni giudicate lecite e ragionevoli fino a ieri.
Più o meno analoga è stata la posizione espressa dal ministro dell’Economia Padoan. Egli ha tenuto a ribadire che l’Italia rispetta le regole, ma ha chiesto che le regole siano applicate con saggezza con l’obiettivo di fare uscire l’Europa dalla crisi e non di lasciarla sempre più affondare.Basterà questa linea di difesa? E’ saggio aggiungere, come ha fatto ieri il presidente del Consiglio, che vi sono sistemi bancari di altri paesi (con riferimento trasparente ai derivati annidati nei portafogli delle banche tedesche) che stanno in condizioni peggiori delle nostre? E soprattutto, a questa linea comune esposta stamani all’Assemblea dell’ABI, corrisponde altrettanta precisione nel delineare le richieste italiane rivolte agli interlocutori europei? E’ stato quantificato con chiarezza ciò che l’Italia vuole e deve fare, entro quali schemi europei e così via? Questo onestamente non lo si poteva ricavare dalle parole udite nell’Assemblea di oggi e troppe volte si è notato uno scarto fra i propositi enunciati a Roma e le carte consegnate a Bruxelles o illustrate a Berlino.
Speriamo che le cose stiano in maniera differente oggi e che davvero il governo, la Banca d’Italia e il sistema bancario siano in grado di presentare la posizione italiana a Bruxelles e nelle capitali con chiarezza e semplicità. E speriamo soprattutto che la riassicurazione sullo stato di salute del sistema bancario italiano sia, con buona pace dell’Economist, corrispondente alla situazione effettiva delle banche italiane.
(Articolo pubblicato su Il Mattino)
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